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Transizione eco-energetica, Nomisma: a Verona il convegno sulle sfide delle imprese agroalimentari italiane. Focus sul gap di competenze da colmare

Il settore agroalimentare italiano, con un valore aggiunto di oltre 77 miliardi di euro e un export che supera i 64 miliardi, rappresenta una delle principali eccellenze dell’economia nazionale. Tuttavia, nel percorso verso la transizione ecologica ed energetica, emerge un gap di competenze che necessita di essere colmato. Le sfide a cui le nostre imprese sono chiamate non possono infatti prescindere dallo sviluppo dell’innovazione, in particolare digitale.

Durante il convegno “Le competenze per la transizione ecologica ed energetica nelle imprese agroalimentari italiane: stato dell’arte e fabbisogni“, organizzato ieri a Verona da Nomisma in collaborazione con Philip Morris Italia, sono stati presentati i risultati di un’indagine che ha coinvolto un campione rappresentativo di imprese agricole e alimentari, con focus specifico sulle aziende tabacchicole. A partecipare, Roberto Mancini, CEO Diagram, Angelo Frascarelli, Professore UniPG e CESAR, Alberto Mantovanelli, Presidente OPIT, Cesare Trippella, Head of Leaf EU PHILIP MORRIS ITALIA nonché di rappresentanti istituzionali del Parlamento Europeo, tra i quali Sergio Berlato, Paolo Borchia, Herbert Dorfmann e Dario Nardella, e l’On. Luca De Carlo, Presidente Commissione Agricoltura del Senato.

La presentazione della ricerca è stata affidata al Responsabile Agroalimentare di Nomisma, Denis Pantini, mentre la moderazione dell’evento è stata curata da Paolo De Castro, Presidente del Comitato Scientifico di Nomisma. Lo studio ha rilevato sia gli investimenti realizzati dalle imprese e funzionali alla transizione eco-energetica, sia lo stato dell’arte sulle competenze necessarie alla transizione.

Il gap nelle competenze è l’ostacolo da superare per diffondere l’innovazione tecnologica

Rispetto agli obiettivi di produzione di energie rinnovabili e digitalizzazione dell’economia e della società l’Italia evidenzia valori sotto la media rispetto agli altri paesi UE. In particolare, se si guarda al Digital Economy and Society Index (DESI), l’Italia sconta un ritardo soprattutto nella componente del “capitale umano”, in altre parole nelle competenze digitali delle persone. Ed è proprio il gap nelle competenze uno dei principali punti di miglioramento propedeutici alla diffusione in Italia delle innovazioni tecnologiche nelle imprese agricole ed alimentari. Se infatti nel corso degli ultimi anni, il 71% delle imprese agroalimentari intervistate ha già effettuato investimenti per la transizione eco-energetica, 1 azienda su 4 lamenta la mancanza di competenze specifiche e la necessità di formazione come i principali vincoli ad una maggior diffusione di tali innovazioni.

In riferimento alle aziende tabacchicole, l’indagine Nomisma rileva come il 29% di esse ritiene necessario lo sviluppo di competenze specifiche sull’utilizzo degli strumenti che favoriscano le innovazioni tecnologiche. Il gap da colmare emerge anche nella consapevolezza delle aziende sulla preparazione professionale dei propri addetti: dall’indagine emerge infatti che il 44% del campione intervistato ritiene molto importante la formazione, percentuale che sale al 59% nel caso delle aziende tabacchicole. E in effetti, già oggi 1 impresa su 2 investe nella formazione dei propri addetti (oltre a quella obbligatoria prevista per legge), mentre un ulteriore 30% ha già pianificato attività in tal senso nei prossimi 2/3 anni, mentre per le aziende tabacchicole la percentuale sale al 44%, a testimonianza dell’efficacia dell’accordo di filiera nel comparto che abilita le aziende ad effettuare una programmazione strategica a medio termine anche sul tema delle competenze.

Transizione eco-energetica: le competenze più richieste passano dalla gestione e ottimizzazione dei processi. Anche le risorse umane rivestono un ruolo fondamentale

Le competenze necessarie alla transizione eco-energetica più richieste dalle imprese risultano: per il 48% delle aziende intervistate, quelle legate alla gestione sostenibile delle risorse e all’ottimizzazione dei processi produttivi. Un altro 33% segnala la capacità di utilizzare software per la gestione sostenibile dell’azienda, mentre il 28% individua le competenze biologiche e chimiche legate alla produzione sostenibile.

La vera sfida è riuscire a trovare risorse umane competenti. Una problematica fortemente sentita: solo 1 azienda su 10 non ritiene importante disporre di competenze nel percorso verso la transizione eco- energetica, una consapevolezza che tra le aziende tabacchicole trova conferma nel 100% delle imprese intervistate.

Dal 2011 abbiamo firmato un accordo di filiera con Coldiretti e un Memorandum of Understanding con il Ministero dell’Agricoltura, dando quindi prevedibilità ai coltivatori fino al 2027, ma siamo già a lavoro per proseguire verso il 2033. L’accordo prevede una sostenibilità soprattutto economica, che permette ai nostri coltivatori di poter fare degli investimenti focalizzati sull’ambiente: abbiamo eliminato tutti i carburanti fossili utilizzati per i forni per la cura del tabacco, abbiamo puntato sulla biomassa, stiamo sviluppando progetti di bioenergia e abbiamo puntato molto sulle buone pratiche agricole e del lavoro per la lotta contro il caporalato. La nostra azienda compra tabacco in tutta Italia, dal Veneto fino alla Campania”, ha dichiarato Cesare Trippella, Head of Leaf EU di Philip Morris Italia.

Un altro pilastro fondamentale per noi è quello delle competenze, un percorso intrapreso anche in agricoltura, con il Digital Farm e con Leaf Innovation Hub, per permettere agli agricoltori di essere gli imprenditori del futuro. Abbiamo molte sfide, anzitutto nella transizione digitale, che stiamo affrontando creando il ‘coltivatore 5.0’, capace di prendere decisioni utilizzando dati e meccanismi di supporto decisionale. Dal punto di vista ambientale, invece, stiamo facendo molti investimenti sulla biodiversità: in Veneto stiamo finanziando il Parco del Menago, con pratiche di rimboschimento e manutenzione del parco stesso per stimolare la biodiversità. Abbiamo anche molti progetti in essere che conducono verso la bioenergia. Tutto questo a dimostrazione del fatto che abbiamo investito in Italia e siamo pronti a farlo anche in futuro. D’altra parte, è importante che ci sia un quadro regolatorio chiaro e prevedibile e che ci consenta sia a livello di normative di prodotto, sia a livello fiscale di poter continuare investire in questo Paese”, ha concluso Trippella.

Al di là dell’attuale dotazione di risorse umane in grado di sostenere la sfida della transizione eco-energetica (che soddisfa pienamente solo il 30% delle aziende intervistate), resta nel tessuto imprenditoriale agroalimentare italiano un gap di competenze da colmare. Un divario che, nel caso del comparto tabacchicolo, trova un importante contributo alla sua riduzione nell’accordo di filiera in cui la formazione è parte integrante delle attività e dei servizi collegati a tale strumento. La visione innovativa di filiera richiede un approccio fortemente orientato allo sviluppo di nuove competenze che favoriscano l’impegno per le transizioni, la continuità generazionale all’interno delle aziende agricole e modelli innovativi a supporto dell’efficienza in agricoltura.

Nel caso della filiera tabacchicola, in particolare per quella componente organizzata fin dal 2011 all’interno dell’accordo di filiera Coldiretti-Philip Morris, lo sviluppo delle competenze e della formazione è sempre stato al centro della visione di sviluppo, a partire dalle buone pratiche agricole e del lavoro per arrivare a meccanismi di facilitazione delle innovazioni in favore della transizione digitale, ecologica ed energetica”, ha dichiarato Alberto Mantovanelli, Presidente dell’Organizzazione Produttori Italiani di Tabacco (OPIT).

Le sfide che nei prossimi anni attendono la filiera tabacchicola italiana, che resta la prima in Europa con oltre 1/3 dei volumi complessivi, riguarderanno certamente la capacità di rimanere competitiva su tutte le dimensioni della sostenibilità, ma un aspetto fondamentale coinvolgerà anche le nuove regolamentazioni che a livello europeo verranno definite nei prossimi appuntamenti legislativi, che potranno influenzare gli agricoltori italiani e potenzialmente avere un impatto direttamente o indirettamente sui valori economici, ambientali e sociali collegati alla filiera integrata. Per queste ragioni sarà necessario mantenere alta l’attenzione e monitorare tutti insieme che le prossime regole europee non siano penalizzanti per un comparto chiave dell’economia agricola italiana”, ha aggiunto il Presidente Mantovanelli.

Se per vincere la doppia sfida della transizione ecologica ed energetica il digitale può rappresentare uno strumento importante, competenze e formazione si configurano come due leve strategiche altrettanto necessarie alle imprese agricole ed alimentari per governare piuttosto che subire questa transizione, restando così al passo degli enormi cambiamenti che stanno interessando la filiera agroalimentare”, ha concluso Paolo De Castro, Presidente del Comitato Scientifico di Nomisma.



 

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