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MILANO (Reuters) – L’Italia è sempre più nel radar dei grandi fondi di credito, a partire dal leader di settore Ares Management, che prendono posizioni sul paese per finanziare il crescente numero di operazioni di buyout che interessa le medie aziende familiari tricolori.

Con 140 operazioni di direct lending completate negli ultimi 45 trimestri, l’Italia rappresenta solo il 4,3% delle transazioni complessive dell’Europa continentale, secondo Deloitte Analysis.

Tuttavia, l’aumento della concorrenza nel settore in tutta Europa, dove le banche tradizionali stanno recuperando una fetta del mercato del leveraged buyout, erodendo i rendimenti, aumenta l’interesse su nuovi ambiti di crescita.

“L’Italia è la nuova frontiera per i direct lenders a causa della sua crescente importanza per le società di private equity attive nel mercato medio”, ha detto a Reuters Tyrone Cooney, partner di Ares Management Credit Group responsabile per la Francia e l’Europa meridionale.

Ares, che gestisce asset per 428 miliardi di dollari a livello globale, negli ultimi mesi ha portato a termine tre operazioni in Italia con investimenti compresi tra 50 e 150 milioni di euro.

“Sebbene la concorrenza sul mercato italiano stia aumentando, l’Italia non è così competitiva come il Regno Unito, la Francia e il Benelux”.

Il settore del credito privato, che vale 1.700 miliardi di dollari, è più sviluppato negli Stati Uniti che in Europa, dove però, secondo i dati del Fondo monetario internazionale (Fmi), ha registrato una crescita annua del 17% negli ultimi cinque anni.

I fondi di credito si concentrano tradizionalmente sulle imprese del mid-market, che sono troppo piccole per collocare debito direttamente sul mercato ma richiedono risorse che una singola banca non è in grado di sostenere.

Nel Nord dell’Italia, a forte vocazione industriale, si trovano centinaia di aziende a conduzione familiare che competono a livello globale nonostante le loro piccole dimensioni, e che negli ultimi anni si sono aperte sempre più alle società di private equity a causa dell’invecchiamento dei soggetti proprietari.

L’Aifi, Associazione italiana di private equity, venture capital e private debt, ha registrato 224 investimenti di private equity in aziende a conduzione familiare nel 2022, contro i 151 di quattro anni prima.

“Abbiamo lavorato con diversi nuovi operatori sul mercato italiano”, ha detto Cooney, aggiungendo che i nuovi arrivati sono fondi di private equity del mercato medio con cui Ares aveva già collaborato in Olanda, Francia, Gran Bretagna e Scandinavia.

UFFICI A MILANO

Alcune società di investimento paneuropee che desiderano espandersi nel Paese hanno aperto uffici locali.

La francese Montefiore Investment ha aperto un ufficio a Milano nel settembre 2022, seguito dall’acquisizione di una quota di maggioranza nel general contractor del settore retail di lusso Exa nel 2023, la sua prima operazione in Italia.

A&M Capital Europe, un fondo di private equity di medio mercato con sede a Londra, prevede di aprire un ufficio a Milano all’inizio del prossimo anno.

Francesco Di Trapani, consulente senior di Pemberton, che segue Italia e Spagna in qualità di responsabile per l’Europa del Sud, ha affermato che il crescente interesse del private equity significa un aumento del business per i fondi di credito in Italia.

La società di consulenza Deloitte prevede che la percentuale di operazioni di private equity finanziate da fondi di credito salirà al 15,8% del totale nel secondo semestre, rispetto al 10,5% del primo e all’8,6% dello scorso anno.

Pemberton, con sede a Londra, ha lavorato a tre operazioni in Italia quest’anno, tra cui il buyout del gruppo ingegneristico Officine Maccaferri da parte del fondo Ambienta, dove le banche JPMorgan, Intesa Sanpaolo e UniCredit, che hanno fornito finanziamenti a breve termine, hanno coperto il 40% del finanziamento totale.

In Italia vengono offerte tipicamente tra le cinque e le dieci operazioni al di sopra della soglia dei 100 milioni di euro, e Di Trapani ha detto che, dato il numero di concorrenti in quella fascia di dimensioni, ogni fondo ottiene due o tre operazioni all’anno.

“La previsione è che il totale possa salire a 15-20 all’anno, attirando nuovi operatori”, ha detto, citando tra i fattori positivi la stabilità politica in Italia.

Secondo Claudio Scardovi, partner di Deloitte a Milano, il mercato del credito si trova ad affrontare ostacoli dovuti alla mancanza di investitori per gli operatori nazionali che potrebbero essere attivi accanto a pesi massimi come Ares.

I grandi operatori del settore, in grado di attrarre investitori internazionali, in genere puntano a operazioni con finanziamenti di almeno 50 milioni di euro. La dimensione media delle operazioni in Italia è di pochi milioni di euro e sarebbe adatta a piccoli fondi di credito domestici.

“Ce ne sono molti, ma spesso faticano a raccogliere fondi perché si focalizzano su un solo paese e hanno dimensioni inferiori alla media”, ha detto Scardovi.

(Tradotto da Laura Contemori, editing Andrea Mandalà)

 

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