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La Cassazione sulla presunta nullità dei mutui garantiti da MCC #finsubito prestito immediato


La Suprema Corte ha cassato per nullità della motivazione il decreto del Tribunale di Torino che aveva rigettato la opposizione allo stato passivo presentata da una Banca ritenendo nullo il contratto di mutuo ex art. 1418 c.c. poiché aveva individuato nella condotta del Banca stessa un’ipotesi di concorso nel reato di bancarotta semplice ex art. 217, n. 4, l.fall.

La Suprema Corte, in uno dei suoi primi interventi sulla tema della asserita nullità, per contrarietà a norme imperative anche di carattere penale, dei contratti di mutuo garantiti dal Fondo di Garanzia gestito da MCC (nella specie si trattava di finanziamento concesso ai sensi dell’art. 13, comma 1, lett. m), del D.L. n. 23/2020, convertito dalla L. n. 40/2020, c.d. “Decreto liquidità”), ha cassato con rinvio il decreto del Tribunale di Torino che aveva rigettato la opposizione al passivo presentata dalla Banca ritenendo nullo il contratto di mutuo ex art. 1418 c.c..

Secondo il Tribunale di Torino, infatti, con la violazione da parte della Banca del principio di prudente valutazione del merito creditizio, ex art. 5 TUB, espressione della diligenza qualificata esigibile dal bonus argentarius ex art. 1176, comma 2, c.c., si sarebbe realizzata una compartecipazione nel reato di bancarotta semplice per ritardata dichiarazione di fallimento ex art. 217, comma 1, n. 4), l.fall..

La Banca, difesa dal nostro studio, aveva impugnato il decreto spiegando cinque motivi di ricorso.

Con il primo motivo la Banca ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, comma 1, lett. m), D.L. 8 aprile 2020, n. 23, per avere il Tribunale di Torino dichiarato nullo il mutuo chirografario ex art. 1418 c.c. a causa della ritenuta negligenza della Banca nella valutazione del merito creditizio della società finanziata, poi fallita, assumendo che il correlato obbligo di diligenza del bonus argentarius non sarebbe stato derogato dal D.L. n. 23 del 2020.

Tale motivo è stato rigettato in quanto la Corte, in sintesi, ha ritenuto che anche i finanziamenti effettuati sulla base della lett. m) dell’art. 13, comma 1, D.L. n. 23/2020 fossero soggetti alla necessità di istruttoria da parte della Banca finanziatrice, atteso che era solo la garanzia del Fondo che poteva considerarsi esente dall’istruttoria sulla base della lettera della legge.

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La Corte ha, invece, esaminato congiuntamente ed accolto i nostri ulteriori quattro motivi di ricorso in considerazione della nullità della motivazione del decreto, in quanto non in grado di superare la soglia del c.d. “minimo costituzionale”.

Nello specifico, la Corte, preso atto che il Tribunale di Torino ha fondato la dichiarazione di nullità del finanziamento concesso dal Banco sulla base del ritenuto concorso nel reato di cui all’art. 217, comma 1, n. 4, l.f. in capo al Banco medesimo, ha rilevato, in adesione ai nostri motivi di ricorso, che il Tribunale non ha in alcun modo tratteggiato né l’elemento oggettivo né quello soggettivo del reato ipotizzato, né tantomeno le modalità del concorso della banca, quale soggetto extraneus.

Si legge in motivazione:

“4.1. – Al di là delle ampie considerazioni svolte in termini generali e astratti sul tema della concessione abusiva del credito, la decisione del tribunale è chiaramente incentrata, in concreto, sull’ipotizzato concorso della banca finanziatrice nel reato di bancarotta semplice ex art. 217, comma 1, n. 4, l.fall. E’ infatti questa la causa di nullità ravvisata nel contratto di mutuo.  Ed allora a venire in rilievo non è tanto l’orientamento di questa Corte in base al quale l’erogazione del credito che sia qualificabile come abusiva – in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad un’impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed in assenza di concrete prospettive di superamento della crisi – integra un illecito del soggetto finanziatore, per essere questi venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione, obbligando il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda un aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività di impresa (Cass. 29840/2023), quanto un profilo prettamente penalistico ridondante, sul piano negoziale, in un vizio di nullità.

4.2. – Sennonché, il precedente di questa Corte evocato nel decreto impugnato (Cass. 16706/2020), così come un’analoga pronuncia successiva (Cass. 4376/2024), sono caratterizzati dall’accertamento di peculiari condotte delittuose. In particolare, nel primo caso il credito insinuato al passivo fallimentare derivava da forniture a credito effettuate a un imprenditore in crisi, che veniva così a indebitarsi ulteriormente, aggravando il proprio dissesto – con integrazione della fattispecie penalistica di cui all’art. 217, comma 1, n. 4 l.fall. – nel contesto di un disegno del fornitore finalizzato a rilevarne gli asset, tramite una forma di finanziamento dissimulato, erogato in più tranches a fronte di forniture non eseguite, tanto che la condotta è stata descritta come «una disinvolta attitudine “predatoria” nei confronti di soggetti economici in dissesto». Nel secondo caso invece il credito insinuato al passivo fallimentare riguardava un finanziamento per oltre due milioni e mezzo di euro erogato da un socio amministratore a società in totale dissesto, finalizzati a procrastinarne il fallimento, nel contesto di un’attività truffaldina e fraudolenta che aveva avuto ampio risalto mediatico.

4.3. – Nulla di tutto ciò nel caso in esame, in cui il tribunale non ha in alcun modo tratteggiato né l’elemento oggettivo né quello soggettivo del reato ipotizzato, né tantomeno le modalità del concorso della banca, quale soggetto extraneus. È dunque evidente che, sotto questo profilo, la motivazione non supera la soglia del cd. “minimo costituzionale” [n.d.r. enfasi aggiunta].

In tale prospettiva, a noi pare particolarmente significativo che la Corte – evidenziando la particolarità delle relative fattispecie – abbia ritenuto non direttamente applicabili al caso in esame i precedenti di legittimità di cui Cass. 16706/2020 e Cass. 4376/2024.

Detti precedenti vengono, infatti, normalmente citati in casi analoghi a questo al fine di legittimare la possibilità di dichiarare la nullità dei finanziamenti bancari per violazione dell’obbligo di diligenza nell’esame del merito creditizio.

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Pertanto, uno dei pochi e isolati precedenti di merito che ha ritenuto nullo il mutuo garantito da MCC è stato cassato per difetto di motivazione.

Non resta che attendere le prossime pronunce di Cassazione sul tema per poter prendere atto di un orientamento definito.



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