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Dal 2020 Carmelo Barbagallo è segretario della Uil pensionati, sindacato in prima linea su un fronte sempre molto caldo.

Segretario Barbagallo, è necessaria una riforma del sistema pensionistico per garantire la flessibilità in uscita e dare risposte ai giovani? Cosa bisogna fare per assicurare una reale sostenibilità del sistema pensionistico?

«Come Uilp siamo convinti che una profonda riforma del sistema pensionistico sia veramente necessaria. Innanzitutto bisogna capire una volta per tutte che i lavori non sono tutti uguali. Quello che io dico sempre è che non bisogna far salire sulle impalcature persone di 70 anni Dobbiamo fare in modo di avere una organizzazione del lavoro che adegui le mansioni a seconda dell’età e che preveda delle uscite anticipate per chi fa lavori usuranti. Un anziano non puoi tenerlo davanti all’altoforno fino alla fine dei suoi giorni, perché muore prima. Dobbiamo lavorare per garantire che i contributi previdenziali versati dai giovani abbiano un valore concreto e che le loro carriere intermittenti non li penalizzino quando sarà il loro turno di andare in pensione. Abbiamo sbagliato quando abbiamo fatto svolgere ai giovani i lavori socialmente utili, perché si sono trasformati in una fabbrica di precariato. Ai giovani va dato lavoro stabile e ben pagato. Le persone anziane che possono e lo desiderano invece, potrebbero svolgere attività a loro gradite attraverso un ‘Servizio civile di anziani attivi’ che permetta loro anche di integrare le basse pensioni. Per fare tutto questo ci vogliono risorse che però non possono essere prese da un ulteriore taglio alla rivalutazione delle pensioni in essere, già falcidiate in questi anni. I pensionati sono il vero ammortizzatore sociale del Paese, non possono continuare a essere trattati come un bancomat. Da recenti dichiarazioni sembra che già stiano preparando un nuovo taglio alla rivalutazione, da mettere come regalo ai pensionati nella legge di bilancio. In caso succedesse, la Uilp non rimarrebbe a guardare. Lo ricordo: la rivalutazione delle pensioni non è un aumento, ma un parziale adeguamento all’inflazione dell’anno precedente. Come dico sempre, la vera sostenibilità del sistema pensionistico si ottiene solo garantendo a tutti, a partire dai giovani e dalle donne, lavoro stabile e adeguatamente retribuito».

Le liste d’attesa per le visite specialistiche sono il punto dolente per migliaia di anziani: la nuova legge cambierà la situazione attuale?

«Le liste d’attesa per le visite specialistiche rappresentano un grave problema per migliaia di anziani. Credo che questa nuova Legge non sia la strada giusta per arrivare a una maggiore equità e giustizia sociale e per dare risposte concrete agli oltre 4,5 milioni di persone che nell’ultimo anno hanno dovuto rinunciare a visite o accertamenti per problemi economici. Tra l’altro, la quota della rinuncia a prestazioni sanitarie cresce con l’aumentare dell’età: si registra un picco nelle persone con età compresa tra i 55 e i 59 anni (l’11,1% del totale) e resta elevata tra gli anziani over 75 (il 9,8% del totale). La nuova legge inoltre non affronta le cause strutturali che hanno portato al collasso del Servizio Sanitario Nazionale. Sebbene il decreto includa provvedimenti già esistenti, come le classi di priorità definite dal Piano Nazionale delle Liste di Attesa, la reale efficacia di queste misure dipenderà da ulteriori sviluppi. In particolare, la rimozione del tetto di spesa per il personale sanitario pubblico prevista per il 2025 sarà un banco di prova cruciale. È fondamentale che il governo metta a disposizione adeguate risorse finanziarie per sostenere queste misure. Senza finanziamenti aggiuntivi significativi e un piano straordinario di assunzioni per tutto il personale sanitario e sociosanitario, la situazione delle liste d’attesa difficilmente migliorerà concretamente. Occorre liberare risorse per la produttività, la valorizzazione professionale e la riqualificazione del personale sanitario, e affrontare gli sprechi nei bilanci regionali della sanità».

In Italia ci sono più di 3 milioni di persone non autosufficienti (la maggioranza over 70): come migliorare l’assistenza?

«Quello della tutela della Non Autosufficienza è una dei temi più cari alla Uil Pensionati. Ci siamo battuti per più di 20 anni per ottenere la Legge quadro nazionale che purtroppo, per come è stata realizzata non si è rivelata tale da riuscire a migliorare concretamente la vita di milioni di persone non autosufficenti. Come Uilp crediamo invece che l’assistenza si possa e si debba migliorare attraverso una serie di azioni mirate. Innanzitutto, occorre aumentare la spesa pubblica per l’assistenza a lungo termine, portandola almeno al livello medio dell’UE dell’1,7% del PIL, rispetto all’attuale 1,2%. È essenziale rafforzare il welfare di prossimità e i servizi sociosanitari territoriali, come le Case e gli Ospedali di comunità, anziché tagliarli come previsto dalla recente rimodulazione del PNRR. Bisogna superare i rinvii nella riforma della non autosufficienza e garantire trasparenza e concretezza nelle decisioni politiche, evitando ulteriori rinvii con decreti interministeriali. La sperimentazione della Prestazione Universale deve essere estesa oltre le sole 25mila persone over 80 con basso reddito, per coprire un numero maggiore di invalidi che attualmente ricevono l’indennità di accompagnamento. Inoltre, l’integrazione sociosanitaria deve essere una priorità, investendo risorse nei distretti sociali al pari di quelli sanitari. Infine, è necessario riformare il sistema delle strutture residenziali, prevenendo aumenti ingiustificati delle rette e garantendo diritti e tutele adeguati».

Da uomo del Sud come giudica la riforma per l’autonomia differenziata?

«Da uomo del Sud sono convinto che questa riforma non aiuterà il nostro Paese. Ma lo direi anche da uomo del Nord, visto che credo che l’autonomia differenziata non farà bene nemmeno alle regioni cosiddette ricche. Non credo di essere l’unico a pensarlo, visto che la raccolta firme promossa da Cgil e Uil e dai partiti di opposizione ha già raggiunto le 500 mila firme. Come Uilp abbiamo potuto verificare di prima mano come l’unità del Paese sia un tema che sta a cuore alle persone: la settimana scorsa ci siamo messi a raccogliere le firme proprio davanti a Montecitorio e la partecipazione è stata grandissima. È la prova che questa riforma creerà tanta confusione. Diritti fondamentali come salute, istruzione, sicurezza e lavoro non possono essere gestiti a livello regionale. I diritti fondamentali non possono essere amministrati diversamente tra nord e sud. Un pensionato di Reggio Emilia non dovrebbe avere un diritto alla salute diverso da uno di Reggio Calabria. Differenziare la sicurezza sul lavoro è inaccettabile. Gli incidenti e i morti sul lavoro sono una tragedia uguale da Milano a Palermo. Molti aspetti, come i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), non sono ben definiti. Senza una chiara definizione, come si garantiranno i diritti di cittadinanza su tutto il territorio nazionale? Anche il finanziamento dei LEP è controverso. La legge prevede che il passaggio ai costi standard non comporti nuovi oneri per la finanza pubblica. Come saranno finanziati i LEP? La previdenza integrativa funziona bene su scala nazionale e spezzettarla regione per regione non è la soluzione. La rivalutazione delle pensioni invece non la toccano, i pensionati continueranno a essere trattati come un bancomat da Nord a Sud».

Dare alle regioni il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario solleva preoccupazioni. Già ora i pensionati italiani pagano tasse elevate rispetto alla media europea. Cosa accadrà con questa riforma?

«In un’Europa che cerca di unirsi, vogliono frammentare l’Italia. I pensionati hanno tenuto unito il Paese, non vanifichiamo le loro conquiste».



 

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