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La doppia conformità urbanistica è il presupposto necessario per ottenere la sanatoria. Cosa stabilisce il D.P.R. 380/2001, le novità del decreto salva casa

L’abusivismo edilizio rappresenta una problematica diffusa in Italia con conseguenze significative sia sull’ambiente che sull’economia.

Tuttavia, la legislazione offre un meccanismo per regolarizzare le opere realizzate in violazione delle normative vigenti attraverso la concessione di una sanatoria edilizia. Per ottenere questa sanatoria, è necessario soddisfare il requisito della doppia conformità.

Per assicurarsi l’ottenimento della sanatoria edilizia, è inoltre opportuno gestire adeguatamente la documentazione. A tal proposito, ti consiglio di accedere gratuitamente ad una piattaforma per la gestione delle pratiche e dell’ufficio tecnico on line dove organizzare, redigere e condividere facilmente tutta la documentazione.

Approfondisci il concetto di doppia conformità, con particolare riferimento alla conformità urbanistica e sismica. Scopri casi specifici analizzati dalla giurisprudenza e quali sono le novità introdotte dal decreto salva-casa.

Cos’è la doppia conformità?

La doppia conformità è il requisito fondamentale per ottenere la sanatoria edilizia, vale a dire il provvedimento amministrativo che consente la regolarizzazione di situazioni in cui un immobile, nel suo stato attuale, non è conforme allo stato di progetto inizialmente autorizzato attraverso i permessi di costruzione depositati presso l’autorità comunale competente. Di conseguenza, l’immobile si trova in stato di abuso edilizio.

In termini pratici, la doppia conformità implica la dimostrazione all’amministrazione competente che l’intervento soggetto a sanatoria sia conforme alle normative urbanistico-edilizie sia al momento in cui sono stati eseguiti i lavori, sia al momento della presentazione della richiesta di sanatoria.

Art. 36 D.P.R. 380/01: la doppia conformità prima del “decreto salva casa”

Il concetto di doppia conformità è sancito dall’art. 36 del D.P.R. 380/01, il cosiddetto testo unico edilizio, il quale stabilisce che in caso di interventi edilizi effettuati senza il dovuto permesso o non conformi al permesso ottenuto (permesso di costruire o scia edilizia), è possibile richiedere un permesso retroattivo (permesso in sanatoria).

Questa richiesta può essere avanzata solo se gli interventi sono conformi alle normative urbanistico-edilizie vigenti al momento della loro realizzazione e al momento della richiesta di tale permesso.

Ecco il testo dell’articolo.

Art. 36 D.P.R. 380/01 – Accertamento di conformità

1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Doppia conformità: cosa cambia con il decreto salva casa?

Il D.L. 69/2024, decreto salva casa, apporta modifiche significative agli artt. 36 e 37 del D.P.R. 380/01 testo unico edilizia (TUE) ed introduce l’art. 36-bis con l’obiettivo di superare l’attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività (di cui all’art. 34), nonché alle ipotesi di assenza o difformità dalla SCIA (di cui all’articolo 37 (comma 1, lettere f) e g)).

Tali modifiche sono volte a riscrivere l’accertamento di conformità in sanatoria ossia l’istituto che regola i casi, le condizioni e il procedimento per ottenere la sanatoria “in via ordinaria” delle opere realizzate in assenza o in difformità dal titolo edilizio ma previste e, quindi consentite, dalla strumentazione urbanistica e edilizia comunale.

Prima della pubblicazione del decreto, la caratteristica fondamentale di tale sanatoria consisteva nel fatto che essa poteva essere chiesta e ottenuta soltanto qualora sussistesse il requisito della “doppia conformità” dell’opera sia alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione sia a quella in vigore al momento della presentazione dell’istanza.

Dopo la pubblicazione del decreto, vengono individuate, invece, due tipologie di accertamento di conformità in sanatoria, differenziando:

  • gli interventi eseguiti in assenza, totale difformità o in variazione essenziale dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa al permesso di costruire per i quali, in quanto fattispecie di maggiore gravità, continua a permanere l’attuale regime della doppia conformità urbanistica ed edilizia ossia della necessità di rispettare la normativa prevista sia all’epoca della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda (art. 36);
  • gli interventi in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa al PdC, nonché quelli realizzati in assenza o in difformità dalla SCIA, per i quali vi è il “superamento della doppia conformità.

Art. 36-bis D.P.R. 380/01

Ecco il testo del nuovo art. 36-bis nel D.P.R. 380/01 in riferimento all’”accertamento di conformità nella ipotesi di parziali difformità“.

1. In caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 37, fino alla scadenza dei termini di cui all’articolo 34, comma 1 e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.
2. Il permesso presentato ai sensi del comma 1 può essere rilasciato dallo Sportello unico edilizia di cui all’articolo 5, comma 4-bis subordinatamente alla preventiva attuazione, entro il termine assegnato dallo Sportello unico, degli interventi di cui al secondo periodo. In sede di esame delle richieste di permesso in sanatoria lo Sportello unico edilizia può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo. Per le segnalazioni certificate di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, lo Sportello unico edilizia individua tra gli interventi di cui al secondo periodo le misure da prescrivere ai sensi dell’articolo 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo della legge 7 agosto 1990, n. 241, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.
3. La richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità. Per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento. L’epoca di realizzazione dell’intervento è provata mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, secondo e terzo periodo. Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante la documentazione indicata nel terzo periodo, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
4. Qualora gli interventi di cui al comma 1 sono eseguiti su immobili soggetti a vincolo paesaggistico, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente.
5. Il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro. Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima; in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all’art. 167, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
6. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta. Alle segnalazioni di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, si applica il termine di cui all’articolo 19, comma 6-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nelle ipotesi di cui al comma 4, i termini di cui al primo e secondo periodo sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica. Decorsi i termini di cui al primo, secondo e terzo periodo, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Il termine è interrotto qualora l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori. In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni del presente testo unico.

Superamento della doppia conformità in caso di parziali difformità

Come visto, l’art. 36-bis sancisce che, fino alla scadenza dei termini previsti per gli interventi eseguiti in parziale difformità rispetto al permesso di costruire e comunque fino all’irrogazione delle relative sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile possono regolarizzare le piccole difformità e richiedere il permesso di costruire in sanatoria o presentare la SCIA in sanatoria, purché l’intervento risulti conforme:

  • alle regole edilizie vigenti al momento della realizzazione dell’intervento;
  • alle norme urbanistiche vigenti al momento della presentazione della domanda.

Per quanto riguarda gli interventi eseguiti in assenza o in difformità della SCIA, l’art. 37 viene anch’esso modificato estendendo il regime nuovo in merito all’eliminazione della “doppia conformità”, lasciando però invariata la sanzione pecuniaria prevista dalla normativa vigente (doppio aumento del valore venale e comunque in misura non inferiore a 516 euro).

Infine, in merito ad interventi edilizi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla Scia alternativa al PdC (art. 34 D.P.R. 380/01), il decreto ha introdotto un incremento delle sanzioni pecuniarie previste:

  • dal doppio al triplo del costo di produzione in caso di immobili a destinazione residenziale;
  • dal doppio al triplo del valore venale delle opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

Doppia conformità: cosa cambia con il D.L. 69/2024 decreto salva casa

Come ottenere la sanatoria per gli interventi di parziale difformità?

Secondo il comma 2 dell’art. 36-bis, il permesso di costruire è rilasciato dallo Sportello Unico Edilizia. Questo ente può richiedere al richiedente di effettuare interventi necessari per garantire il rispetto delle normative tecniche relative a sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica, eliminazione delle barriere architettoniche e rimozione delle opere non sanabili (cd. “Sanatoria condizionata” fino ad ora inammissibile in qualunque caso secondo il più consolidato orientamento giurisprudenziale).

La richiesta di permesso o segnalazione deve includere la dichiarazione di un professionista abilitato che certifichi la conformità dell’intervento. La data di esecuzione dei lavori può essere provata tramite la documentazione specificata nell’articolo 9-bis del D.P.R. 380/2001.

In assenza di documentazione che provi la data di realizzazione dell’intervento, il tecnico può rilasciare una dichiarazione sotto la propria responsabilità e, in caso di dichiarazione falsa o mendace, si applicano le sanzioni penali.

Procedura e termini

Con particolare riferimento ai profili procedurali, il comma 6 del nuovo articolo 36-bis stabilisce che:

  • sulla richiesta di permesso in sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro 45 giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta. Il decreto salva casa modifica infatti le regole sul silenzio amministrativo, sostituendo il silenzio di rigetto con il silenzio assenso. Pertanto, se l’amministrazione non risponde entro il termine stabilito, la richiesta di sanatoria è implicitamente accettata;
  • per la SCIA, si applica il termine di 30 giorni di cui all’articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

In relazione agli interventi eseguiti su immobili soggetti a vincolo paesaggistico, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento. L’autorità competente deve pronunciarsi entro 180 giorni, previa consultazione con la soprintendenza, che deve esprimersi entro 90 giorni. In caso di mancata risposta entro questi termini, il dirigente o responsabile dell’ufficio può procedere autonomamente.

Scaduti i termini, eventuali ulteriori decisioni dell’ufficio comunale competente sono inefficaci. I termini possono essere interrotti se l’ufficio presenta esigenze istruttorie ben motivate, riprendendo a decorrere dalla ricezione degli elementi richiesti.

In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni del TUE.

Sanzioni e costi

Il rilascio del permesso o della segnalazione di inizio attività in sanatoria è subordinato al pagamento di una sanzione pecuniaria proporzionale all’aumento del valore dell’immobile derivante dagli interventi.

Se viene accertata la compatibilità paesaggistica, si applica una sanzione aggiuntiva.

Modifiche al D.P.R. 380/01 dopo il decreto salva casa

Di seguito è presentata una tabella comparativa che illustra le modifiche apportate al testo unico edilizia, in riferimento all’accertamento di conformità, a seguito della pubblicazione del decreto salva casa.

D.P.R. 380/01 – TESTO ORIGINALE D.P.R. 380/01 – TESTO CON MODIFICHE DECRETO SALVA CASA

Art. 36 (L) – Accertamento di conformità

1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’a-buso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contri-buto di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Art. 36 (L) – Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo, totale difformità o variazioni essenziali

1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali nelle ipotesi di cui all’articolo 31, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in totale difformità da essa o con variazioni essenziali fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Art. 36-bis (L) – Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità

1. In caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 37, fino alla scadenza dei termini di cui all’articolo 34, comma 1 e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.

2. Il permesso presentato ai sensi del comma 1 può essere rilasciato dallo Sportello unico edilizia di cui all’articolo 5, comma 4-bis subordinatamente alla preventiva attuazione, entro il termine assegnato dallo Sportello unico, degli interventi di cui al secondo periodo. In sede di esame delle richieste di permesso in sanatoria lo Sportello unico edilizia può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo. Per le segnalazioni certificate di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, lo Sportello unico edilizia individua tra gli interventi di cui al secondo periodo le misure da prescrivere ai sensi dell’articolo 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo della legge 7 agosto 1990, n. 241, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.

3. La richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità. Per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento. L’epoca di realizzazione dell’intervento è provata mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, secondo e terzo periodo. Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante la documentazione indicata nel terzo periodo, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

4. Qualora gli interventi di cui al comma 1 sono eseguiti su immobili soggetti a vincolo paesaggistico, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente.

5. Il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro. Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima; in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all’art. 167, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

6. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta. Alle segnalazioni di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, si applica il termine di cui all’articolo 19, comma 6-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nelle ipotesi di cui al comma 4, i termini di cui al primo e secondo periodo sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica. Decorsi i termini di cui al primo, secondo e terzo periodo, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Il termine è interrotto qualora l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori. In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni del presente testo unico.

Art. 37 (L) – Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità

1. La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.

2. Quando le opere realizzate in assenza di segnalazione certificata di inizio attività consistono in interventi di restauro e di risanamento conservativo, di cui alla lettera c) dell’articolo 3, eseguiti su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l’autorità competente a vigilare sull’osservanza del vincolo, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro.

3. Qualora gli interventi di cui al comma 2 sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 1. Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. In tali casi non trova applicazione la sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro di cui al comma 2.

4. Ove l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda, il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5164 euro e non inferiore a 516 euro , stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio.

5. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 23, comma 6, la segnalazione certificata di inizio attività spontaneamente effettuata quando l’intervento è in corso di esecuzione, comporta il pagamento, a titolo di sanzione, della somma di 516 euro .

6. La mancata segnalazione certificata di inizio attività non comporta l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 44. Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all’intervento realizzato, l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44 e dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 36.

Art. 37 (L) – Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità

1. La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.

2. Quando le opere realizzate in assenza di segnalazione certificata di inizio attività consistono in interventi di restauro e di risanamento conservativo, di cui alla lettera c) dell’articolo 3, eseguiti su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l’autorità competente a vigilare sull’osservanza del vincolo, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro.

3. Qualora gli interventi di cui al comma 2 sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 1. Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. In tali casi non trova applicazione la sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro di cui al comma 2.

4. Comma abrogato

5. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 23, comma 6, la segnalazione certificata di inizio attività spontaneamente effettuata quando l’intervento è in corso di esecuzione, comporta il pagamento, a titolo di sanzione, della somma di 516 euro.

6. La mancata segnalazione certificata di inizio attività non comporta l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 44. Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all’intervento realizzato, l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44 e dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 36 articolo 36-bis.

 

È possibile la sanatoria senza doppia conformità?

La regolarizzazione di opere abusive senza soddisfare i requisiti della doppia conformità non è consentita; eventuali permessi concessi in tal senso sono considerati illegittimi.

A confermarlo è la sentenza penale n. 4625/2022 della Corte di Cassazione secondo cui, nel caso di abuso edilizio, non è concessa alcuna sanatoria se prima non si attesti la doppia conformità.
Nel caso in esame, una titolare di attività di ristorazione si trova di fronte a un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune riguardante alcune strutture (tettoie, gazebo, recinzioni, ecc.) realizzate molti anni prima senza le dovute autorizzazioni. Non ricevendo alcuna risposta dall’Amministrazione territoriale dopo aver presentato una richiesta di accertamento di conformità delle opere, la ristoratrice decide di appellarsi al Tar per chiedere l’annullamento dell’ordinanza di demolizione.

Tuttavia, il Tar respinge il ricorso, che viene quindi riproposto in appello presso il Consiglio di Stato (CdS). In difesa della ricorrente, si argomenta che le opere in questione, già oggetto di un’ordinanza di demolizione oltre 10 anni prima, non erano state demolite e che era stata presentata una domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/01.

Il Consiglio di Stato, nella sua sentenza, conferma che le sanzioni edilizie non sono influenzate dal tempo trascorso dall’abuso e che l’ordinanza di demolizione non richiede una motivazione specifica sull’interesse pubblico. Il CdS chiarisce inoltre che l’accertamento di conformità presentato dopo l’ordinanza di demolizione non influenza la sua legittimità, ma potrebbe condizionarne l’efficacia.

Alla fine, i giudici confermano che spetta all’Amministrazione valutare la validità della domanda di accertamento di conformità, con l’obbligo di agire in caso di esito negativo per evitare ulteriori conseguenze e interpretazioni indebite della propria tolleranza. Il ricorso della ristoratrice non viene accolto.

Tuttavia, come affermato, con il decreto salva-casa vengono modificate le regole relative alla doppia conformità in riferimento alle parziali difformità.

Doppia conformità urbanistica: esempio

In riferimento a quanto detto, ipotizziamo che un proprietario abbia esteso il proprio appartamento nel 2010 senza ottenere i permessi necessari.

Affinché possa richiedere la regolarizzazione tramite l’accertamento di conformità, è fondamentale che il Piano urbanistico dell’epoca consentisse tale ampliamento e che attualmente non vi siano state modifiche che rendano impossibile la conformità dell’intervento.

Se, al contrario, il piano urbanistico è stato modificato in modo tale da non consentire più l’ampliamento, l’accertamento di conformità non potrà essere effettuato e non sarà possibile ottenere la sanatoria.

CILA in sanatoria e doppia conformità

A differenza della SCIA in sanatoria e del permesso di costruire in sanatoria, la CILA in sanatoria non richiede la dimostrazione della doppia conformità.

Ricordiamo che la CILA in sanatoria permette di regolarizzare interventi edilizi ordinari che:

  • non coinvolgono parti strutturali dell’edificio;
  • non modificano il volume complessivo;
  • non cambiano l’uso previsto dell’immobile.

Questa comunicazione è obbligatoria per lavori di manutenzione, recupero o restauro conservativo che non richiedono un permesso di costruire. Deve essere presentata all’ufficio tecnico comunale prima di iniziare qualsiasi lavoro significativo di manutenzione, restauro o recupero conservativo senza interventi strutturali significativi.

La CILA “in sanatoria” (o meglio sarebbe dire CILA tardiva) è necessaria quando non è stata presentata la CILA iniziale prima o durante i lavori, oppure quando sono state apportate modifiche edilizie minori senza la documentazione adeguata.

Per ottenere la documentazione necessaria per le pratiche edilizie, ti suggerisco di utilizzare il software per i titoli abilitativi che ti supporta nella corretta scelta del permesso edilizio e ti offre i modelli aggiornati di ciascuna pratica per evitare di incorrere in abuso.

Doppia conformità urbanistica e sismica: sentenza di riferimento

La doppia conformità a cui allude l’art. 36 (Accertamento di conformità) del D.P.R. 380/2001 sussiste quando risultino rispettate le legittime condizioni regolamentari urbanistiche sia al momento della realizzazione dell’abuso edilizio che nel momento in cui si richiede la sanatoria edilizia.

Ma tutto ciò se vale per la regolarità urbanistica di un manufatto da sanare, non vale se a monte sia stato violato anche il regolamento antisismico, ne deriva, quindi, che senza una doppia conformità sismica non può bastare una doppia conformità urbanistica ai fini della sanatoria edilizia.

Questa è la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione nella sentenza penale n. 2357/2023.

Come sanare l’abuso cedendolo al parente: il caso

Un privato decideva di sopraelevare di un piano la propria abitazione anche attraverso opere in calcestruzzo armato in difetto di qualsivoglia permesso di costruire o del rispetto della normativa antisismica.

Successivamente, l’immobile veniva sottoposto a sequestro preventivo nel mezzo dei lavori.

Il proprietario presentava, quindi, un’istanza volta al rilascio del permesso di costruire in sanatoria per la sopraelevazione, ma l’Amministrazione non accoglieva la domanda, poiché il terreno interessato dalla domanda del titolo abilitativo non raggiungeva la cubatura necessaria per sviluppare la volumetria richiesta dalla sopraelevazione. Il nostro protagonista allora donava metà della proprietà ad un parente il quale, dopo avervi asservito un ulteriore terreno di sua proprietà limitrofo al fine di acquisire la cubatura necessaria a completare la sopraelevazione, ripresentava l’istanza di sanatoria in qualità di comproprietario, che veniva accolta con il rilascio del permesso di costruire.

A causa della contestazione del suddetto titolo in sanatoria, la questione finiva nelle aule giudiziarie fino alla decisione della Corte d’Appello che si esprimeva sul permesso di costruire in sanatoria ritenendolo non sufficiente ad estinguere il reato:

  • urbanistico in quanto le opere in questione non avrebbero avuto la c.d. doppia conformità richiesta dall’art. 36 del TUE, in quanto solo successivamente all’esecuzione dell’opera il parente del ricorrente, dopo aver acquisito la proprietà dell’immobile, avrebbe asservito altro terreno di sua proprietà che le avrebbe consentito di regolarizzare il volume realizzato;
  • di violazione in materia di cemento armato e della normativa antisismica.

L’imputato decideva di ricorrere, quindi, in Cassazione.

Cassazione: reato antisismico come reato paesaggistico

Gli ermellini in premessa ribadiscono che l’atto di sanatoria discusso non può determinare alcun effetto estintivo del reato, poiché non è riconducibile alla sanatoria c.d. propria, delineata dall’art. 36 D.P.R. 380/2001, poiché quest’ultima può riguardare soltanto lavori ultimati, laddove nel caso di specie essi erano palesemente ancora in corso; trattasi, quindi, di sanatoria c.d. “impropria” (o “sanatoria giurisprudenziale”), come tale improduttiva di alcun effetto estintivo del reato.

Detto ciò, i giudici chiariscono che:

Il rispetto del requisito della “doppia conformità” è escluso anche dalla violazione della disciplina antisismica

violazione per la quale è intervenuta la condanna del ricorrente.

Ed invero, per quanto riguarda le zone soggette alla normativa antisismica, si pone il problema del raccordo tra le disposizioni che regolano la sanatoria (art. 36 del TUE) e le specifiche disposizioni di cui agli artt. 83 e ss. del medesimo testo unico e la conseguente possibilità di sanatoria degli abusi edilizi realizzati in zona sismica, “considerando le palesi finalità di tutela dell’incolumità pubblica che la specifica disciplina persegue e la diffusa sismicità del territorio nazionale…”.

In sintesi, la questione che si pone è abbastanza simile a quella affrontata con riferimento alla sanatoria degli abusi in zona vincolata, dovendosi invero considerare, in primo luogo:

  • se sia o meno possibile rilasciare un’autorizzazione postuma ai fini della disciplina antisismica;
  • quali siano i rapporti tra i titoli conseguiti in base alla disciplina antisismica ed il permesso di costruire;
  • se possa rilasciarsi il permesso di costruire in sanatoria per interventi abusivi eseguiti in zona sismica.

Doppia conformità e disciplina antisismica

La Corte Suprema spiega che il controllo esercitato nelle zone sismiche è di natura preventiva e che attualmente la disciplina antisismica non contempla alcuna forma di sanatoria o autorizzazione postuma per gli interventi eseguiti senza titolo, manca, in definitiva, una procedura che consenta all’interessato di richiedere un’autorizzazione postuma.

Le particolari disposizioni in materia di costruzioni in zone sismiche lasciano, dunque, uno spazio estremamente esiguo al mantenimento in essere degli interventi abusivi. Il destino del manufatto illecitamente realizzato in zona sismica resta, peraltro, comunque segnato qualora debba essere demolito perché in contrasto con la disciplina urbanistica, dal momento che, come si è detto, il legislatore regola, nell’art. 94, l’autorizzazione per l’inizio dei lavori in zone sismiche “fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’inter\lento edilizio … ” ed, infatti, si è in più occasioni condivisibilmente specificato che l’autorizzazione sismica costituisce presupposto tassativo ai fini del rilascio del titolo edilizio (Cons. di Stato Sez. 3, n. 4142 del 31 \5\2021 la definisce “presupposto indispensabile”; anche la Corte costituzionale – sent. 101 \2013 – ha affermato che “l’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare“).

Doppia conformità sismica

Considerando l’art. 36 del TUE, è evidente che la stretta connessione tra autorizzazione sismica e permesso di costruire, di cui si è appena detto, incide in maniera significativa anche sulla procedura di sanatoria, venendosi a porre, in primo luogo, la questione della totale assenza di norme specifiche che consentano il rilascio di un’autorizzazione sismica postuma.

Tale evenienza risulta determinante, perché è evidente che se la possibilità di ottenere una autorizzazione simica “in sanatoria” ad intervento ormai eseguito non è prevista, viene a mancare un necessario presupposto per il rilascio del permesso di costruire ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001.

In conclusione, la Cassazione afferma che dovendo escludere che possa estinguersi la contravvenzione sismica attraverso il deposito allo sportello unico, dopo la realizzazione delle opere e, quindi, “a sanatoria”, della comunicazione richiesta dall’art. 93 del TUE e degli elaborati progettuali, allo stesso modo è da ritenersi escluso il rispetto del requisito della doppia conformità in caso di violazione della disciplina antisismica, come avvenuto nel caso in esame.

Il ricorso non è, quindi, accolto.

Ricordiamo che l’Italia è un paese ad alto rischio sismico per cui la necessità di verificare l’efficienza statica del nostro enorme patrimonio edilizio nuovo ed esistente in cemento armato, muratura, acciaio e legno è un obbligo costante e colmo di responsabilità penali oltreché morali, per la sicurezza di chi lo abita o semplicemente per chi si trovi a transitarvi accanto.

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Altre sentenze e approfondimenti

Di seguito si propongono una serie di sentenze e approfondimenti sul tema della doppia conformità o relativi a tale tematica:

 

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