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Il dramma di Napoli Est dall’esplosione del deposito Agip del 1985 alle bombe ecologiche di oggi, tra bonifiche mai realizzate, patologie tumorali conseguenti e nuovi progetti socio-economici (ZES) ed energetici (deposito GNL)

Il disastro ambientale di Napoli Est iniziò il 21 dicembre 1985 con l’esplosione di 25 dei 41 serbatoi costieri dell’Agip che causò 5 morti, 165 feriti, 2594 senzatetto, 100 miliardi delle vecchie lire di danni, e conseguenze sulla salute delle persone difficili da stimare, causate dalle colonne di fumo che per sei giorni continuarono a bruciare prima che le fiamme venissero domate definitivamente. L’inquinamento che derivò sia da quella esplosione che dalla presenza delle raffinerie (dismesse solo nel 1983), del Terminal Petroli e dei depositi ancora attivi di idrocarburi, oli combustibili e GPL (allocati nell’area costiera prospiciente la darsena di Levante), del “depuratore dello scandalo” che per oltre 60 anni ha riversato nelle acque di San Giovanni buona parte dei liquami provenienti da Napoli e della centrale elettrica di Vigliena ad oli combustibili (poi, rilevata dalla Tirreno Power, riconvertita a biogas ed entrata in funzione nel 2008) fu tale che il Parlamento già nel 1998, con l’entrata in vigore della legge 426, individuava l’intera area orientale di Napoli come zona
«ad alto rischio ambientale» e quindi come Sito d’Interesse Nazionale (SIN), tra i più inquinati d’Italia. In quegli stessi anni (1996) il Consiglio Comunale di Napoli prepara e vara una variante del Piano Regolatore per l’area orientale che prevedeva l’eliminazione del Terminal Petroli, la dislocazione dei depositi di combustibili, la chiusura della centrale elettrica ad oli di Vigliena e quindi il recupero del rapporto tra la popolazione ed il mare e la realizzazione di
attrezzature ed infrastrutture per il turismo ed il tempo libero, per il settore della formazione
universitaria, etc. al fine di sostenere la riqualificazione
della zona orientale. La variante del Piano Regolatore prevedeva anche la
bonifica di oltre 100 mila metri quadrati occupati ed inquinati per decenni dalla centrale
elettrica ed in cui è situato il Forte di Vigliena,
 un monumento nazionale e teatro di uno degli episodi più noti e significativi della Repubblica
napoletana del 1799.
Ma dal 2000 in poi Istituzioni Pubbliche ed Aziende Private smantellano nei fatti il piano di riqualificazione di Napoli Est: il Comune di Napoli autorizza la Interpower 
(oggi Tirreno Power), a costruire a Vigliena, al posto della vecchia centrale elettrica ad oli, una nuova centrale
a turbogas eludendo la procedura di VIA e quella per la bonifica dei suoli; Regione Campania, Comune di
Napoli e Kuwait decidono la permanenza degli impianti petroliferi (terminal e depositi) per almeno altri
venti anni; la Kuwait smaltisce in maniera illecita 42mila metri cubi di acque oleose (per un risparmio di 240 milioni di euro sequestrati dalla magistratura) che inquinano ulteriormente i terreni e le falde acquifere del territorio ; Regione Campania, Comune di Napoli, Autorità Portuale,
Capitaneria di Porto, Università Federico II, Ministero dei trasporti,
Ministero dei lavori pubblici, al fine di movimentare migliaia di container nel porto di Napoli, attraverso un accordo di programma decidono di realizzare il nuovo Terminal di Levante che viene edificato, nonostante il parere negativo (per mancanza nel progetto del Rapporto Ambientale) del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, attraverso una cassa di colmata in cui verranno immessi i sedimenti altamente inquinati dragati dallo stesso Porto di Napoli.
Ad oggi poi sul piano del trasporto-depositi di carburanti fossili la situazione non è certo migliorata. A Vigliena (Area orientale di Napoli) si trova il Terminal Petroli del Porto di Napoli. La società Kuwait Petroleum Spa (Kuwait) gestisce l’area destinata al traffico dei prodotti petroliferi (benzine, jet fuel, gasoli, oli combustibili). Solo per la società Kuwait si movimentano su quest’area ogni anno oltre 3 milioni di tonnellate di carburanti destinati allo approvvi-gionamento energetico del Sud e di parte del Centro Italia. L’attività del terminal si sviluppa su due segmenti: il principale riguarda il trasferimento dalle navi cisterna, attraverso un oleodotto lungo circa 4 km, dei prodotti petroliferi e gas liquido alle aree di Deposito; un secondo, il trasferimento di olio combustibile e gasolio agli scali di Napoli e Salerno per il rifornimento di traghetti, aliscafi, navi da crociera e portacontainer.
All’interno della linea di costa, in via Nuova delle Brecce, si trova il Deposito Fiscale della Kuwait: circa 1 milione di m2 di area tra gli edifici di direzione e di controllo, i 43 serbatoi per lo stoccaggio della “merce” e le 26 aree di carico delle autobotti per la distribuzione. A poca distanza poi, in via Galileo Ferraris, si aggiungono altri 18 serbatoi e 5 aree di carico nel Deposito ex Benit, , sempre della Kuwait e in cui vengono stoccati oli combustibili.Ma a Napoli Est sono presenti anche 4 società: Energas, Petrolchimica partenopea, Italcost e Eni che gestiscono il trasporto e lo stoccaggio di GPL dalle navi cisterna ai Depositi posti a pochi km dalla banchina. Ognuna delle società ha un proprio Deposito. Da qui riforniscono, attraverso autobotti, direttamente i loro clienti: piccoli serbatoi per civili, una serie di reti di utilizzatori, le loro stazioni di servizio (400 sul territorio nazionale. Il 50% del loro prodotto è GPL “combustione” (riscaldamento, gas per cucina, agricoltura) e 50% è GPL “autotrazione” (carburante per auto). Ogni anno da questi Depositi si movimentano circa 850 mila tonnellate di GPL, il 25% del mercato nazionale.
Infine la compagnia di Stato algerina, “Sonatrach”, ha acquistato, nel 2018, alcuni asset della società ”Esso” del Sud Italia, dando vita alla società “Sonatrach Raffinerie Italia” con sede ad Augusta in Sicilia. Nel porto di Napoli, la società possiede un Deposito attraverso cui movimenta prodotti raffinati bianchi, quali benzina, jet fuel e gasolio. Il mercato cui si rivolge è tutto il Sud e Centro Italia.

Insomma Napoli Est si presenta oggi come un insieme accatastato di
padiglioni industriali abbandonati, un agglomerato urbano, a ridosso delle raffinerie, densamente popolato ma privo di servizi e di spazi di aggregazione, un litorale ed un mare
antistanti gravemente inquinati; la presenza di livelli quattro volte superiori a quello massimo consentito (dati Arpac) del batterio Escherichia coli nelle acque di Vigliena ha ovviamente portato a negare la balneabilità per l’intera costa ed a farla diventare una discarica; i pochi tratti di spiaggia non occupati da
insediamenti industriali vecchi e nuovi sono attraversati da canali di scolo, vere fogne a cielo aperto, che inquinano il mare e impuzzolentiscono l’aria. Napoli Est attende una bonifica da oltre 20 anni; ad oggi, però, ci si è fermati alle conferenze di servizio ed al finanziamento di studi di fattibilità ambientali, con la maxi-bonifica che resta un affare incompiuto. Le uniche prospettive concrete sul tappeto sono peggiorative dell’attuale disastrosa situazione:

• la realizzazione di un Impianto di Compostaggio Anaerobico, e quindi inquinante, di 60mila tonnellate l’anno progettato dalla Regione ed avente per stazione appaltante la Città Metropolitana di Napoli
• il completamento del mega porto commerciale che incrementerà le attività del Porto di Napoli del 350% e determinerà un grave impatto (inquinamento acustico, del mare e dell’aria, nuovi spazi per la movimentazione delle merci) lungo un considerevole tratto di costa che si snoda da via Marina dei Gigli fino allo Sperone

• la eventuale (discussione in corso) approvazione da parte dell’Adsp di un progetto della Edison e della Kuwait per la realizzazione di un nuovo deposito costiero di Gas Naturale Liquido che, qualora fosse approvato, si aggiungerebbe ai tanti depositi già esistenti di carburanti
• il progetto di ristrutturazione (al posto della delocalizzazione) della Darsena Petroli che prevede la costruzione di una piattaforma marina, collegata mediante condotte sottomarine all’oleodotto, per l’attracco di navi cariche di combustibili
• la realizzazione nel porto di Napoli e nell’area industriale logistica di Napoli Est della ZES* (prevista dal Piano di Sviluppo Strategico per le ZES con delibera n. 175/2018 della Regione), su cui già nei giorni scorsi c’è stato un incontro di merito tra il Presidente dell’Adsp ed i segretari dei sindacati confederali

Per invertire il progressivo attuale degrado sociale ed ambientale di Napoli Est occorre un Piano di Riconversione Ecologica e Sociale che avvii da subito la bonifica del sito e la revoca dei progetti insostenibili in essere e che proceda gradualmente ad una possibile riconversione di quelle attività, logistica, impianti non sostenibili ma non sostituibili “tutti e subito”.

L’ala orientale del porto di Napoli per esempio si presenta come uno scalo strategico per la movimentazione, lo stoccaggio e la distribuzione del GPL nell’Italia centro meridionale e in parte anche del Nord Italia e questo certo non aiuta nel richiedere una immediata chiusura o dislocazione dei vari depositi. Così come la Centrale Elettrica di Vigliena non può essere chiusa senza che ci sia qualcos’altro che ne assuma la funzione.

Pertanto occorre proporre e mobilitarsi per un Piano che da subito:

• blocchi la realizzazione del previsto Impianto di Compostaggio Anaerobico per realizzare invece al suo posto un piccolo (10 mila tn/annue) impianto aerobico collocato lontano da abitazioni ed in prossimità della tangenziale
• blocchi la realizzazione di un nuovo deposito costiero di Gas Naturale Liquido proposto da Edison e Kuwait
• blocchi la ristrutturazione della Darsena Petroli e quindi la costruzione di una piattaforma marina
• realizzi una bonifica degli oltre 800 ettari di area inquinata (ex Kuwait – ex manifattura tabacchi) e del litorale con una preventiva individuazione degli inquinanti ed una programmazione degli interventi specifici da effettuare
• destini finanziamenti europei (PNRR) e nazionali ad investimenti pubblici a Napoli Est finalizzati alla ristrutturazione (anche energetica con pannelli fotovoltaici) della ex-Corradini ed all’apertura/sostegno di aziende manifatturiere ad alta tecnologia (prodotti farmaceutici, elettronica delle comunicazioni, ricerca sulla produzione di idrogeno verde e di tecnologie ambientali per l’industria, etc.)
• attui un contrasto alla disoccupazione con l’applicazione della clausola sociale per tutti gli appalti pubblici; incentivi la creazione di cooperative sociali per una valorizzazione del territorio, una qualificazione dei siti di interesse storico, il ripristino della spiaggia pubblica ed una fruizione ecologica e strutturata della fascia costiera; finanzi un piano di riqualificazione degli alloggi popolari di edilizia pubblica con una sanatoria per gli occupanti che vogliono essere legalizzati
• finanzi interventi straordinari per la lotta alla dispersione scolastica ed all’abbandono giovanile con l’apertura di asili nido, l’estensione del tempo pieno nell’obbligo, il sostegno e l’apertura di laboratori didattici, spazi di aggregazione giovanile, etc.

Ma ovviamente la Transizione socio-ecologica richiede ben altro e le proposte per attuarla gradualmente devono ovviamente guardare ad un’area di intervento più ampia di un quartiere. Mi riferisco in particolare alla Transizione Energetica che occupa un ruolo preminente per la difesa dell’ambiente in generale e sicuramente per Napoli Est. Per questa transizione occorre avviare un percorso in grado di sostituire ai combustibili fossili ed al gas naturale le fonti fotovoltaiche ed eoliche per la produzione di energia elettrica e per quella dell’idrogeno** “verde” attraverso l’elettrolisi dell’acqua.
Se lungo le dorsali dei gasdotti che portano il gas naturale da Napoli Est a tutto il Sud Italia ed a parte anche del Centro e del Nord Italia si realizzano, a partire da San Giovanni, piccoli e diffusi Impianti PEM** (Elettrolisi con Membrana a scambio Protonico) alimentati dall’energia elettrica prodotta dai parchi eolici e solari (esistenti e/o da realizzare) o prelevati dalla rete, si può gradualmente immettere nei gasdotti e trasportare dalle fonti (impianti PEM) alle destinazioni (autotrasporto, riscaldamento ed industria) l’idrogeno verde al posto del gas naturale. Così come la Centrale Elettrica di Vigliena a gas naturale potrà essere facilmente convertita in una Centrale ad Idrogeno Verde (affiancata da un impianto PEM) quando parallelamente si svilupperà sul territorio una installazione adeguata e diffusa di piccoli impianti di energia rinnovabile. Questi ultimi per esempio potrebbero essere installati sia sui tetti degli edifici comunali e dei tanti capannoni esistenti (senza causare cioè altro consumo di suolo) che soprattutto sui padiglioni della Ex-Corradini che va ristrutturata sia in quanto megastruttura di archeologia industriale sia per un recupero del rapporto tra la popolazione ed il mare. Il recupero della Ex-Corradini rientrerebbe poi nella realizzazione di
attrezzature ed infrastrutture per il turismo ed il tempo libero, per il settore della formazione
universitaria, etc. al fine di sostenere la riqualificazione
di un’area ad elevata potenzialità turistica. E’ inutile evidenziare come il suddetto piano di riconversione, insieme alla riqualificazione del quartiere, comporterebbe migliaia di nuovi posti di lavoro e quindi una ripresa economica e sociale del territorio.

 

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