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Sulla transizione green, ma anche sull’estrazione delle cosiddette materie critiche, Alessandra Todde, presidente della Sardegna, gioca una partita non facile.

A che cosa serve la sospensiva degli impianti green proposta dalla sua giunta e approvata dal Consiglio regionale?
Affrontiamo la speculazione energetica e blocchiamo tutti gli impianti che è possibile bloccare per un massimo di 18 mesi. La nostra legge prevede che tutte le installazioni di nuovi impianti di energie rinnovabili – per i quali i lavori non siano già iniziati – siano fermate, con qualche eccezione per quelli dove non è prevista occupazione di suolo, le comunità energetiche o piccoli impianti per l’autoconsumo o per la produzione agricola. La mia giunta non ha mai deliberato alcuna autorizzazione e sta lavorando per definire la mappa delle aree idonee in modo da consentire le autorizzazioni solo di quegli impianti che rispetteranno tutti i requisiti necessari.

Quali saranno i passi successivi alla sospensiva?
La mappa delle aree idonee dovrà essere consegnata entro 180 giorni a partire dal 3 luglio scorso. Abbiamo combattuto in varie sedi per ottenere un decreto sulle aree idonee che rispondesse alle nostre prerogative e abbiamo ottenuto che sia la Sardegna a definire come dislocare gli impianti eolici e fotovoltaici sul territorio, senza dover subire le decisioni del governo nazionale. Abbiamo istituito un comitato interno e un ufficio del Piano che si occuperanno di redigere la legge con indicazioni specifiche per queste zone.

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Che cosa prevedete per la chiusura delle due centrali a carbone?
L’obiettivo primario dell’individuazione delle aree idonee è proprio quello di garantire una transizione energetica nel pieno rispetto del territorio e delle sue specificità, sostituendo la produzione delle centrali a carbone di Portovesme e Fiume Santo, che inquinano e continuano a provocare tantissime malattie. Dobbiamo lavorare affinché le rinnovabili siano un’opportunità e non una minaccia.

I comitati sorti nei diversi territori sostengono che l’azione della giunta regionale in materia di rinnovabili non è sufficiente. Che cosa risponde alle critiche dei comitati? E che cosa state facendo per coinvolgere comunità e sindaci nelle decisioni?
Considero importante e da valorizzare ogni singolo contributo, soprattutto quelli dei cittadini, ma bisogna evitare di cadere nella demagogia o nella strumentalizzazione. Noi ci siamo presi la responsabilità di governare e sappiamo bene cosa dobbiamo fare per fermare la speculazione senza interrompere la transizione ecologica. Stiamo girando la Sardegna incontrando i sindaci e coinvolgendo i territori.

La Cgil Energia sostiene che la metanizzazione della Sardegna è necessaria alla transizione green ed è favorevole alla costruzione della cosiddetta Dorsale, il grande metanodotto che dovrebbe portare il metano nordafricano in tutta l’isola. Qual è la posizione della sua giunta?
Il gas ha un importante ruolo di passaggio nella decarbonizzazione, ma dobbiamo ricordarci che è un combustibile di transizione che importiamo a caro prezzo. Servirà per dare un aiuto nella fase di transizione ma, come gli altri combustibili fossili, è vincolato agli obiettivi posti dal Green Deal europeo, che prevedono il raggiungimento della neutralità climatica per il 2050. Non possiamo fare ragionamenti a lungo termine sull’energia prodotta dal gas e in generale dalle fonti fossili. Le infrastrutture a supporto devono quindi essere realizzate in tempi molto brevi e servire i consorzi industriali e i bacini già esistenti. Ma vorrei aggiungere un aspetto.

Prego.
Vorrei vedere i critici delle rinnovabili utilizzare lo stesso approccio, dal punto di vista della tutela del paesaggio e dell’ambiente, anche per il metanodotto. Quando si parla di sventrare la terra, vorrei che qualcuno ci spiegasse quali sono le conseguenze di ciò sul territorio. È in tutti i suoi aspetti che la Sardegna deve essere difesa e avere un ruolo attivo senza accettare imposizioni. Anche su questo abbiamo cambiato passo.

Lei ha annunciato l’intenzione di ricorrere contro il decreto del governo sulle materie critiche. Perché?
Lo impugneremo davanti alla Consulta. La Sardegna ha combattuto in solitudine la battaglia per contrastare il governo che, utilizzando impropriamente un decreto legge, dispone una disciplina lesiva non soltanto del nostro Statuto, ma anche delle nostre competenze esclusive in materia di sfruttamento di cave e miniere. Così si compromette la possibilità per i sardi di tutelare ambiente e paesaggio. Non lo permetteremo.

 

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