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La prossima manovra di bilancio richiederà “sacrifici da parte di tutti”. E’ bastata questa frase del ministro Giancarlo Giorgetti a scatenare il panico tra le fila del governo e provocare anche uno scrollone al ribasso per Piazza Affari (che poi ha chiuso a -1,5%, la peggiore in Europa).

Allo scoccare delle 14 di ieri è arrivata come un fulmine a ciel sereno l’intervista registrata del ministro dell’Economia è all’all’evento di Bloomberg «Future of Finance Italy», con esplicito richiamo a uno sforzo collettivo. “Ci sarà un appello generale a tutti a contribuire, non solo alle banche”, ha detto Giorgetti. “Facciamo tutti parte di un paese che è stato chiamato a mettere ordine nei suoi conti. . . e tutti devono dare il loro contributo”.

Sacrifici per tutti, è caos. Irritazione Meloni e poi la precisazione

Parole che hanno sorpreso palazzo Chigi e sono circolate voci di una certa irritazione da parte di Giorgia Meloni per l’uscita non concordata da parte del ministro. Giorgetti non ha mai messo in conto di avvisare la premier che ieri, stando a quanto ricostruiscono oggi i giornali, ha dovuto dare conto ai banchieri che chiamavano per chiedere spiegazioni.

Sta di fatto che in serata arriva il chiarimento del Mef: non è allo studio nessuna nuova tassazione per le persone fisiche. Già prima era intervenuto a spegnere il fuoco della polemica il sottosegretario all’Economia, Federico Freni: “Non c’è allo studio alcun aumento delle tasse per nessuno. Nuove tasse non fanno parte del Dna di questo governo”.

Allora a cosa sta lavorando il governo per reperire le coperture necessarie per la Manovra 2025? Di certo Giorgetti sta guardando alle grandi imprese, in particolare quelle hanno beneficiato maggiormente del contesto economico degli ultimi anni e più possono contribuire a ridurre il deficit di bilancio del paese. L’Italia è sotto procedura d’infrazione e il nuovo Piano strutturale di bilancio (Psb) pluriennale mira a ridurre il deficit sotto al 3% del Pil nel 2026, e poi portarlo all’1,8% nel 2029 quando è atteso un avanzo primario strutturale da 55 miliardi di euro.

Tremano le banche e Leonardo

Giorgetti ha menzionato le aziende della difesa come possibili obiettivi, osservando che stanno andando molto bene. Parole che ieri hanno fatto indietreggiare Leonardo di oltre il 2%.

Sotto il radar del governo ci sono soprattutto le banche anche se Giorgetti ha precisato che “non ci sarà una ripetizione della narrativa o una discussione sugli extra-profitti delle banche“, riferendosi alla mossa a sorpresa dello scorso anno presentata ad agosto e poi significativamente annacquata dopo che le azioni bancarie erano crollate. L’Associazione bancaria italiana (Abi) ha dichiarato la scorsa settimana che sta valutando “ulteriori misure che potrebbero rendere disponibile una maggiore liquidità per il bilancio dello Stato”. Misure, ha specificato l’Abi, che dovranno essere temporanee.

Stamattina gli analisti di Banca Akros segnalano che il settore bancario italiano dovrebbe registrare quest’anno circa 50 miliardi di euro di utili netti aggregati, mentre il settore della difesa registrerà profitti netti aggregati per 1 miliardo circa con Leonardo che fa la parte del leone (0,8 miliardi).

Stock options, ecco chi rischia

Nello specifico l’idea del Tesoro sarebbe quella di un contributo bancario una tantum intervenendo sulla quota annuale delle deduzioni sulle svalutazioni dei crediti e sugli avviamenti, ossia le imposte differite attive (Dta).L’ipotesi sul tavolo è quello di congelare in tutto o in parte la quota di utilizzo relativa al 2025. Come spiega oggi Il Messaggero, la banca che ha maturato questo credito per il 2025, non utilizzerà tale deduzione e ne rinvia l’utilizzo. L’istituto pagherà quindi più tasse assicurando un maggior gettito alle casse pubbliche. Le cifre in ballo. spiega il Sole 24 Ore, sarebbero tra gli 1,2 e i 2 miliardi.

C’è poi allo studio una misura sulle stock options dei banchieri e anche dei top manager di tutte le società che adottano questo sistema incentivante. Sulle stock options, sulla base di piani da 3-5 anni, le aziende fanno deduzioni annuali fino alla conclusione del piano incentivante. Nell’ipotesi allo studio, tale deduzione sarebbe unica alla fine del piano, di modo che lo Stato beneficerebbe di maggiori entrate negli anni precedenti la conclusione. Le società che danno le stock options ai manager non sono tante: Il Messaggero fa un breve elenco: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Bpm, Bper fra le grandi banche; Poste, Moncler, doValue e altre.

Come detto, non solo banche. Altre indiscrezioni vedono sul tavolo dei tecnici del Mef anche il modello della Robin hood tax targata Giulio Tremonti e che nel 2008 raccolse 4 miliardi. Stando a quanto riporta oggi “Repubblica”, potrebbe prendere forma un’addizionale Ires selettiva solo su determinati settori e progressiva, ossia da una certa soglia di utili in su, per non incappare nello stop della Consulta. Questo spiegherebbe il passaggio dell’intervista In cui Giorgetti fa riferimento all’articolo 53 della Costituzione (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva»…«il sistema tributario è informato a criteri di progressività”).

 

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