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di Luigi Caroppo

PRATO

Si è acceso il dibattito sul possibile (ri)lancio turistico di Prato e del suo territorio. Tante le potenzialità da esprimere, molti i tesori da far conoscere.

Tra le bellezze che si sono radicate spicca il Museo del Tessuto che racconta la storia di Prato e ospita mostre (bellissima quella dedicata alla genialità creativa di Walter Albini).

Direttore Filippo Guarini, il Museo del Tessuto è una delle eccellenze non solo pratese. Dal suo osservatorio Prato ha potenzialità per attrarre un maggiore numero di turisti?

“Certamente sì, non abbiamo niente da invidiare a molte altre città della Toscana. L’offerta culturale è di alto livello, il centro cittadino piacevole e con monumenti di grande interesse; anche per il turismo outdoor – come quello dei cammini – il nostro territorio propone un’offerta originale e interessante; eppoi c’è il progetto sul turismo industriale Tipo, promosso dal Comune di Prato e da tutto l’ambito turistico, nel quale siamo coinvolti direttamente, che valorizzando l’unicità industriale di Prato proponendola come esperienza turistica originale e inedita, sta gradualmente crescendo”.

Il Museo del Tessuto offre una visita unica e anche mostre di richiamo. Il nostro territorio ha bisogno di far conoscere di più e meglio i suoi tesori?

“Stiamo lavorando molto sulla visibilità della struttura a livello nazionale e sull’offerta di una programmazione culturale che possa attrarre anche visitatori da fuori, ed i risultati si vedono; infatti ogni anno registriamo sempre più visitatori che vengono appositamente a Prato per vedere le nostre esposizioni”. Questa terra di storia e impresa è davvero unica nel panorama nazionale.

“La nostra unicità sul territorio nazionale fa da specchio all’unicità del nostro distretto e credo che sia un asset da valorizzare sempre di più. Negli ultimi anni la visibilità e la percezione esterna della città è migliorata tantissimo, e questo aiuta certamente a consolidare la nostra vocazione turistica. Credo che si debba continuare in questa direzione, investendo in un programma di comunicazione esterna costante e ben strutturato. Una buona reputazione esterna è un requisito necessario per lo sviluppo delle nostre potenzialità turistiche”.

Le associazioni di categoria chiedono una regia unica e condivisa sul turismo. È la strada giusta?

“Il lavoro di squadra sul territorio paga sempre; esistono già contesti di collaborazione attivi e aperti al contributo di tutti i soggetti in campo, come l’ambito turistico, coordinato dal Comune di Prato; ben vengano comunque gli stimoli e le proposte a lavorare assieme per far crescere questa risorsa del nostro territorio e, come istituzione culturale, siamo pronti a fare la nostra parte”.

Ci sono progetti condivisi in atto?

“Assieme a Pretorio, Pecci e Musei Diocesani abbiamo recentemente rilanciato la Pratomusei Card, uno strumento rivolto anche ai turisti che sta andando bene e che potrà essere consolidato e arricchito”.

Prato deve essere capace di intercettare i turisti che vanno a Firenze o deve scegliere altre strade?

“Credo che si tratti di pubblici molto diversi; prima del Covid, la media di permanenza a Firenze dei turisti era di 1,8 giorni, in tour che in pochi giorni toccano anche altre mete come Venezia, Roma, ecc. Quello che può riguardare Prato credo sia un turismo più lento, di qualità, alla ricerca di esperienze originali. Recentemente il Comune di Prato ha vinto un importante bando europeo di cui è partner anche il Museo del Tessuto – si chiama Epic -, nel quale uno dei temi da affrontare sarà quello della dialettica tra over tourism e un’offerta specializzata come quella del turismo industriale, di cui Prato è l’espressione più dinamica in Italia. Sarà interessante approfondire questi temi”.

Arezzo e Lucca ad esempio sono riuscite a richiamare un pubblico nuovo. Sono esempi calzanti per la nostra realtà?

“Le esperienze positive sono senz’altro da studiare, ma Arezzo e Lucca sono centri con una vocazione turistica consolidata da lunga data. Sono convinto che la futura creazione nel nostro territorio di una dmo – destination management organization – potrà senz’altro far evolvere il nostro contesto, come è avvenuto per altre realtà della nostra Regione. Quello che ancora manca è infatti la presenza di uno o più soggetti abilitati a creare e proporre in modo strutturato pacchetti turistici. Sono fiducioso e il lavoro degli ultimi anni è certamente un’ottima base di partenza”.

 

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