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Il rapporto tra banche e imprese è spesso al centro dell’attualità. Su questi temi si lavora anche nell’ambito della ricerca universitaria. Ne abbiamo parlato con Chiara Tomasi, laureata in Economia UniTrento, è ora ricercatrice presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Ateneo. È inoltre affiliata al Laboratorio di Economia e Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. È stata visiting fellow presso la Paris School of Economics e il Centre d’Economie de la Sorbonne.

Chiara, ci parli del tuo nuovo progetto di ricerca?

Il progetto si chiama CoFiBa “Connessione tra banche e imprese in Italia e in Trentino” e si occupa di studiare la relazione tra banca e impresa. Nonostante il ruolo fondamentale ricoperto dagli istituti di credito, il rapporto banca-impresa non è stato ancora indagato in modo approfondito. Per colmare questa lacuna mi sono posta una serie di domande che riguardano gli investimenti alle aziende, ossia quando si affidano a una sola banca o ricorrono a prestiti di più istituti sia a livello locale che nazionale. Ho preso in considerazione anche il ruolo giocato dalle banche cooperative nel nostro territorio e la dimensione, l’età, il livello di indebitamento di un’impresa e come incidono sui rapporti di multi-affidamento.
L’analisi dei rapporti banca-impresa di un gran numero di imprese potranno fornire una descrizione dettagliata delle scelte di finanziamento delle aziende e mettere in luce la diversità, e le caratteristiche peculiari del sistema creditizio Italiano e Trentino. Mi concentrerò anche nel tentare di comprendere il ruolo di variabili non strettamente economiche, come ad esempio le connessioni tra le varie imprese e quindi l’effetto che può avere l’appartenenza a un certa rete di relazioni. 

Perché è importante studiare questo tipo di fenomeno?

Le banche rivestono un ruolo preminente nel finanziamento delle imprese italiane: il credito bancario rappresenta oltre due terzi dei debiti finanziari delle nostre aziende, rispetto a circa un terzo in Francia nei paesi anglosassoni e alla metà in Germania. Il mercato dei capitali ha invece un peso limitato, così come il ricorso ai prestiti obbligazionari. Studiare il rapporto banca-impresa è quindi particolarmente importante per il sistema produttivo italiano. E lo è ancora di più alla luce delle turbolenze che hanno investito i diversi istituti finanziari del nostro paese negli ultimi mesi. A giudizio di molti, i problemi del sistema bancario italiano non sono legati solamente alla lunga recessione, che di certo ha pesato molto sui 360 miliardi di sofferenze lorde accumulate dalle banche italiane, ma anche ad una cultura del credito clientelare e da come viene nominata la governance. In questo contesto diventa quindi fondamentale capire il ruolo che l’appartenenza ad un certa rete sociale o la connessione con altre imprese riveste, insieme alle determinanti più tradizionali (quali la dimensione, l’età, il rapporto di indebitamento) sulle capacità di accesso al credito e sui rapporti di multi-affidamento.

Com’è nato questo progetto?

Il progetto è cofinanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio Trento e Rovereto e dal Dipartimento di Economia e Management (DEM). Nasce da una collaborazione tra il Dipartimento e SpazioDati, una start up che opera nell’ambito dei big data e della semantica. Per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti è necessario infatti creare un database contenente informazioni sul rapporto banca-impresa per un campione rappresentativo di imprese. Il lavoro di raccolta dati viene fatto quindi in collaborazione con SpazioDati, che attraverso le più moderne tecniche di analisi dei big-data è in grado di estrarre dati strutturati da vari documenti (ad esempio un tweet, una pagina web, un commento su Facebook, un testo legale, il bilancio di un’azienda) per offrire algoritmi intelligenti che aiutano a estrarre dai documenti ciò che interessa (come i concetti-chiave, nomi di persone, indirizzi, cifre). 

Fare ricerca è oggi il tuo lavoro. Era un obiettivo che avevi già al liceo?

Ad essere sincera al liceo le idee erano poche e confuse. Non appartenevo alla schiera dei pochi fortunati che già da tempo sapevano cosa fare. Mi sono iscritta alla Facoltà di Lingue, attratta forse più dalla voglia di girare il mondo che non da una vera e propria passione e dopo sei mesi ho capito che quella non era la mia strada. Ho deciso così di iscrivermi ad Economia e Commercio e mi sono appassionata allo studio dei mercati e delle imprese. La decisione di fare ricerca è nata in un secondo momento, durante la stesura della tesi di laurea. In quell’occasione, grazie anche al professore che mi ha seguito, ho scoperto il piacere della ricerca e la volontà di conoscere e di approfondire i temi economici legati alle dinamiche e politiche industriali. La mia storia insegna che si può sbagliare e che nessuna scelta è irreversibile. 

Che consiglio daresti a chi sta orientando la sua scelta universitaria sull’ambito economico?

Lo studio dell’economia è affascinante sia per chi ama le discipline umanistiche sia per chi preferisce quelle matematico-quantitative. Sicuramente una buona preparazione matematica e una sufficiente maturità logica sono requisiti utili per affrontare le discipline economiche ed aziendali. L’economia fa parte della nostra vita e lo studio dell’economia consente di trovare le risposte a problemi di cui sentiamo spesso parlare. Studiare economia aiuta a sfatare luoghi comuni e pregiudizi a distinguere con chiarezza tra causa ed effetto in un dato fenomeno.
Studiare scienze economiche offre buoni sbocchi professionali. Un elemento che definisce il mondo di oggi è la crescente complessità con la quale si devono continuamente confrontare aziende, governi, istituzioni internazionali. Questa complessità richiede maggiore capacità di analisi e lo studio delle scienze economiche è particolarmente adatto a formare tali competenze.

 

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