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Il Decreto-legge n. 212 del 29 dicembre 2023, comunemente denominato “Decreto Salva bonus”, introduce modifiche significative per quanto riguarda il superbonus 110%, le agevolazioni fiscali relative all’abbattimento barriere architettoniche e le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito disciplinate dal Decreto Rilancio. Tuttavia, come accade spesso con le nuove normative, emergono alcune potenziali difficoltà applicative.

Questo provvedimento ha suscitato diverse critiche e delusioni tra gli operatori del settore, condomini e gli intermediari finanziari. Valutato che secondo i dati Enea, i lavori ancora da realizzare nei cantieri condominiali ammontano a cifre considerevoli e l’assenza di un concreto intervento normativo potrebbe tradursi in gravi difficoltà economiche per i proprietari di immobili e in un aumento dei contenziosi legali.

In questo articolo, cercheremo di evidenziare le principali criticità applicative della nuova normativa e l’impatto concreto che potrebbe avere sulla gestione dei cantieri già avviati.

La proroga mancata e le possibili complicazioni legali

Alla vigilia dell’ultimo Consiglio dei ministri dell’anno tutti si aspettavano una mini-proroga della agevolazione fiscale. Ci si auspicava l’introduzione di uno stato di avanzamento lavori (SAL) straordinario per i condomini. Tale ipotesi, considerata da molti “rivoluzionaria”, avrebbe consentito ai condomini la possibilità di portare a termine i lavori iniziati entro la fine del 2023, mantenendo l’accesso alle aliquote più vantaggiose del 110% e del 90%, anziché subire un taglio al 70% ad una sola condizione però: presentare una documentazione che attesti un avanzamento significativo dei lavori entro metà gennaio 2024.

La normativa contenuta dal decreto 212/2023 come previsto dall’articolo 1, stabilisce invece una sorta di “sanatoria”, ma non una proroga propriamente detta. Tale sanatoria riguarda gli interventi realizzati in conformità all’articolo 119 del Decreto-legge 34/2020, per i quali si è optato per la cessione del credito o lo sconto in fattura, anziché per la detrazione diretta. Secondo questa disposizione, se entro il 31 dicembre 2023 sono stati effettuati stati di avanzamento lavori ufficiali (SAL), non sarà possibile per l’Agenzia delle Entrate recuperare le detrazioni spettanti, anche se non è stato raggiunto il requisito del doppio salto di classe energetica.

Questa norma, se da un lato può essere considerata come un tentativo di prevenire possibili contenziosi tributari tra i beneficiari delle agevolazioni fiscali e l’Agenzia delle Entrate, non sembra adeguata a gestire o limitare i contenziosi tra i committenti e gli appaltatori. Il problema principale sorge in quelle situazioni in cui, a causa della mancata proroga e del conseguente mancato completamento dei lavori entro i termini previsti, si passa da un regime di beneficio fiscale elevato (110% o 90%, a seconda dei casi) al 70%, che era la percentuale di detrazione prevista prima dell’introduzione del Decreto-legge 212/2023.

Questa situazione potrebbe portare a una serie di complicazioni legali. Da un lato, i committenti potrebbero trovarsi a dover affrontare una riduzione sostanziale del beneficio fiscale previsto. Dall’altro, gli appaltatori potrebbero essere esposti a richieste di risarcimento o a contestazioni per il mancato completamento dei lavori nei tempi previsti. Sicuramente l’assenza di una proroga per il completamento dei lavori inciderà in maniera negativa sulla gestione finanziaria degli interventi stessi, soprattutto per coloro che hanno pianificato i lavori basandosi sulla disponibilità del superbonus con un orizzontale temporale più esteso.

Lo scontento delle associazioni di categoria

All’indomani dell’entrata in vigore del nuovo decreto le maggiori associazioni rappresentanti il settore edile hanno espresso un giudizio negativo.

La Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media impresa ha stimato che circa 25.000 cantieri condominiali potrebbero non riuscire a concludere i lavori, un timore condiviso dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri. Quest’ultimo, in particolare, ha espresso la sua netta contrarietà alla decisione, ritenendo che una semplice estensione dei termini per i lavori già iniziati sarebbe stata una soluzione più equa e sufficiente. L’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) ha evidenziato che il piano di aiuti introdotto dal decreto Superbonus influenzerà circa 50 milioni di euro di lavori, ma gli interventi ancora da completare nei condomìni ammontano a quasi 13 miliardi. Le risorse a disposizione, secondo l’ultimo report di Enea sul Superbonus, copriranno solo un condominio su cento. Vi è anche preoccupazione per l’annuncio di Poste Italiane, che a partire dall’8 gennaio 2024 non acquisterà più crediti maturati per interventi realizzati nel 2023. Contro Poste Italiane è stata avviata una class action da parte dell’associazione Cande (Class Action Nazionale dell’Edilizia), che ha tentato senza successo una mediazione, ma senza ottenere risultati positivi.

Disparità di trattamento in base al reddito

L’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo introduce una misura di sostegno finanziario destinata ai soggetti con un reddito non superiore a 15.000 euro a condizione che tali interventi abbiano raggiunto uno stato di avanzamento lavori non inferiore al 60% entro il 31 dicembre 2023, per beneficiare del contributo per le spese sostenute dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024.

Dalla disposizione in commento emergono due aspetti peculiari:

  • disparità all’interno del contesto condominiale: la norma crea una potenziale discrasia tra i condòmini, basata sul reddito e potrebbe portare a disuguaglianze all’interno della compagine condominiale, in quanto il contributo è riservato esclusivamente ai soggetti con reddito inferiore a 15.000 euro. Questo criterio di selezione potrebbe generare disaccordi e tensioni tra i condòmini, specialmente in contesti in cui la differenziazione dei redditi è marcata, creando inevitabilmente una discriminazione tra condomini abbienti e meno abbienti;
  • limitazione temporale del contributo: la disposizione stabilisce un periodo limitato (da gennaio a ottobre 2024) per il riconoscimento del contributo. La limitazione temporale potrebbe avere un impatto significativo sull’efficacia del sostegno offerto e sulla pianificazione degli interventi da parte dei beneficiari.

 

Il bonus barriere architettoniche depotenziato

Il nuovo decreto sul Superbonus ha introdotto una serie di modifiche mirate ad ottimizzare l’ambito di applicazione di questa agevolazione fiscale. Le modifiche previste prevedono l’agevolazione al 75% solo per una serie specifica di interventi, escludendo alcune tipologie di automazione. Inoltre, dal primo gennaio 2024, la cessione del credito è stata limitata alle parti comuni dei condomini con uso abitativo e alle persone fisiche con redditi inferiori a 15mila euro.

Queste modifiche sembrano mirare alla tutela delle persone con disabilità, assicurando che il bonus venga impiegato in maniera appropriata e concentrato sulla reale eliminazione delle barriere architettoniche. Inoltre, si intende circoscrivere e precisare l’ambito di applicazione del beneficio fiscale, regolamentando le modalità di fruizione attraverso una riorganizzazione dell’ambito di applicazione dell’agevolazione esistente, senza introdurre nuovi oneri.

Tuttavia, le Associazioni del settore edilizio prevedono serie ripercussioni a seguito di questi cambiamenti. La restrizione improvvisa e significativa della normativa potrebbe avere impatti negativi sul settore edilizio, il quale ha basato accordi e pianificazioni produttive sul bonus precedentemente stabilito al 75%.

La revisione della normativa solleva questioni importanti riguardo al bilanciamento tra la necessità di un utilizzo mirato delle risorse pubbliche e la protezione degli interessi dei cittadini e delle imprese.

I poteri di controllo discrezionale dello Stato

Il Decreto Legislativo n. 212/2023 segue la linea tracciata dal Decreto Semplificazioni Bis (DL 77/2021), che ha introdotto modifiche importanti, in particolare all’articolo 119 del Decreto Rilancio.

Ricordiamo che il citato Decreto Rilancio (DL 34/2020) all’articolo 119 disciplina le procedure edilizie, semplificando alcuni aspetti burocratici. Successivamente, il Decreto Semplificazioni Bis ha ulteriormente snellito queste procedure, eliminando la necessità dell’attestazione dello stato legittimo dell’immobile per la presentazione della Comunicazione Inizio Lavori Asseverata Semplificata (CILAS), mantenendo però il diritto della pubblica amministrazione di verificare la legittimità dell’immobile oggetto d’intervento.

Il DL 212/2023, si inserisce in questo percorso di semplificazione, apportando un’ulteriore novità: ai sensi dell’ultimo comma del numero 1 dell’articolo 1 del decreto riserva allo Stato la facoltà di verificare il rispetto dei requisiti necessari per accedere alle agevolazioni fiscali e altri benefici previsti dalla normativa, anche in modo parziale.

La possibilità per lo Stato di verificare il rispetto di questi requisiti, anche in modo parziale, introduce un elemento di discrezionalità nell’applicazione della norma, che potrebbe essere interpretato come un tentativo di bilanciare la necessità di controllo con la volontà di promuovere l’attività nel settore. La norma del decreto lascia spazio a interpretazioni labili perché conferendo allo Stato la facoltà di verificare il rispetto dei requisiti in maniera anche parziale, si introduce un elemento di discrezionalità amministrativa. Questo potrebbe comportare una varietà di approcci a livello locale e regionale, con potenziali differenze nell’applicazione della normativa a seconda dell’interpretazione delle autorità competenti.

 

 

 

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