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Oggi praticamente ogni contribuente italiano conosce e sa come funziona il 5 per mille: si tratta di una quota dell’IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche), che può essere destinata a Enti e Associazioni no profit che operano in attività socialmente rilevanti, invece di versarla nelle casse dello Stato. Si attiva durante la dichiarazione dei redditi ed è una scelta libera, non obbligatoria e che non comporta alcun costo aggiuntivo: lo 0.5% dell’IRPEF va infatti saldato in ogni caso, anche qualora si decidesse di non donarlo. In questo articolo vogliamo però fare un passo indietro per scoprire di più sul 5 per mille e capire perché è stata introdotta questa misura fiscale. 

Com’è nato il 5 per mille in Italia

Il 5 per mille è presente in Italia ormai da quasi vent’anni: era infatti il 2006 quando, con la Legge Finanziaria, questo contributo veniva introdotto per la prima volta in via temporanea e sperimentale con lo scopo di permettere ai contribuenti di dare il proprio contributo al settore del no profit, scegliendo a chi destinare una parte delle proprie tasse e partecipando così in maniera attiva al sostegno di attività di interesse sociale. Tra i beneficiari inizialmente ammessi, oltre a Onlus e Associazioni no profit iscritte nei registri nazionale, regionale o provinciale, c’erano gli Enti operanti nella ricerca sanitaria e scientifica, le Università e i Comuni, che dovevano però utilizzare i fondi per progetti sociali territoriali.

Come si è evoluto il 5 per mille

Visto il successo ottenuto nel primo anno, il 5 per mille venne confermato anche negli anni successivi (sempre tramite nuove Leggi finanziarie), con alcuni limiti massimi di spesa per le erogazioni e alcuni beneficiari aggiuntivi, tra cui le Associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI e che svolgono una rilevante attività di interesse sociale, gli Enti di tutela e rivalutazione dei beni culturali e paesaggistici e gli Enti gestori delle Aree protette. Solo nel 2014, a 8 anni dalla sua introduzione, il 5 per mille è diventato una misura permanente grazie alla Legge di Stabilità. Dal 2014 ad oggi sono stati tanti gli interventi per rendere questo contributo sempre più efficace, come l’iscrizione dei beneficiari ammessi a specifici registri nazionali gestiti dall’Agenzia delle Entrate, le rendicontazioni obbligatorie richieste agli Enti che ricevono fondi per garantire trasparenza e responsabilità e maggiori controlli per verificare l’effettiva destinazione dei fondi a scopi sociali.

Come funziona il 5 per mille in Italia oggi

Oggi il 5 per mille può essere destinato a specifiche realtà presenti in una lista stilata e aggiornata dall’Agenzia delle Entrate. Fanno parte dei beneficiari riconosciuti le Organizzazioni di volontariato e altre associazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), gli Enti di ricerca scientifica, sanitaria e universitaria, le attività sociali svolte dal proprio Comune di residenza, le Associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI e gli Enti gestori delle aree protette o che si occupano di tutela culturale e paesaggistica. Si può destinare il 5 per mille durante la dichiarazione dei redditi, semplicemente firmando uno degli appositi spazi all’interno del modello della dichiarazione e inserendo il codice fiscale dell’ente. Si può anche donare senza la dichiarazione dei redditi, utilizzando la scheda integrativa allegata allo schema di Certificazione Unica 2024 (CU) o al Modello 730 o al Modello Redditi Persone Fisiche (ex Unico) 2024, da consegnare poi a un ufficio postale, un intermediario abilitato alla trasmissione telematica o direttamente all’Agenzia delle Entrate. Anche dopo quasi vent’anni, il 5 per mille continua a essere una risorsa preziosa e vitale per Enti e Associazioni che, grazie a questo aiuto, possono portare avanti importantissime attività benefiche in tutto il mondo.

 

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