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Parità di genere per i papà con la proposta di un congedo di paternità più esteso. 

Il congedo di paternità è il periodo di assenza dal lavoro retribuito riconosciuto ai neopapà in occasione della nascita, dell’adozione o dell’affidamento di un figlio.

A livello nazionale, tre sono i congedi fruibili dai genitori alla nascita del bambino.

Il congedo di maternità obbligatorio, il congedo di paternità obbligatorio e il congedo parentale, quest’ultimo facoltativo ed utilizzabile da entrambi genitori.

In particolare, il Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (D.lgs. 151/2001) consente ai neopapà di fruire di un congedo di paternità obbligatorio per 10 giorni.

Diventano 20 in caso di parto plurimo. Le giornate si estendono dalla data presunta del parto fino a cinque mesi dopo.

Durante tale periodo il padre riceve il 100% della retribuzione a carico dell’INPS, anticipata dal datore di lavoro, e può fruire del periodo di astensione compatibilmente con il congedo di maternità della madre.

Attualmente, in Italia, si discute della necessità di rendere la genitorialità più “inclusiva” con iniziative volte ad estendere la durata del congedo di paternità oltre i 10 giorni obbligatori previsti dalla legge, in linea con le Direttive Europee e le politiche degli altri Paesi.

Molti interpretano queste iniziative come passi in avanti verso una maggiore parità di genere. Un pensiero condivisibile.

Ma cogliamo anche il voler dare un sostegno concreto alla genitorialità e un segnale di politica welfare: si punta a un migliore equilibrio tra lavoro, vita privata e cura dei figli.

Proposte di estensione del congedo obbligatorio padre

Di recente, alla Camera, è stato presentato un nuovo studio dal titolo “Verso una genitorialità condivisa: l’esperienza delle aziende con il congedo di paternità”.

Lo studio parte dai casi di alcune aziende in cui è stato adottato il congedo di paternità per un periodo superiore a quanto già previsto dalla legge. 

Il report, condotto da Tortuga Think-Tank, analizza la condizione demografica in Italia e la scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro. 

Per far fronte a tale problematica, come si legge, “le politiche aziendali di sostegno alla genitorialità sono la chiave per raggiungere un riscontro molto positivo sulla parità di genere e buoni livelli di soddisfazione sia per le famiglie che per le aziende”.

A seguito del sondaggio condotto tra dipendenti impiegati all’interno di differenti contesti aziendali è emerso che tra gli elementi determinati per la fruizione di un congedo di paternità allungato, l’età è il fattore decisivo. 

Nel sondaggio, il 75% circa dei partecipanti tra i 30 e i 39 anni ha dichiarato di voler aderire positivamente al congedo di paternità esteso “rispetto al 65% dei padri idonei tra i 40 e i 49 anni”. 

Al secondo posto a incidere nella scelta ci sarebbe invece l’assenza di un lavoro da remoto. 

A favore del congedo si schierano l’80% dei padri che lavorano solo in ufficio e il 68% dei dipendenti in smart working.

In sintesi, la maggior parte degli interlocutori del questionario, circa il 96%,  ha riposto positivamente sull’ipotesi di estensione del congedo.

Per alcuni l’estensione dovrebbe essere persino obbligatoria. 

Analizzando, in particolare, i dati statistici connessi all’andamento della misura del congedo esteso all’interno delle realtà aziendali in Italia, è emerso che gran parte dei neopapà non sembra preferire nettamente una articolazione temporale più breve o più lunga del congedo.

Due le tendenze rilevate: “da un lato, vi è chi preferisce periodi relativamente brevi, intorno alle 3-4 settimane; dall’altro, emerge una significativa preferenza per un congedo più lungo, con picchi a 11-12 settimane e una crescita finale verso le 23-24 settimane”. 

Uno sguardo ad alcuni Paesi Europei

In Europa il congedo di paternità obbligatorio varia notevolmente da paese in paese: alcune nazioni offrono periodi di pausa più lunghi e retribuzioni maggiori.

Da un articolo pubblicato su Euronews e firmato da Marta Rodriguez Martinez si legge che “dal 2021 in Spagna i neo papà godono di 16 settimane di congedo di paternità retribuito al 100%, fruibile interamente o in maniera frazionata”. 

Nell’articolo si fa il punto sulla situazione in Francia, in Germania, nei Paesi Nordici, considerati i ‘più progressisti’.

E proprio la Svezia di recente ha adottato una nuova legge che “permette ad entrambi i genitori di trasferire fino a 90 giorni di congedo retribuito ai caregiver che accettino di occuparsi dei propri figli al loro posto, come ad esempio i nonni”. Lo abbiamo letto sul Post (“In Svezia i genitori possono trasferire parte del loro congedo parentale a chi vogliono”).

Tali differenze riflettono le diverse politiche familiari e il livello di impegno dei vari paesi nel promuovere la parità di genere e la partecipazione attiva dei padri alla cura dei figli.

La parità di congedo per i genitori è un contributo per promuovere l’uguaglianza di genere e migliorare il benessere familiare.
Un respiro più profondo anche in senso affettivo.

A fronte delle diverse iniziative politiche e aziendali per garantire un eguale accesso alla genitorialità familiare, l’obiettivo è formare un ambiente in cui ciascuno possa in egual misura contribuire alla crescita dei figli senza penalizzazioni sul lavoro e pregiudizi sociali.

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