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L’intelligenza artificiale e il suo impatto nel mondo del lavoro. E, nello specifico, nel mondo del lavoro bancario. L’auditorium della Regione Friuli Venezia Giulia, a Pordenone, è teatro di una conferenza dedicata al tema di estrema attualità, che ha visto la segreteria nazionale della Fabi confrontarsi con economisti e accademici di settore.

L’incontro, organizzato dal Sab Fabi di Pordenone, rientra nel programma della quarta edizione del “Pn Trading Places”, il festival sull’educazione finanziaria organizzato ogni anno dal Comune di Pordenone in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine. Un’occasione di riflessione profonda su come l’intelligenza artificiale stia trasformando anche uno dei settori chiave dell’economia.

Di fatto, l’introduzione dell’IA sta già rivoluzionando le operazioni bancarie: algoritmi di machine learning, chatbot e strumenti di analisi predittiva sono solo alcune delle tecnologie già utilizzate dalle banche con l’obiettivo di velocizzare i servizi ai clienti, ottimizzare le operazioni, gestire il rischio. Ma quanto le cose cambieranno ancora e, soprattutto, che impatto avranno sugli oltre 260mila lavoratori bancari italiani?

Davanti a una platea di 120 partecipanti, i protagonisti della tavola rotonda hanno provato a dare risposta al quesito, con analisi approfondite e dati alla mano, esponendo prospettive e proposte.

Nel parterre dei relatori: gli esperti di settore dell’ateneo udinese Giancarlo Lauto, docente di Organizzazione Aziendale, Andrea Molent, docente di Modelli di Portafoglio, Francesco Raggiotto, docente di Economia e Gestione delle Imprese; l’analista della società di consulenza Prometeia, già Presidente del comitato sindacale Abi, Salvatore Poloni; per la Fabi, i segretari nazionali Luca Bertinotti ed Elisabetta Mercaldo, e il coordinatore della Fabi di Pordenone Michele Baù. A moderare il dibattito, l’ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari dell’Università di Udine, prof. Enrico Fioravante Geretto.

È il coordinatore del Sab Fabi locale, Michele Baù, ad aprire i lavori.«Oggi, parlare di intelligenza artificiale significa potenzialmente parlare di perdita di posti di lavoro: come sindacato temiamo un reale rischio di taglio occupazionale».
E cosa può e deve fare l’impresa? Per l’impresa è più utile investire in tecnologia o in capitale umano? «Un’impresa dovrebbe investire sia in tecnologia che in capitale umano, poiché entrambi sono cruciali per la crescita sostenibile. La tecnologia aumenta l’efficienza e la competitività, ma da sola non basta: il capitale umano, con competenze aggiornate e flessibilità comportamentali, è essenziale per sfruttare appieno le innovazioni tecnologiche. Senza persone qualificate, l’uso della tecnologia può rimanere inefficace o mal gestito. Un approccio equilibrato, che preveda investimenti in entrambi, garantisce maggiore innovazione e produttività.»

Baù auspica inoltre che «le imprese guardino all’università anche come risorsa, per garantire formazione professionalizzante durante la vita lavorativa. Il mondo delle imprese abbia l’obiettivo di gestire l’innovazione senza venire meno allo scopo dell’impresa, che non è solo creare profitto ma è anche garanzia e creazione dei posti di lavoro».

Nella prima parte del dibattito, la relazione introduttiva dell’analista della società di consulenza Prometeia, ed ex Presidente del comitato sindacale Abi, Salvatore Poloni.

«L’Intelligenza artificiale è l’innovazione tecnologica che produce cambiamento, ma non è l’unica fonte di cambiamento: va di pari passo con il cambiamento normativo e il cambiamento dei comportamenti. In campo lavorativo, ad esempio, uno dei cambiamenti più impattanti dei tempi più recenti è stata la diffusione del lavoro da remoto, esplosa in particolare con il periodo pandemico». Cambiamenti pertanto inevitabili, frutto dei tempi, sembra ribadire Poloni, che sottolinea però come le banche, da parte loro, siano chiamate a gestire questa transizione con visione e responsabilità, investendo in formazione e garantendo che l’IA sia utilizzata in modo equo e trasparente: «Non diventi una scusa per nascondere i reali livelli di inefficienza che hanno le banche: investire solo in intelligenza artificiale non produce risultati se non si investe anche in organizzazione, processi e competenze delle persone».

È poi il segretario nazionale Fabi Elisabetta Mercaldo a prendere la parola. Mercaldo ricorda come tutti i principali gruppi bancari abbiano già da tempo iniziato ad investire nell’innovazione tecnologica, compresa l’intelligenza artificiale. Il che, di per sé, non sarebbe sbagliato: il problema sta nel tipo di uso che se ne potrebbe fare. E su questo il segretario è perentorio: «Nel nostro settore l’intelligenza artificiale, se usata male, può rivelarsi uno strumento per ridurre costi, e non solo per aumentare l’efficienza lavorativa. E le conseguenze sarebbero tagli, demansionamenti e cambiamenti di ruolo. Nei prossimi anni ci saranno repentini mutamenti: tuttavia, siamo un Paese in cui l’IA non può essere inserita in maniera troppo veloce perché ci sono lacune importanti da colmare, è ancora molto basso il livello di cultura tecnologica.

Noi sapremo gestire il cambiamento perché abbiamo tutti gli strumenti per farlo: dal contratto nazionale, agli ammortizzatori sociali, agli accordi che si fanno nei gruppi. In questo possiamo rappresentare un esempio anche per gli altri settori.
Fondamentale sarà anche sviluppare le competenze e riqualificare professionalmente le persone, affinché si affianchi sempre l’intelligenza umana a quella artificiale».

Gli esperti presenti, docenti dell’ateneo udinese, hanno portato il loro contributo al dibattito concordando su un punto-chiave: il concetto di “etica”, che occupa un posto importante e delicato nell’uso dell’intelligenza artificiale. È infatti necessario approntare regolamentazioni adeguate per garantire che l’uso di queste tecnologie avvenga in modo trasparente e responsabile, nella massima tutela dei lavoratori.

Le conclusioni sono affidate al Segretario nazionale Luca Bertinotti. Che parte dai numeri. Mentre in Italia le banche investono nell’intelligenza artificiale 10 miliardi, gli “over the top”, le grandi società degli Stati Uniti ne investono 50, ma il giro d’affari diretto, frontiera 2030, riguarderà 1600 miliardi di dollari. Vale a dire i 2/3 del Pil italiano. Una cosa gigantesca.

«Come governare tutto ciò? Chi si salva? Si salva la specie di lavoratori che riesce a governare questo processo di cambiamento.
Ci vuole capacità di visione e lungimiranza. Sarà fondamentale favorire la formazione e avere uno strumento pilastro per quei lavoratori che avranno più difficoltà ad entrare nelle nuove dinamiche» E, citando la teoria darwiniana sull’evoluzione della specie, «possiamo senz’altro affermare che, nel settore del credito, la specie, la categoria che si distingue per variabilità ed ereditarietà dei caratteri innati e capacità di adattamento è quella iscritta alla Fabi: per le sue caratteristiche di flessibilità, di apertura al cambiamento, di capacità di governare gli avvenimenti e le profonde trasformazioni senza pregiudizi, preconcetti e chiusure pretestuose».

Poi, Bertinotti ricorda un modello che già c’è e che deve essere preservato: «Esiste e deve affermarsi sempre di più il ruolo della banca mutualistica e relazionale, un’impresa cooperativa votata al ruolo della prossimità quale presupposto del credito di relazione, a concreto sostegno dell’economia reale».

Il segretario nazionale Fabi chiude con una massima di Karl Popper: «Il futuro è aperto, dipende da noi, da noi tutti, da come vediamo il mondo e valutiamo le possibilità di futuro che sono aperte».

Pordenone, 3 ottobre 2024

 

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