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Ognuno ha i suoi cavalli di battaglia. Ma anche quest’anno sembrano destinati a rimanere solo propaganda elettorale. In tema di pensioni la coperta è sempre più corta e la prossima manovra invece di fare un passo verso il più volte sbandierato superamento della legge Fornero, potrebbe andare nella direzione di nuovi tagli agli assegni e, soprattutto, alle uscite anticipate.

Il quadro della manovra inizierà a delinearsi nei prossimi giorni e sarà oggetto di dibattito anche al Meeting di Rimini, ma in tema previdenziale qualche certezza c’è già. Sicuramente ci sono due punti fermi nella maggioranza: Forza Italia che vuole alzare le pensioni minime e la Lega che punta all’uscita anticipata dal lavoro. Entrambe misure costose.

La mediazione spetterà alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che non sembrano intenzionati ad allentare i cordoni della borsa. Eppure la propaganda non si ferma neanche davanti alla realtà. Il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, solo poche ore fa prometteva di voler “aiutare l’uscita dal mondo del lavoro per chi non ce la fa più, superando i vincoli della legge Fornero”. Ma, come detto, la realtà è diversa. A fine anno scade la Quota 103 con penalizzazioni in vigore quest’anno, così come l’Ape sociale e l’Opzione donna in versione già ristretta (e quest’anno è stata un flop clamoroso).

Sulle pensioni la strada è tracciata

Rinnovare queste misure è il minimo sindacale per chi promette il superamento della Fornero, ma oggi sembra difficile persino questo. Il nuovo Patto di stabilità ha reintrodotto regole stringenti e se c’è un capitolo su cui l’Ue non è disposta a chiudere un occhio è proprio quello della spesa pensionistica. Insomma, sembra inevitabile sacrificare l’uscita anticipata, come avviene già da qualche anno con un percorso graduale verso la sua cancellazione. Un’operazione evidente se pensiamo che si è partiti dalla Quota 100 per arrivare a una Quota 103 con penalizzazioni.

Non solo, perché per il prossimo anno si ipotizza un ulteriore taglio da 500 milioni, secondo il Fatto Quotidiano. Risorse che verrebbero recuperate introducendo criteri d’accesso alla pensione anticipata più severi. A oggi, realisticamente, l’unica possibilità concreta sembra una conferma della Quota 103, ma potrebbero persino arrivare nuove penalizzazioni, peggiori di quelle attuali.

Bonus e tagli

Eppure, più che a queste misure in scadenza, il Mef sembra guardare nella direzione opposta, ovvero a bonus per incentivare i lavoratori a non andare in pensione. Un’opzione che potrebbe valere almeno per alcune categorie, come le forze armate. Seguendo la strada già tracciata dall’ultima manovra. Ma il vero nodo resta un altro: gli anticipi. Il sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, ha rilanciato la Quota 41. Per la quale servono risorse oggi non disponibili. C’è l’opposizione del Mef e di Forza Italia. E così si sta già ripiegando verso una Quota 41 light, contributiva, e magari solo per alcune categorie. Con un taglio dell’assegno che potrebbe raggiungere anche il 20%.

In pratica, una misura solo simbolica per dire che la Quota 41 promessa in campagna elettorale è arrivata, anche se in forma ridotta. Per finanziarla, tra l’altro, si pensa già a nuovi tagli. Anzi, al rinnovo dei soliti tagli, quelli all’indicizzazione degli assegni all’inflazione. Non verrebbero toccati quelli più bassi, con una rivalutazione piena fino a quattro volte il minimo. Ma la sforbiciata al di sopra di questa cifra, nonostante un’inflazione meno alta degli ultimi anni, sembra già decisa.

 

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