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La riserva di rivalutazione/riallineamento ex art. 110 del DL 104/2020, per la quota parte corrispondente in misura proporzionale agli ammortamenti non ancora effettuati, concorre al calcolo del patrimonio netto 2021 ai fini della determinazione dell’importo massimo del contributo straordinario dovuto per il 2023 dai soggetti appartenenti al settore energetico e petrolifero.
Tali sono le indicazioni dettate dall’Amministrazione finanziaria nella recente risposta a interpello n. 158/2024, ove la stessa ha chiarito come i principi espressi nella risposta n. 339/2023 con riferimento alla riserva cash flow hedge non possano ritenersi estensibili alla fattispecie prospettata.

Si ricorda che in tale precedente l’Agenzia è giunta alla conclusione di escludere la riserva CFH dal calcolo del patrimonio netto 2021 sulla base: dell’indisponibilità e conseguente non distribuibilità di detta riserva, nonché sua irrilevanza ai fini degli artt. 2446 e 2447 c.c.; del fatto che tale riserva accoglie componenti temporanee per natura che, dunque, non possono esser considerate manifestazione di extraprofitti; della non inclusione della stessa ai fini del computo del patrimonio netto nella determinazione dell’importo rilevante ai fini ACE.

Il caso trattato dalla risposta in commento, diversamente, riguarda una società che ha presentato interpello sulla scorta delle argomentazioni della risposta n. 339/2023, ravvisando, in particolare, come le due riserve in esame (riserva CFH e riserva di rivalutazione ex DL 104/2020) abbiano in comune:
– la caratteristica di non poter essere considerate, in sede di prima iscrizione, rappresentative di utili effettivamente realizzati, in quanto ambedue derivanti da un processo valutativo che rinvia il tempo dell’effettivo “realizzo” al momento in cui i relativi componenti reddituali transitano a Conto economico (attraverso la copertura dei flussi a opera del derivato per la prima, ovvero l’ammortamento o la plus/minusvalenza da cessione del cespite per la seconda);

– la peculiarità del loro trattamento ai fini ACE; difatti, l’Agenzia ha confermato la totale irrilevanza della riserva da CFH ai fini del computo del patrimonio netto nella determinazione dell’importo rilevante per l’agevolazione (risposta n. 284/2021), come anche degli utili da fair value. Similmente, con riferimento alle riserve di rivalutazione è stato chiarito come queste assumano rilevanza ai fini ACE non già dal momento della loro iscrizione, bensì quando riclassificate in riserve disponibili, al momento dell’eventuale cessione o dismissione del cespite rivalutato o, ancora, nell’ipotesi e in misura pari alla quota di ammortamento degli stessi valori, a ulteriore riprova dell’impossibilità di considerarle quale indice di capitalizzazione dell’impresa (ex multis, circ. n. 21/2015 e risposta n. 889/2021).

Da qui l’assimilabilità, per i fini che interessano, delle due riserve, pur mantenendo le stesse le loro innegabili peculiarità.
Tuttavia, nella risposta in commento, l’Agenzia non ha condiviso le argomentazioni del contribuente, adducendo a sostegno della propria decisione, in primis, che quando il legislatore, nel delineare il contributo, ha voluto “normare” il trattamento di particolari voci lo ha fatto espressamente, e quindi il fatto di non aver previsto disposizioni specifiche sulla riserva di rivalutazione implica, a contrario, che tale riserva non debba rappresentare alcuna eccezione nel calcolo del contributo. Il riferimento, in particolare, è all’art. 5 del DL 34/2023, in seguito abrogato, che aveva parzialmente escluso dal calcolo del reddito incrementale del 2022 i reversal delle riserve in sospensione d’imposta.

Le indicate argomentazioni, a parere di chi scrive, presentano però profili di possibile incoerenza. Anzitutto, si rileva come il limite del patrimonio netto non vada inteso quale espressione di extraprofitti, bensì come indicatore massimo del contributo per non compromettere la continuità aziendale del contribuente; sicché, come già reso evidente dalla risposta n. 339/2023, occorre assumere il patrimonio netto in via analitica, indagando sulla natura delle poste che lo compongono per valutarne la coerenza con la ratio delle norme sul contributo che imporrebbero di considerare le voci rappresentative di effettiva “ricchezza” e “disponibilità” dell’impresa, escludendo quelle non espressive di un effettivo incremento di risorse.

Ancora, se, secondo l’Agenzia, dall’assenza di specifiche disposizioni normative circa la rilevanza/irrilevanza di alcune voci (tra cui le riserve da assoggettare al calcolo del limite del patrimonio netto), deriverebbe la chiara volontà del legislatore di includerle nel calcolo del contributo, è anche vero che la stessa Agenzia ha integrato il dettato normativo in più occasioni: si pensi proprio alla risposta n. 339/2023, ove ha concluso per l’irrilevanza delle riserve di CFH ai fini del limite del patrimonio netto (quando la norma non prevede alcuna “analisi” del medesimo) o, ancora, a una risposta non pubblicata ove ha escluso, per l’assenza di extraprofitto, l’applicazione del contributo al tollee che agisce in qualità di mero trasformatore di materie prime in energia (quando la norma prevede specifiche esclusioni – tra cui non rientra il tollee – e individua i soggetti passivi in base al codice attività).

Infine, sempre nella risposta n. 339/2023, l’Agenzia, a supporto della sua posizione, ha valorizzato le argomentazioni dell’allora istante circa l’irrilevanza ai fini ACE della riserva di CFH, estendendo al calcolo del contributo una previsione propria di un’altra norma, completamente indipendente; tale approccio rende ancora meno comprensibile il motivo per cui, a parità di trattamento ai fini ACE, non sia stato esteso alla riserva di rivalutazione quanto chiarito per la riserva CFH.

 

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