diThomas Bendinelli
Focus Finanza realizzato da Confapi, Cordua: «Avere un’azienda più capitalizzata significa essere più resistenti e più in grado di assorbire gli shock di mercato»
Nell’ultimo biennio quasi la metà (48%) delle PMI bresciane si è rafforzata in termini di ricapitalizzazione. Nello stesso periodo la posizione debitoria delle imprese è tendenzialmente diminuita, sia nel breve che nel lungo periodo. A osservarlo è il focus «Finanza» realizzato dal Centro studi Confapi Brescia interrogando un campione di 100 imprese associate, per lo più del settore metalmeccanico e con fatturati tra i due e i 10 milioni di euro.
«Molto positivo e segno di una buona maturità dei nostri imprenditori — afferma Pierluigi Cordua, presidente di Confapi Brescia e Lombardia —. Avere un’azienda più capitalizzata significa essere più resistenti e più in grado di assorbire gli shock di mercato». Note meno liete arrivano dalla Relazione tra PMI e sistema bancario. Secondo la ricerca il 57% delle imprese percepisce infatti un peggioramento nelle relazioni con gli istituti di credito.
Mancano innanzitutto persone di riferimento stabili con le quali confrontarsi, ci sono difficoltà tecnico-burocratiche e troppa documentazione da produrre, si dilatano i tempi di approva-zione delle linee di credito. Allo stesso tempo un’impresa su quattro (25%) osserva invece un miglioramento nella relazione con le banche, grazie all’utilizzo sempre più diffuso di strumenti informatici complessi, che migliorano l’efficienza e offrono servizi più mirati in relazione alle necessità.
«Molte imprese rilevano purtroppo una difficoltà di relazione — osserva Cordua —. Le aziende più avanzate e meglio digitalizzate, sono quelle che sfruttano al meglio le moderne piattaforme online delle banche rendendo l’operatività più veloce e snella». Il disagio avvertito tra la maggioranza delle imprese potrebbe quindi essere in parte solo temporaneo, figlio di una situazione di profonda trasformazione digitale. Il focus ha infine analizzato il tema della sostenibilità ESG. In generale il grado di conoscenza è abbastanza diffuso e riguarda quasi la metà delle imprese (minore è però la consapevolezza del possibile vantaggio competitivo che questa porta e ancor più il grado di adozione in azienda), ma sono meno del 20% le imprese che ritengono i temi ESG rilevanti nella relazione con gli istituti di credito.
«La sostenibilità a 360 gradi è oramai parte dell’attività d’impresa,dalla quale non si può prescindere- sottolinea Cordua -. In casi sempre più frequenti permette di accedere a linee di finanziamento dedicate: questo non per simpatia ma perché le aziende più attive sul fronte della sostenibilità risultano essere quelle più resistenti e resilienti».
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