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Il recente decreto correttivo che modifica il concordato preventivo biennale con il Fisco, promosso dal viceministro Maurizio Leo, ha introdotto importanti innovazioni per rendere lo strumento più attraente per i contribuenti, in particolare per chi opera in regime forfettario o è soggetto agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA). Il governo ha cercato di evitare un flop dell’iniziativa, che avrebbe ridotto le entrate previste. Tra le modifiche più rilevanti, il decreto introduce una flat tax incrementale sul maggior reddito proposto dall’algoritmo delle Entrate rispetto all’anno precedente, con aliquote variabili dal 10% al 15% a seconda del punteggio ISA del contribuente. Questo intervento mira a rendere il concordato più appetibile, soprattutto per professionisti e piccole imprese che prevedono un aumento significativo del reddito nel 2024 e 2025. La semplificazione fiscale attraverso aliquote ridotte rappresenta un passo importante, riducendo la burocrazia e permettendo una redistribuzione della ricchezza più equa.

L’analisi

Tuttavia, emergono criticità: il governo, per ottenere consenso e risorse, ha introdotto queste modifiche con una certa fretta. La poca chiarezza su alcuni aspetti applicativi e la necessità di aggiustamenti rischiano di compromettere l’efficacia dello strumento. Un altro punto critico è l’applicazione della flat tax incrementale, che potrebbe avvantaggiare principalmente i contribuenti capaci di fare previsioni accurate sui redditi futuri, lasciando indietro chi non dispone degli strumenti per tali calcoli. Questo potrebbe aumentare il divario tra i vari segmenti della popolazione fiscale, andando a discapito dell’equità. Ad esempio, un professionista con un punteggio ISA alto che prevede un incremento significativo del reddito potrebbe beneficiare di una flat tax del 10% sul reddito aggiuntivo. Un risparmio fiscale significativo, che rende evidente l’attrattiva del concordato. Tuttavia, se dichiarasse un reddito ulteriore rispetto a quello concordato, non pagherebbe alcuna imposta su questo reddito ulteriore, risparmiando fino al 43%, sollevando dubbi sull’equità. Questo risparmio fiscale può essere visto come una riduzione del contributo al bene comune. Inoltre, la flat tax riduce l’aliquota marginale IRPEF al 43%, ma anche le addizionali comunali e regionali, sottraendo risorse alle amministrazioni locali. La disparità di trattamento è evidente anche tra i contribuenti con punteggi ISA inferiori, che vedrebbero applicate aliquote più alte, riducendo il loro vantaggio fiscale rispetto a quelli con punteggi più alti. Questa progressività potrebbe sembrare equa, ma rischia di penalizzare chi è considerato meno affidabile dal fisco, pur essendo in difficoltà economiche reali. Un ulteriore aspetto poco chiaro riguarda il futuro dell’accordo fiscale: sebbene sia prevista una proroga di due anni dopo il primo biennio, non è specificato se la base di calcolo sarà il reddito effettivamente dichiarato negli anni precedenti o quello stabilito nell’accordo. Questa incertezza potrebbe disincentivare alcuni contribuenti dall’aderire al concordato, poiché non sanno se potranno rivedere i termini del loro accordo fiscale in futuro.

Le modifiche

Sarebbe opportuno estendere la forfettizzazione del reddito a una platea più ampia, non solo su base volontaria, ma come un sistema integrato e nazionale. Questo potrebbe essere realizzato introducendo parametri oggettivi che tengano conto della capacità reddituale del singolo contribuente e del contesto in cui opera, come la zona di residenza, le proprietà e la composizione familiare. Una riforma di questo tipo permetterebbe di sintetizzare in modo più accurato il reddito imponibile, rispondendo ai principi di giustizia fiscale e redistribuzione della ricchezza. Sebbene sia giusto accogliere con favore le innovazioni introdotte dal concordato preventivo biennale, è fondamentale continuare a riflettere su come migliorare ulteriormente il sistema fiscale, affinché diventi più semplice, ma anche più giusto e accessibile per tutti i cittadini, superando le criticità attuali e garantendo una reale equità.

Vincenzo Castellano è fiscalista



 

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