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Qual è la situazione economico-finanziaria del Cuore verde d’Italia? Al livello generale, in Umbria nell’ultimo anno c’è stato un calo dei consumi e della spesa privata per investimenti, in relazione all’incremento del costo dei finanziamenti; mentre la spesa pubblica è stata sostenuta dall’avvio dei lavori legati al Pnrr. Si è assistito, poi, ad una ripresa dell’occupazione, con molte le imprese che hanno concluso l’anno in positivo ma anche tanti settori imprenditoriali che hanno subito rallentamenti. Le famiglie, nonostante le condizioni più favorevoli del mercato del lavoro, hanno a disposizione meno reddito disponibile rispetto al biennio precedente il 2023. Gli enti pubblici territoriali hanno inoltre registrato una crescita sia al livello di incassi che in termini di spesa.

Elementi, quelli sopraelencati, riportati e descritti nel report annuale delle economie regionali elaborato da Banca d’Italia e presentato lo scorso 21 giugno sull’andamento economico dell’Umbria nel 2023. Analisi, suddivisa per macroaree di studio, che nel dettaglio analizza la tendenza economica in relazione alle imprese, al mercato del lavoro, alle famiglie, al mercato del credito e la finanza pubblica decentrata.

Per quanto riguarda le imprese sono state riscontrate contrazioni nel settore dell’agricoltura, dell’industria e dei servizi, comparto quest’ultimo che tuttavia ha visto un aumento per quanto riguarda il turismo con arrivi e presenze che hanno subito aumenti sostenuti in tutta la regione. A registrare un’espansione, invece, il settore dell’edilizia grazie agli incentivi fiscali legati alla riqualificazione energetica delle abitazioni e alla realizzazione delle opere pubbliche, accelerati grazie alle misure del Pnrr. Le esportazioni regionali, al contrario della stabilità registrata al livello nazionale, sono diminuite del 3,5% con un contributo positivo apportato esclusivamente dai settori della meccanica e dall’abbigliamento. È possibile, tuttavia, affermare che le condizioni economiche delle imprese sono migliorate: la quota di attività dell’industria e dei servizi a chiudere l’esercizio in utile ha raggiunto il livello più elevato dall’inizio degli anni Duemila e le aziende che hanno fatto ricorso a fonti rinnovabili hanno mostrato una migliore dinamica della redditività. La porzione di energia prodotta da fonti rinnovabili è quindi tornata ad aumentare, ma resta comunque distante dagli obiettivi nazionali.

I dati relativi al mercato del lavoro appaiono tendenzialmente positivi. Il numero degli occupati umbri è cresciuto di 2,6 punti percentuali, interessando nella maggior parte dei casi i possessori di diploma o di altro titolo di studio superiore e le fasce più anziane della popolazione. I lavoratori autonomi sono diminuiti (-6,9%) a fronte di un aumento di quelli dipendenti (+5,6%) ed è stata registrata una generale diminuzione degli inattivi. Tuttavia “negli ultimi 15 anni – come riportano dalla Banca d’Italia – i livelli occupazionali in Umbria hanno dimostrato un andamento sfavorevole nel confronto con regioni europee simili per dimensioni e struttura economica. In questi termini, ha inciso in misura significativa il calo della popolazione in età da lavoro”. Il calo demografico, infatti, graverà sempre di più sulla forza lavoro come prospettano anche le previsioni demografiche dell’Istat: rispetto al 2022, nel 2042 si prevede che la popolazione residente regionale si contrarrà del 7,7% e “a parità di tassi di attività correnti – come specificato nel report -, includendo anche la popolazione tra i 65 e i 74 anni, le forze di lavoro si contrarrebbero nello stesso periodo di circa 67.000 unità (-17,6%)”.

Ad essere diminuita invece è la ricchezza netta delle famiglie umbre che dal 2022 al 2023 è calata del 2,7% in termini nominali, parallelamente al reddito disponibile che si è ridotto per effetto dell’inflazione. Come analizzato poi dalla Banca d’Italia: “Nonostante le favorevoli condizioni del mercato del lavoro, nel 2023 i consumi delle famiglie sono cresciuti a ritmi inferiori rispetto al biennio precedente, sono invece tornati ad aumentare gli acquisti di beni durevoli, sostenuti dal ricorso alle forme di finanziamento dedicate”. La richiesta per la concessione di mutui abitativi si è affievolita, riguardando soprattutto una diminuzione di domanda da parte di clienti giovani. Sembra inoltre che le famiglie, a fronte del costante aumento dei tassi di interesse, preferiscano trasferire una parte dei depositi in conto corrente verso strumenti più remunerativi, in particolare titoli di stato i quali hanno subito un aumento del valore. 

La qualità del credito regionale appare poi soddisfacente, soprattutto in relazione agli specifici indicatori i cui valori appaiono migliori rispetto a quelli osservati al livello nazionale. “Il credito all’economia regionale – come espresso nel report – ha iniziato a contrarsi dalla primavera dello scorso anno. La dinamica si è accentuata nei mesi successivi e ha riflesso le minori richieste di finanziamenti, in connessione con l’inasprimento delle condizioni creditizie. La flessione è stata molto più marcata per le imprese, anche a causa degli ingenti rimborsi anticipati di prestiti”.

Per quanto concerne la finanza pubblica decentrata, dall’analisi appare come le entrate correnti degli enti territoriali abbiano subito un incremento con un aumento degli incassi nei comuni umbri pari al 3,2% rispetto al 2022 e un gettito tributario dei Comuni che tuttavia risulta inferiore alla media. A registrare una crescita anche le spese correnti degli enti territoriali con un incremento meno intenso che nel resto d’Italia: sono aumentate le uscite dei Comuni e delle Province, mentre la spesa relativa ai costi di gestione ordinaria da parte della Regione è scesa dello 0,6%. La sanità, che rappresenta la maggiore voce di spesa della Regione, ha mostrato una riduzione dei costi sia nella parte relativa alla gestione diretta sia in quella convenzionata. Infine “l’ammontare degli investimenti – riporta la Banca d’Italia – ha registrato un incremento rilevante, grazie all’avvio delle opere finanziate dal Pnrr e all’avanzamento più intenso rispetto agli anni precedenti nell’utilizzo dei fondi legati alle politiche di coesione. Il grado di aggiudicazione delle gare connesse con il Piano risulta più elevato rispetto alle aree di confronto”.

 

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