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Sarebbero stati a conoscenza di tutto e – nonostante le clausole del contratto per il mutuo da 20 milioni concesso dalla Banca europea degli investimenti fossero ben chiare – si sarebbero ben guardati dal comunicare che la gestione dei depuratori e lo smaltimento dei fanghi da parte dell’Amap era al centro di un’indagine penale. Non solo: i vertici dell’ex municipalizzata non avrebbero rispettato neppure le scadenze per comunicare gli Stati di avanzamento dei lavori (Sal) e, anche quando ormai il gip Piergiorgio Morosini (oggi presidente del tribunale) aveva disposto, il 26 maggio del 2021, il commissariamento giudiziale di un ramo dell’azienda, avrebbero cercato di minimizzare. Per questo il gip Angela Lo Piparo, che ha disposto il sequestro dei 20 milioni concessi in prestito, parla nella sua ordinanza di “condotta fraudolenta e omissiva tenuta da Amap” che, “attraverso il mancato rispetto di una serie di obblighi di comunicazione previsti dal contratto e che avrebbero potuto indurre la Bei a dirottare altrove la concessione del mutuo a tasso agevolato” si sarebbe invece assicurata il finanziamento a tasso agevolato.

Manager indagati, scatta il sequestro di 20 milioni | Video

Quando l’Amap diceva di “tutelare l’ecosistema”…

Il giudice non manca di mettere in evidenza come – paradossalmente – nel piano industriale 2017-2045 dell’ex municipalizzata “presentato alla Bei per ottenere il beneficio, si rimarca la particolare ‘attenzione all’ambiente – parte sostanziale dell’attività aziendale – mettendo in pratica azioni volte alla tutela dell’ecosistema, al rispetto di questa preziosa risorsa’ impedendo tra l’altro ‘che i reflui siano sversati tal quali nell’ambiente circostante’ tutto clamorosamente smentito dagli accertamenti effettuati e che sono sfociati nell’ordinanza di commissariamento”.

La richiesta di misure interdittive

I pm della Procura europea Gery Ferrara ed Amelia Luise, che coordinano l’inchiesta della guardia di finanza, avevano chiesto per i tre indagati anche l’interdizione dai pubblici uffici per un anno dell’amministratore unico di Amap, Alessandro Di Martino, e del direttore generale Giuseppe Ragonese, nonché l’interdizione da uffici direttivi per lo stesso tempo a carico della precedente manager, Maria Prestigiacomo (già assessore della giunta Orlando a cui fu tolta la delega ai Servizi idrici proprio in seguito all’inchiesta penale). Una richiesta che il giudice ha respinto, ritenendo “non attuale” l’applicazione delle misure. 

La Bei apprese del commissariamento dalla stampa

Come emerge dall’ordinanza, l’inchiesta è partita proprio dalla segnalazione della Banca europea degli investimenti, con la quale Amap aveva concluso il contratto per il prestito milionario a tasso vantaggiosissimo (inferiore al 2%) nel 2017, dopo aver appreso nel maggio 2021, non dall’azienda ma dalla stampa, del provvedimento del gip Morosini. L’ex municipalizzata aveva in quel momento già ricevuto il finanziamento in due tranche, erogate il 14 febbraio e il 16 dicembre del 2020. Per questo gli inquirenti sostengono che “l’Amap ha sottaciuto una serie di circostanze rilevanti sin dal periodo della sottoscrizione del prestito garantito che avrebbero comportato l’impossibilità di concedere l’agevolazione medesima”.

“L’infrastruttura ereditata è obsoleta e con perdite di oltre il 50%”

Già in partenza la partecipata del Comune aveva dichiarato alla Bei che “l’infrastruttura ereditata è largamente obsoleta e necessita di urgenti riparazioni e miglioramenti. I servizi idrici e delle acque reflue sono inefficienti, con perdite idriche elevate (superiori al 50%). Alcuni comuni soffrono di approvvigionamento idrico irregolare a causa delle cattive condizioni delle infrastrutture. Inoltre Amap detiene informazioni limitate sulle condizioni dei propri beni infrastrutturali, che ostacolano le attività operative e di manutenzione, nonché la pianificazione e la definizione delle priorità delle esigenze di investimento”.

I ritardi nelle comunicazioni e le gravi violazioni “dolosamente sottaciute”

E, rileva ancora la guardia di finanza, “Amap non ha potuto presentare la prima relazione sullo Stato di avanzamento del progetto nel termine del 15 gennaio 2019”, come invece era previsto nel contratto con la Bei. Successivamente, avrebbe comunicato lo Stato di avanzamento dei lavori al 18 novembre 2020, “limitandosi a mandare una mail, inviata dal responsabile del settore amministrazione e finanza, Gaetano Melucci, e per conoscenza al direttore generale dell’Amap”. Grazie poi all’ordinanza di commissariamento giudiziale “venivano alla luce tutta una serie di gravi violazioni e di fatti sulla base di quanto disposto dal contratto di mutuo – tutti accertati nel periodo di esecuzione del progetto – che erano stati evidentemente dolosamente sottaciuti”. Tanto che, tra gli altri, Prestigiacomo e Di Martino erano finiti sotto inchiesta.

Lo smaltimento dei reflui e dei fanghi

In quel procedimento ci si concentra sul funzionamento del depuratore di acque reflue urbane di Balestrate e del depuratore di Palermo Acqua dei Corsari, nonché sulle immissioni dirette del depuratore di Carini nel torrente Ciachea e del depuratore di Trappeto nel fiume Nocella. “Veniva accertato – dicono gli investigatori – il malfunzionamento di quegli impianti e del complessivo ciclo di depurazione delle acque” e l’obiettivo sarebbe stato quello di far risparmiare oltre un miliardo per lo smaltimento di fanghi all’Amap. Il Riesame, pur riqualificando i reati, aveva comunque sottolineato come Amap avesse “dolosamente snaturato il regolare processo di depurazione cui gli impianti sono preposti e per il quale sono autorizzati a operare”. 

Ragonese alla Bei: “Nessuna problematica ambientale”

A dimostrazione che l’azienda fosse a conoscenza della situazione e delle conseguenze anche sul finanziamento europeo, ci sarebbe anche il fatto che proprio nel ricorso al Riesame Amap metteva in rilievo che la decisione poteva impattare sul prestito della Bei. Quando la Banca aveva scritto ad Amap per avere chiarimenti sul commissariamento e la vicenda penale, Ragonese avrebbe “minimizzato le conseguenze di tale decisione cautelare e dichiarando in maniera non corrispondente al vero che non si registravano problematiche d’impatto ambientale”.

Il commissario: “Gli impianti non depurano”

Il commissario giudiziale ha spiegato ai finanzieri che gli impianti “non sono in grado di assolvere alle funzioni depurative così come previsto dalle normative in vigore, in quanto necessitavano sicuramente di manutenzione ordinaria e straordinaria non effettuata adeguatamente per lunghi periodi” e “so che i soldi di cui al prestito Bei sono stati utilizzati anche per i lavori effettuati sugli impianti in questione però ufficialmente non sono in grado di riferire se sono stato impegnati tutti o in parte”.

Il gip: “Silenzio antidoveroso di Amap”

Il gip Lo Piparo sottolinea il “silenzio antidoveroso (di Amap, ndr) che ha indotto in errore l’autore della disposizione patrimoniale (Bei, ndr)”, rimarcando anche “la condotta fraudolenta ed omissiva tenuta da Amap che si è ‘auto-autorizzata’ a non presentare un Sal entro la prima scadenza del 15 gennaio 2019 nonché alle successive scadenze ‘annuali'”. E che Ragonese sapesse emergerebbe anche nel suo interrogatorio del 29 aprile 2021 nell’ambito del procedimento penale, in cui dichiarava tra l’altro: “Sono a conoscenza del fatto che c’è stato un sopralluogo della polizia giudiziaria nel maggio o settembre 2020”, esattamente dopo l’erogazione della prima tranche del prestito da 20 milioni e poco prima dello stanziamento della seconda. E come conclude il gip “ad essere violata è stata appunto la formazione, libera e non viziata, della volontà della Pubblica amministrazione (la Bei, ndr) che ha erogato la risorsa economica non venendo mai a conoscenza di alcuni elementi determinanti che Amap aveva l’obbligo di comunicare tempestivamente”.

 

 

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