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I diritti del debitore nei confronti di call center, società e agenzie di recupero crediti: pignoramenti, segnalazioni nelle banche dati dei cattivi pagatori, ufficiale giudiziario, decreto ingiuntivo, saldo e stralcio; cosa bisogna sapere per difendersi.

Impariamo a difenderci dalle società di recupero crediti: è vero che i debiti vanno pagati, ma è anche vero che il creditore non può ricorrere a mezzi scorretti, ossessivi e con bugie di ogni tipo pur di riscuotere quanto a lui dovuto. I call center, peraltro, sono caratterizzati anche da una forte aggressività, dovuta al fatto che tanto il dipendente al telefono, quanto la società da cui questi dipende guadagnano solo se e in percentuale a quanto riscosso. Il che evidenzia come la lotta sia

impari. Da un lato, infatti, c’è il solo debitore, spesso ignorante dei propri diritti e delle facoltà che spettano alla controparte; dall’altro ce ne sono ben tre: il creditore, la società di recupero crediti e il suo dipendente, tutti interessati – in quota parte – a ottenere il pagamento.

In questo quadro, la legge prevede dei veri e propri diritti del debitore, che potremo riassumere in un vero e proprio decalogo, al termine del quale daremo anche alcuni suggerimenti su come “trattare” un eventuale saldo e stralcio, ossia un accordo per ridurre l’importo dovuto.

I diritti del debitore

Orari e luoghi delle telefonate

Il

numero dal quale l’operatore del call center chiama non deve mai essere oscurato, bensì interamente visibile. Inoltre, questi ha l’obbligo di presentarsi con nome e cognome, indicando il nome della società da cui chiama e senza millantare titoli inesistenti. Spesso, invece, succede che i dipendenti dell’agenzia di recupero crediti si presentino spendendo il nome dello stesso creditore (per es.: “Siamo della Banca X” e non invece “Siamo della società Y, incaricata dalla banca X”), il che è evidentemente falso e non corretto. Il debitore quindi ha diritto a chiedere il nome dell’operatore e della società di call center da cui questi sta chiamando.

Allo stesso modo, avviene che i telefonisti si presentino con il titolo di “avvocato”, in luogo di semplici “dottori in legge” o di “ex avvocati”. È chiaro che si tratta di un rimedio per aumentare il timore nel debitore. Tuttavia, è bene ricordare che l’avvocato non può essere, per legge, dipendente di una società (potendo svolgere attività solo come libero professionista). Inoltre l’accaparramento indebito di un titolo costituisce illecito.

Non esiste una norma che stabilisca in quali momenti della giornata è possibile telefonare al debitore; tuttavia la giurisprudenza e il garante della privacy hanno più volte parlato di un divieto di chiamate ad orari irragionevoli e con frequenza superiore al dovuto. Il che da un lato si può ritenere che il call center possa raggiungere il debitore solo negli ordinari orari di lavoro e, dall’altro, che sono interdette più telefonate nell’arco dello stesso giorno o a distanza di un giorno soltanto, salvo che ciò non sia motivato da ragioni di stretta necessità (per esempio, l’imminente scadenza del termine ultimo per l’invio di una prova di pagamento).

La ricerca del numero di telefono del debitore spesso avviene acquisendo informazioni da parenti, colleghi o vicini di casa. Ciò non è illecito nella misura in cui, però, il telefonista non riveli le finalità di tale richiesta.

Allo stesso modo, è illecito contattare il debitore in luoghi diversi dalla propria residenza (salvo che il debitore abbia fornito numeri alternativi all’atto della conclusione del contratto con il creditore). Così, è vietata la telefonata presso il posto di lavoro, la casa di familiari o altri parenti, amici e conviventi.

La registrazione della telefonata con la società di recupero crediti

L’operatore del call center non può registrare la telefonata senza il consenso del debitore.

Al contrario, il debitore che sia stato contattato presso la propria utenza ha diritto a registrare la conversazione per far valere il proprio diritto in un’eventuale causa o per sporgere querela contro l’operatore. Secondo infatti la Cassazione, è lecito registrare una conversazione tra soggetti presenti, all’insaputa di questi, per tutelarsi in giudizio. Chi, infatti, partecipa a una discussione accetta anche il rischio di essere registrato.

Offese, ingiurie e stalking della società di recupero crediti

Il telefonista non può usare un linguaggio aggressivo e violento, nel qual caso, pur non configurandosi il reato di minaccia o di violenza personale, potrebbero scattare, qualora vi sia reiterazione, gli atti persecutori (stalking).

Chi utilizza un lessico volgare non può essere più querelato per ingiuria, poiché tale illecito è stato depenalizzato. La vittima ha solo l’arma di un’azione civile per il

risarcimento del danno, dovendo però dimostrare la condotta illecita. Questo potrebbe essere grosso un problema: infatti, se nell’ambito del giudizio penale, la dichiarazione della vittima può diventare prova, nel giudizio civile essa non è ammissibile. Atteso allora che le telefonate avvengono solo tra due persone e non vi possono essere altri testimoni (salvo l’utilizzo del “viva voce”), l’ingiuria sarà difficilmente dimostrabile e perseguibile.

Rispetto della privacy e del domicilio

La società di recupero crediti non può trattare indistintamente i dati del debitore ma solo gli estremi anagrafici, codice fiscale o partita Iva, ammontare del credito vantato (unitamente alle condizioni del pagamento) e recapiti (anche telefonici), di norma forniti dall’interessato in sede di conclusione del contratto o comunque desumibili da elenchi o registri pubblici.

Il debitore ha diritto di chiedere la rettifica dei dati o la cancellazione degli stessi dopo che abbia estinto il debito.

Nel caso di visita domiciliare è diritto del debitore non aprire: gli incaricati del call center, infatti, sono semplici dipendenti e non pubblici ufficiali. Questi ultimi inoltre, in caso di irreperibilità del debitore, non possono lasciare avvisi affissi alla porta o alla bacheca del condominio.

Il creditore è corresponsabile

Secondo la giurisprudenza [1], del comportamento scorretto e contrario a buona fede tenuto dalla società di recupero crediti risponde tanto quest’ultima quanto il creditore che se ne è valso (per es.: la banca, la società di telefonia, ecc.). E ciò perché grava su quest’ultimo l’obbligo di controllare l’operato dei propri collaboratori.

La prescrizione dei debiti e le società di recupero crediti

Di norma le società di recupero crediti agiscono sempre in forza del mancato adempimento di un contratto. Pertanto, la prescrizione, in questi casi, è sempre di 10 anni che inizia a decorrere dalla data di scadenza del debito (ossia dal giorno in cui sarebbe dovuto avvenire – e non è intervenuto – il pagamento). Così, per esempio, nel caso di un finanziamento.

Se però si tratta di bollette della luce, del telefono o del gas, la prescrizione è di cinque anni dalla data di scadenza della fattura.

Se il creditore o la società di recupero crediti (su delega del primo) invia una lettera di messa in mora, la prescrizione inizia a decorrere da capo. Si determina, infatti, una interruzione della prescrizione tutte le volte in cui il creditore sollecita espressamente il debitore al pagamento. È necessario che ciò avvenga con raccomandata a.r. o con posta elettronica certificata.

Le bugie delle società di recupero crediti

Per costringere il debitore a pagare a tutti i costi, alcuni dipendenti delle società di recupero crediti utilizzano delle “tecniche di convincimento” che fanno leva sul timore di pignoramenti e di espropriazioni. Ma le cose non stanno sempre come vengono riferite. Ecco allora le bugie più tradizionali:

  • se non paghi arriva l’ufficiale giudiziario a casa: non è vero nella gran parte dei casi. Innanzitutto, prima dell’ufficiale giudiziario, il creditore deve munirsi di un titolo esecutivo, ossia una sentenza o un decreto ingiuntivo. Tuttavia, se il creditore ha già tra le mani un assegno (emesso da non meno di 6 mesi) o una cambiale (emessa da non meno di tre anni) o un contratto di mutuo firmato davanti al notaio (come nel caso della banca), può far a meno della causa e passare direttamente al pignoramento. Tuttavia, anche in tale ipotesi, prima dell’arrivo dell’ufficiale giudiziario è necessaria la notifica di un ulteriore atto (di norma firmato da un avvocato): il cosiddetto precetto. Con la notifica del precetto al debitore vengono dati 10 giorni di tempo per pagare; in difetto si può procedere finalmente al pignoramento. Pertanto, se il debitore non ha pagato una bolletta del telefono, i tempi per l’esecuzione forzata sono estremamente lontani: il creditore prima dovrà notificargli il decreto ingiuntivo, attendere 40 giorni per l’eventuale opposizione, notificare il precetto e solo infine procedere con l’ufficiale giudiziario;
  • se non paghi arriva l’ipoteca sulla casa e viene messa all’asta: anche questa affermazione non è corretta. Come appena detto, prima dell’esecuzione forzata il creditore deve procurarsi un titolo esecutivo. Anche per l’ipoteca è necessario possedere detto titolo. Valgono tutte le precisazioni riportate al punto precedente;
  • se non paghi vieni iscritto nella centrale rischi della banca d’Italia e alla Crif: questa affermazione è vera solo nella misura in cui il creditore sia una banca o altro intermediario finanziario (non, per esempio, nel caso di compagnie telefoniche) e se il debito ammonta ad almeno due rate o due mensilità. In ogni caso, dalla Crif si viene cancellati automaticamente dopo un periodo prefissato (leggi: “Crif: come cancellarsi dalla banca dati”);
  • se non paghi viene l’esattore a casa: l’esattore è solo il soggetto delegato dallo Stato alla riscossione delle imposte e tale attività è oggi svolta unicamente da Equitalia. Le società di recupero crediti si valgono di propri dipendenti per tentare di ottenere il pagamento presso il domicilio del debitore. Si tratta di soggetti privati, privi di alcuna qualifica di pubblico ufficiale. È tuttavia diritto del debitore non aprire la porta o non fare entrare tale addetto;

Come operano le società di recupero crediti

Comprendere cosa possono fare le società di recupero crediti consente anche di studiare una strategia per trovare soluzioni più convenienti di trattativa.

A tal fine dobbiamo distinguere due ipotesi.

1. La società di recupero è una semplice esecutrice di un mandato da parte del creditore

Capita sempre più spesso che il creditore, prima di tentare il ricorso all’avvocato e all’azione giudiziaria, provi la carta della “telefonata” diretta o della lettera minatoria. Quindi incarica la società di recupero crediti affinché, tramite il proprio call center o gli uffici amministrativi, contatti il debitore per sollecitare il pagamento.

Tale contatto, come detto, può avvenire per telefono e/o con raccomandata a.r. Ma, se all’esito, non si ottiene il pagamento spontaneo, la pratica torna al creditore che agirà secondo le vie giudiziarie oppure potrà incaricare la stessa o altra società di recupero per un ulteriore tentativo.

In questa ipotesi è molto difficile ottenere un saldo e stralcio, cioè uno sconto, perché l’agenzia di recupero non è titolare del credito. Al massimo si può tentare la carta della dilazione o una rateizzazione a seconda degli accordi stretti tra creditore e società di recupero crediti e dei poteri a quest’ultima conferiti.

2. La società di recupero è cessionaria del credito

Diversa è l’ipotesi della cessione del credito: in tal caso il debitore si trova non più davanti a una società di recupero crediti, ma a un nuovo creditore che ha acquistato il diritto di poter agire contro di lui. In tale ipotesi, sebbene i tempi per il pagamento siano più stressi rispetto a quella precedente (ove, in caso di mora, la pratica doveva ritornare al creditore), è più facile trattare per una transazione che comporti una decurtazione delle somme da corrispondere.

Per comprendere se la società agisce come mera mandataria o in virtù della cessione del credito è necessario leggere la lettera da quest’ultima inviata ove, di norma, si fa riferimento al rapporto con l’originario creditore.

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