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Un’addizionale Ires, tra lo 0,5% e l’1%: potrebbe prendere questa forma il contributo che imprese, mondo bancario e assicurativo saranno chiamati a dare in vista della manovra. Una via che gli istituti di credito sembrano però intenzionati a respingere per evitare un impatto sui conti. La trattativa andrà probabilmente ancora avanti prima che la legge di bilancio sia approvata dal Consiglio dei ministri e le ipotesi restano tutte aperte.

Trovare le coperture resta una missione difficile. E il dato sul Pil fornito nelle ultime 24 ore dall’Istat qualche perplessità in più sull’andamento dell’economia italiana potrebbe farla nascere. L’istituto di statistica ha rivisto al ribasso la stima tendenziale sul Pil del secondo trimestre, ma soprattutto ha tagliato – peraltro con una correzione arrivata in un secondo momento – la crescita acquisita per il 2024, portandola dallo 0,6% allo 0,4%. Se il +1% scritto dal governo nel Piano strutturale di bilancio della scorsa settimana, ribadito anche dallo stesso Giorgetti, sembrava fino a poche ore fa un risultato praticamente già messo in tasca, le certezze potrebbero ora cominciare a vacillare.

E se la crescita non centrasse l’obiettivo, anche il lavoro del governo si farebbe più complicato. Meno crescita vuol dire meno entrate e più deficit, oltre che maggiore pressione fiscale. Nel secondo trimestre in cui l’Istat ha rivisto la crescita al ribasso, il peso del fisco rispetto al Pil è stato pari al 41,3%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il dato risente degli aggiustamenti statistici ma, considerate le tensioni nate sulla questione tasse all’interno della maggioranza, rischia di non passare inosservato visto che proprio sulle tasse l’opposizione ha gioco facile ad attaccare e rischiano di giocarsi anche gli equilibri tra gli alleati. Sul tavolo c’è innanzitutto il nodo accise. Il governo ha chiarito che non si tratterà di un aumento tout court di quelle sul diesel ma di un allineamento tra benzina e gasolio. L’Unem ha quindi rifatto i calcoli sottolineando che “nell’ipotesi estrema” in cui la misura si traducesse nell’equiparazione dell’accisa sul gasolio a quella della benzina, l’effetto sarebbe un aumento immediato dei prezzi al consumo del gasolio di 13,5 centesimi di euro al litro, ovvero in un maggiore esborso per le famiglie di quasi 2 miliardi di euro, pari a circa 70 euro all’anno.

C’è poi il tema sigarette, per le quali gli oncologi hanno proposto un maxi-aumento di 5 euro a pacchetto come sostegno al Sistema sanitario nazionale, la cui sostenibilità finanziaria, osserva il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, “sarà sempre più legata alla capacità di agire sulla dimensione della prevenzione”. Ma c’è soprattutto il tema del ‘contributo’ delle imprese e del mondo bancario e assicurativo, poco inclini ad accettare di un’addizionale Ires. Una risposta piuttosto esplicita arriva da Augusto Dell’Erba, presidente di Federcasse-Bcc, secondo cui “i prelievi forzosi e improvvisi, peraltro su redditi già generati, quindi con una forma di retroattività, non sono il modo migliore per gettare le basi per un reale rilancio del Paese”. La prende più alla larga Antonio Patuelli che però spiega come “più le tasse sono alte, più la ricchezza e i valori vanno via”. Il presidente dell’Abi manda il suo messaggio: vede una legge di bilancio “meno drammatica di quello che può apparire”, anche perché “i germogli di ripresa e di legalità portano maggiori introiti allo Stato”.

L’idea di un contributo delle grandi imprese è invece condivisa da Luigi Sbarra della Cisl e da PierPaolo Bombardieri della Uil che definisce quella del ministro dell’Economia Giorgetti “una dichiarazione di buon senso”. E un’aliquota “pesante” sulla ricchezza prodotta viene invocata anche dalla segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David. Di Ires, ma non come addizionale, hanno peraltro discusso il titolare di via XX Settembre e il presidente di Confindustria Emanuele Orsini in un incontro con al centro il piano casa proposto dagli industriali, ma anche “la premialità Ires, come scritto nella legge delega fiscale, per chi fa investimenti”. “L’obiettivo – ribadisce il il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo – è la riduzione della pressione fiscale”. 

 

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