Solo a Padova 160 mila edifici potenzialmente interessati, tra 80 e 100 mila a Verona. La sanatoria paesaggistica più facile e le altre opzioni che rendono appetibili le nuove norme
All’inizio furono il Piano Casa e poi gli ecoincentivi, compreso il padre di tutti i bonus, quello del 110%. Il grande esame di coscienza dei proprietari di immobili iniziò da qui, da quando, cioè, fu chiaro che soltanto una parte (minima) del patrimonio edilizio esistente corrispondeva esattamente ai disegni depositati nei Comuni al momento della costruzione. Detta altrimenti, che una quantità enorme di abitazioni, uffici, negozi e strutture produttive erano da sanare.
Il decreto e un patrimonio da sanare
È un processo immane, in parte ancora in corso, rispetto al quale, oggi, il decreto «Salva casa», approvato a fine luglio, offre preziose scorciatoie. L’effetto atteso in prima battuta è una rivitalizzazione del mercato delle case, oggi impantanato dall’esistenza di irregolarità nel costruito alle quali si deve, costosamente, porre rimedio. Le stime, per approssimazione, parlano di qualcosa come 160 mila edifici nel solo comune di Padova, molti dei quali realizzati prima del 1977, anno in cui diventò obbligatorio chiedere l’autorizzazione per varianti in corso d’opera. Comunque sia, anche per quanto costruito dopo, i casi di perfetta corrispondenza con i progetti sono rari e quelle che fino a oggi erano differenze da regolarizzare attraverso sanatorie, in larga misura con il «Salva casa» sono diventate «lievi difformità».
Le difformità tra costruito e carte bollate
«In questi ultimi anni – spiega Federico Pugina, dirigente del settore Edilizia privata di Padova – abbiamo lavorato negli uffici soprattutto per sistemare le cose e conferire uno stato di legittimità agli immobili. I condomini per l’80% non corrispondono fisicamente alle carte nei nostri archivi, lo si scopre quasi sempre, per esempio, quando si eredita un appartamento. Non sono abusi gravi ma occorre intervenire, altrimenti non lo puoi rivendere. Adesso, pagando una sanzione, teoricamente si risolve la questione». Nel corrispondente ufficio di Verona spiegano che, fino a pochi anni, fa i tecnici dedicati alle sanatorie erano al massimo un paio, mentre, dal Superbonus in poi, queste sono diventate pratiche che assorbono l’80% del lavoro. Anche a Verona, su una popolazione di 250 mila abitanti, non è fuori luogo immaginare che il «Salva casa» possa interessare tra gli 80 e i 100 mila immobili. Per gli esperti del settore si apre una nuova stagione tutta da interpretare, anche alla luce di future normative in materia. Per il 3 settembre, nel palazzo della Gran Guardia, il Comune di Verona, assieme agli Ordini di architetti, ingegneri, geometri e avvocati e all’Associazione dei costruttori edili (Ance), ha previsto un convegno di approfondimento dal quale si attendono importanti risposte.
Cosa rende attrattivo il decreto
Roberto Bonaventura, dirigente del settore Edilizia e urbanistica del Comune trevigiano, pone in risalto un altro aspetto della nuova legge, che riguarda il rapporto dell’immobile con il contesto circostante: «Sono state introdotte norme che ampliano possibilità di sanatoria paesaggistica prima impossibili – spiega – e per una città come Treviso questo è un tema particolarmente sensibile». Si calcola che nel capoluogo della Marca, il «Salva casa» potrebbe incidere su circa 12 mila immobili. Al di là delle assoluzioni su altezze e ampiezze non corrispondenti entro certe tolleranze, purché realizzate prima dello scorso 24 maggio, e delle indulgenze su verandine e tende parasole, c’è però un ulteriore argomento che rende la normativa piuttosto allettante e che riguarda la fluidità con cui si può cambiare la destinazione d’uso degli spazi. «Mentre fino a qualche anno fa c’era una forte richiesta di spazi a uso ufficio piuttosto che di abitazioni – evidenzia Bruno Barel, avvocato trevigiano esperto di pianificazione territoriale –, adesso le unità abitative vanno per la maggiore. Non certo perché la popolazione stia aumentando ma, piuttosto, per poterle utilizzare come locazioni temporanee, cioè per affittarle ai turisti. Le case restano case ma diventano attività economiche e non c’è più l’obbligo di rendere disponibile, come in precedenza, un certo numero di posti auto collegati. A meno di scelte diverse da parte dei singoli Comuni, ai quali spetta sempre l’ultima parola».
Legge al passo coi tempi
In sostanza, nella lettura che ne fa Barel, il decreto «Salva casa» va incontro a un modello evoluto di mercato immobiliare, dettato dal cambiamento dei tempi. «Mentre nel passato un edificio nasceva come residenza e un altro era progettato come commerciale, con il trascorrere degli anni il panorama è diventato più variegato. Gli immobili sono diventati più “open space”, non è difficile trasformare un ufficio in un appartamento e viceversa». Certo, questo non significa che si possa fare tutto ciò che si vuole. «Più del 60% del territorio veneto è vincolato – chiude l’avvocato – e questa normativa parla dei rapporti con i Comuni, dimenticando però di indicare come ci si deve interfacciare con la Soprintendenza».
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