Separazione e divorzio: con l’assegnazione della casa alla moglie il marito deve continuare a pagare il mutuo alla banca: tra i mezzi di sussistenza è compreso anche l’alloggio familiare, sicché è responsabile il coniuge che fa perdere alla moglie e ai figli la casa in cui vivono.
L’uomo che non paga il mutuo sulla casa assegnata alla ex moglie è passibile di querela da parte di quest’ultima, perché così facendo commette il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. È questo l’orientamento sostenuto di recente dalla Cassazione [1]. Ma procediamo con ordine.
Se, dopo la separazione, la donna ottiene la casa familiare, l’ex marito, proprietario dell’immobile, deve continuare a
pagare le rate del mutuo. Il finanziamento contratto per l’acquisto dell’abitazione, infatti, resta un rapporto contrattuale tra lui e la banca su cui la sentenza del giudice non può interferire. L’uomo pertanto non può sospendere i versamenti dovuti alla banca – anche se la casa è sua – solo per fare un dispetto alla ex o perché lamenta delle difficoltà economiche. Se così facesse, infatti, la banca procederebbe all’esecuzione forzata, ma a farne le spese sarebbero l’ex moglie e i figli. Costoro infatti perderebbero il tetto sotto cui vivere e potrebbero ben essere sfrattati a seguito del pignoramento e della vendita all’asta dell’immobile da parte della banca creditrice. La conseguenza è facilmente intuibile: il marito che non paga le rate del mutuo sulla casa dentro la quale vivono ancora l’ex moglie e i figli è passibile di una querela per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare [2].
Se il marito non paga il mutuo e la casa assegnata alla moglie viene pignorata
Secondo quanto giustamente argomentato dai giudici supremi, nel momento in cui, a seguito della
separazione o del divorzio, il giudice stabilisce che la casa vada al genitore con cui convivono i figli, bisogna ritenere che, tra i mezzi di sussistenza che vanno garantiti alla prole, non rientri solo l’assegno di mantenimento, ma anche l’alloggio familiare. Il tetto è infatti una delle condizioni per il sostentamento al pari del denaro mensilmente accreditato sul conto. Pertanto, il coniuge che, con la sua condotta, rischia di far perdere alla moglie e ai figli l’appartamento – in particolare omettendo di contribuire al pagamento del mutuo per l’abitazione – si macchia dello stesso illecito di chi non paga il mantenimento, perché fa venir meno ai minori i mezzi necessari per la sussistenza, come appunto chi non paga l’assegno mensile.
Le parole della Corte sono lapidarie e val la pena riportarle integralmente:
«Integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il comportamento del coniuge che, pur versando le somme stabilite dal giudice civile, abbia omesso di contribuire al pagamento del mutuo contratto per l’abitazione, privando in tal modo la moglie del contributo per il mantenimento, distratto per far fronte al pagamento dei ratei del mutuo
».
Rate del mutuo non versate: come si tutela l’ex moglie?
Non versare, alla banca, le rate del mutuo sulla casa familiare, ponendo l’ex moglie e i figli con cui questa convive in uno stato di bisogno è un comportamento che può essere giustificato solo da una giusta causa. Solo in questo caso non scatta il reato. In pratica, il mutuatario titolare dell’immobile deve dimostrare di essersi trovato in una condizione di oggettiva impossibilità ad adempiere agli obblighi contratti, non per sua volontà. Non è tanto il caso di chi perde il lavoro, ma di chi, oltre a ciò, non ha altri mezzi di sussistenza. L’uomo deve quindi dimostrare, nel caso di licenziamento o di fallimento dell’azienda, di aver cercato una nuova occupazione. Se poi il marito è titolare di altri immobili, la giurisprudenza ritiene che tali beni debbano essere venduti per poter mantenere i figli e la moglie.
Peraltro è bene ricordare che l’inadempimento dell’obbligo di mantenimento in favore dei figli (minorenni e maggiorenni non autosufficienti) è un reato che non richiede necessariamente la
querela di parte, essendo procedibile d’ufficio [3].
Peraltro – osserva la Corte – perché scatti il reato non è necessario che il marito abbia smesso di pagare il mutuo con il preciso scopo di far mancare ai familiari i mezzi di sussistenza (ad esempio per dispetto alla ex e per spingerla ad andare via dall’appartamento), ma è sufficiente il fatto oggettivo che la famiglia sia stata privata, di fatto, del mantenimento.
Prevale l’ipoteca della banca trascritta prima della sentenza
C’è un altro aspetto molto importante di cui tenere conto. La Cassazione quest’anno ha emesso una sentenza che cambia il precedente orientamento in merito al diritto della moglie di abitare la casa coniugale pur in presenza di un pignoramento da parte della banca. Ci spieghiamo meglio. Prima di questa sentenza la giurisprudenza riteneva che, se anche l’immobile di proprietà del marito, adibito a casa coniugale, fosse stato ipotecato dalla banca prima della separazione, la moglie avrebbe comunque mantenuto il diritto di rimanervi a patto che avesse trascritto la sentenza di separazione/divorzio (con l’aggiudicazione dell’immobile in suo favore) prima della trascrizione del pignoramento. Questo significava che, a prescindere dal momento in cui la banca avesse iscritto l’ipoteca, la moglie poteva rimanere dentro la casa nonostante la stessa fosse stata aggiudicata all’asta a un terzo offerente. Questo indirizzo però è cambiato. Secondo la Cassazione, ora, prevale sempre l’ipoteca se anteriore alla trascrizione della sentenza di separazione/divorzio. Il che avviene quasi sempre, atteso che detta ipoteca viene iscritta nel momento in cui viene concesso il mutuo (tant’è che si chiama mutuo ipotecario). Con la conseguenza che oggi, l’unica carta che ha la ex moglie per potersi tutelare dal pignoramento della banca – per mancato pagamento delle rate del mutuo – è querelare l’ex marito, ma dovrà comunque liberare l’immobile in favore dell’eventuale aggiudicatario all’asta (leggi L’ipoteca della banca prevale sull’assegnazione della casa coniugale).
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