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A carico di chi sono le spese legali se tra le parti c’è un accordo che evita o definisce una causa già in corso? Come funziona la solidarietà.

Non è detto che tutte le liti debbano finire con una causa e una sentenza. Le parti possono trovare un accordo prima di scontrarsi in tribunale o anche nel corso del giudizio. Questo accordo si chiama transazione. Tecnicamente la transazione è un contratto con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già insorta o che potrebbe insorgere. In questi casi però si pone puntualmente una domanda: in caso di transazione chi deve pagare l’avvocato?

Se, ad esempio, un soggetto riconosce la propria responsabilità e, con l’accordo, a fronte di tale ammissione di colpa, ottiene dall’avversario un beneficio (ad esempio una riduzione del risarcimento), può essere comunque obbligato a corrispondere la parcella all’avvocato di quest’ultimo? Cerchiamo di fare il punto della situazione.

In questa breve guida vedremo innanzitutto come funziona la transazione, come si redige e che valore ha. Analizzeremo poi le regole sulle spese legali e soprattutto spiegheremo come funziona la cosiddetta “solidarietà passiva” delle parti nei confronti degli avvocati per il pagamento delle relative parcelle. In ultimo citeremo una recente sentenza della Cassazione che ha analizzato proprio il caso di un cliente che non aveva corrisposto al proprio difensore l’onorario per l’atto di transazione, sicché quest’ultimo aveva preteso il pagamento dall’avversario. Ma procediamo con ordine.

Cos’è una transazione?

La transazione è un contratto (difatti, come tutti i contratti, implica un incontro tra due o più volontà). La transazione può definirsi, in parole povere, come

l’accordo rivolto a risolvere una disputa già in corso o un potenziale conflitto, evitando il ricorso o la prosecuzione di un’azione giudiziaria.

Attraverso la transazione, le parti quindi concordano su termini e condizioni per chiudere la questione (ad esempio: il pagamento di una somma di denaro a rate o tramite saldo e stralcio, la rinuncia a certi diritti, un risarcimento a fronte della rinuncia a un’azione penale o altre forme di compensazione).

In linea teorica nulla esclude che la transazione possa avvenire verbalmente. Tuttavia la forma scritta è sicuramente da preferire anche per evitare successivi “ripensamenti”.

Quante forme di transazione esistono?

La transazione può essere conclusa autonomamente dalle parti oppure davanti al giudice, nel verbale di un’udienza relativa alla causa tra le stesse pendenti. Proprio per tale ragione si distingue tra:

  • transazione stragiudiziale;
  • transazione giudiziale.

In particolare:

  • la transazione stragiudiziale viene fatta dalle parti, senza l’assistenza di nessuno, ad esempio redigendo una scrittura privata (senza che vi sia necessità dell’autentica notarile). Chiunque la può realizzare: basta indicare i presupposti della lite (una breve descrizione del problema insorto o che potrebbe insorgere), le reciproche concessioni (ossia le rispettive obbligazioni), la data e la firma;
  • la transazione giudiziale invece viene scritta dal cancelliere, sotto dettatura del giudice, nel corso di un’udienza della causa pendente tra le parti. La transazione così acquista la stessa forza ed efficacia di una sentenza perché, da un lato, chiude definitivamente il processo e, dall’altro, stabilisce gli obblighi che le parti assumono in forza di tale atto transattivo.

La differenza tra queste due forme di transazione è estremamente importante per quanto riguarda l’efficacia della transazione. E difatti, solo la transazione giudiziale è un “

titolo esecutivo” ossia un documento che, se non rispettato, consente al creditore di agire direttamente con l’esecuzione forzata (tramite ufficiale giudiziario). Lasciando questo argomento al paragrafo successivo, completiamo il discorso dicendo che, da poco, esiste anche una terza forma di transazione: quella che avviene nel corso della procedura di mediazione, dinanzi al mediatore professionista. La mediazione è uno step che deve essere – in alcuni casi obbligatoriamente – intrapreso prima di agire in giudizio. È rivolto a prevenire lo scontro giudiziario tentando un accordo tra le parti. Ebbene: il verbale di mediazione ha lo stesso valore di una sentenza: è quindi equiparabile alla transazione giudiziale.

Che valore ha una transazione?

Nel paragrafo precedente abbiamo detto che la transazione ha un valore diverso a seconda che si tratti di una transazione giudiziale o stragiudiziale. Questo aspetto serve per comprendere cosa fare se uno dei soggetti coinvolti non dovesse rispettare l’accordo. Ebbene:

  • in caso di transazione stragiudiziale, valendo questa alla pari di un comune contratto, la parte creditrice dovrà avviare una causa contro l’avversario avvalendosi – come prova – dell’atto di transazione. Se la prestazione consiste nel pagamento di una somma di denaro, sarà sufficiente richiedere un decreto ingiuntivo;
  • in caso di transazione giudiziale, il creditore può avviare direttamente l’esecuzione forzata e, in caso di pagamento di somme di denaro, il pignoramento dei beni del debitore.

Differenza tra transazione giudiziale e stragiudiziale

A costo di apparire ripetitivi, è meglio ribadire di nuovo la differenza tra la transazione giudiziale e stragiudiziale.

Una transazione giudiziale si verifica all’interno di un procedimento giudiziario già in corso. Le parti, durante il processo o prima della sua conclusione, decidono di raggiungere un accordo per risolvere la controversia. Questo accordo deve essere approvato dal giudice, il quale verifica che sia conforme alla legge e che non violi i diritti indisponibili delle parti. Una volta approvata, la transazione giudiziale ha gli stessi effetti di una sentenza definitiva consentendo al creditore di avviare il pignoramento.

Cos’è invece una transazione stragiudiziale? Una transazione stragiudiziale avviene al di fuori del contesto di un procedimento giudiziario. È un accordo privato tra le parti che vogliono risolvere una controversia o prevenire una futura lite. Questo tipo di transazione è formalizzata attraverso un contratto scritto e, una volta firmato, diventa vincolante per le parti. Se una delle parti non rispetta gli accordi stabiliti nella transazione, l’altra parte può far valere l’accordo in tribunale.

Chi paga l’avvocato e le spese legali in caso di transazione?

Veniamo al punto nodale di questa guida: se c’è un accordo tra le parti chi paga l’avvocato? Per essere completo, l’accordo deve prevedere anche chi deve farsi carico delle spese legalieventualmente affrontate dalle stesse prima della stipula della transazione.

Ad esempio, se la causa è già iniziata, l’attore avrà affrontato il pagamento del contributo unificato e delle notifiche. Entrambi i contendenti avranno versato un acconto al proprio avvocato e ad eventuali consulenti di parte.

Invece se non c’è una causa, si potrebbe porre il problema di dover pagare i difensori delle parti che hanno inviato le lettere di diffida con le relative risposte o partecipato agli incontri per trovare l’accordo e infine redatto l’atto di transazione (per quanto lo stesso non debba necessariamente essere compilato da un avvocato, ben potendo essere scritto dalle parti).

Ebbene, la legge non dispone nulla a riguardo ma lascia le parti libere di stabilire su chi gravino le spese legali e le parcelle dei rispettivi avvocati.

Il più delle volte l’atto di transazione “compensa” tutti i costi del giudizio e gli onorari dei difensori: in pratica, nessuno dei due potrà chiedere il rimborso all’altro. Parafrasando un vecchio detto, si potrebbe dire «chi ha dato, ha dato; chi ha avuto, ha avuto». In questo modo, ciascuna parte dovrà pagare il proprio avvocato, senza poter pretendere nulla dall’ex avversario, anche se quest’ultimo ha parzialmente ammesso la propria responsabilità.

Non è però da escludere un patto contrario: le parti potrebbero infatti stabilire che alcune o tutte le spese gravino su un solo soggetto. Come detto, la scelta è rimessa agli individui coinvolti nella transazione.

Tuttavia, potrebbero porsi degli imprevisti nel caso in cui una delle parti non onori la parcella da questa dovuta al proprio avvocato. Difatti, per tali casi, vige la cosiddetta responsabilità solidale. Cosa significa? Che l’avvocato, che non ha ricevuto il compenso dal proprio cliente, può rivalersi nei confronti della controparte. Cerchiamo di chiarire meglio questo aspetto.

Dopo una transazione l’avvocato può chiedere il pagamento all’avversario?

Come chiarito dalla Cassazione (ord. n. 1283/2024 del 12 gennaio 2024), se la transazione è stata firmata dalle parti personalmente e questa ha comportato la definizione del giudizio in cui queste sono coinvolte, sussiste l’obbligo solidale delle parti firmatarie per il pagamento degli onorari di entrambi gli avvocati. Questo significa che il difensore che non è stato pagato dal proprio cliente può far valere il proprio credito nei confronti della parte avversa al proprio cliente.

Esiste tuttavia un metodo per evitare tale eventualità: la rinuncia alla solidarietà che gli avvocati possono prevedere e firmare nell’atto di transazione. Quindi in tal caso la transazione riporterà le firme sia delle parti che dei difensori.

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