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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19758/2020 R.G.da:

(OMISSIS); elettivamente domiciliata in Roma, Via Alberico II n.4 presso lo Studio dell’Avvocato Giancarlo Mattiello;

rappresentata e difesa dall’Avvocato Fabio Milano, in virtÃÂÂ1 di procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di

AGENZIA DEL DEMANIO;

– intimata –

per la cassazione della sentenza n. 366/2019 della CORTE d’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 7 novembre 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 novembre 2022 dal Consigliere Relatore, Paolo SPAZIANI.

FATTI DI CAUSA

1. Con provvedimento del 23 settembre 1998, all’esito di una procedura di esecuzione immobiliare esattoriale promossa per mancato adempimento di un’obbligazione tributaria da parte di (OMISSIS), fu devoluto al patrimonio dello Stato un immobile sottoposto al regime di comunione legale tra coniugi esistente tra il debitore tributario e (OMISSIS), e da loro adibito ad abitazione familiare.

2. (OMISSIS), ottenuto l’accertamento giudiziale della comproprieta’ dell’immobile, nella misura del 50%, convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Campobasso, l’Agenzia del Demanio e la (OMISSIS) s.p.a. (agente della riscossione dei tributi), chiedendo, in via principale, la declaratoria di nullita’ o la revoca del provvedimento di devoluzione dell’immobile staggito, oltre al risarcimento dei danni subiti, e, in via subordinata, la liquidazione della quota di proprieta’ dell’immobile medesimo e la condanna dei convenuti al pagamento dell’importo corrispondente al relativo valore.

L’Agenzia del Demanio ottenne l’autorizzazione a chiamare in causa (OMISSIS) (che rimase contumace) e propose nei suoi confronti, nonche’, in via riconvenzionale, nei confronti di (OMISSIS), domanda di risarcimento del danno per occupazione abusiva dell’immobile devoluto al patrimonio dello Stato.

Il Tribunale di Isernia, adito in riassunzione dopo che quello di Campobasso si era dichiarato incompetente, dichiaro’ inammissibile la domanda principale della sig.ra (OMISSIS) e accolse quella subordinata nei confronti dell’Agenzia del Demanio, condannandola al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 27.544,37 corrispondente al valore della quota del 50% di proprieta’ dell’immobile espropriato; rigetto’, inoltre la domanda risarcitoria proposta dall’Agenzia del Demanio.

3. Con sentenza 7 novembre 2019, n. 366, la Corte d’appello di Campobasso (adi’ta con impugnazione principale dall’Agenzia del Demanio e con impugnazione incidentale da (OMISSIS)) – dopo aver escluso il litisconsorzio necessario con (OMISSIS) s.p.a. (societa’ succeduta alla (OMISSIS)) non ritualmente evocata nel giudizio di appello, rispetto alla quale doveva ritenersi passata in giudicato la pronuncia di primo grado; e dopo aver rilevato la nullita’ del rapporto processuale relativo a (OMISSIS) (per mancata notifica al chiamato dell’atto di riassunzione dinanzi al Tribunale di Isernia) con rimessione della relativa causa al primo giudice ex articolo 354 c.p.c. – ha rigettato l’appello incidentale ed ha parzialmente accolto quello principale, condannando l’Agenzia del Demanio a pagare a (OMISSIS) la minor somma di Euro 13.772,20, oltre interessi dal 23 settembre 1998 al saldo.

La Corte territoriale ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:

I- in base alla giurisprudenza di legittimita’ (sono state citate la pronuncia n. 6575 del 2013 di questa Corte e le successive conformi), la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per debiti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di piu’ beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la meta’, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla meta’ della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione;

II- di conseguenza, stante l’impossibilita’ di ricostruire il coniuge non debitore come proprietario esclusivo di una parte, anche solo ideale, del bene aggredito esecutivamente, doveva ritenersi infondato l’appello incidentale della sig.ra (OMISSIS), con il quale era stato lamentato il mancato accoglimento della domanda di annullamento o nullita’ o di revoca del decreto di alienazione dell’immobile, nonche’ di risarcimento del danno da esso conseguente;

III- al contrario, mentre doveva reputarsi inammissibile il motivo di appello principale della Agenzia con cui era stato censurato il mancato accoglimento della domanda risarcitoria per occupazione sine titulo, si profilava, invece, fondato il diverso motivo con cui era stata dedotta l’eccessiva quantificazione del valore della quota del 50% dell’immobile staggito spettante alla sig. (OMISSIS); tale quota, infatti, era stata liquidata dal Tribunale nella somma di Euro 27.544,37, sull’erroneo presupposto che il valore dell’intero immobile fosse quello di Lire 106.666.668, ad esso attribuito dal giudice dell’esecuzione sulla base della stima effettuata dal consulente tecnico d’ufficio, mentre, invece, in base alla citata giurisprudenza di legittimita’, avrebbe dovuto piuttosto farsi riferimento al valore della somma lorda ricavata dalla vendita del bene; di conseguenza, in accoglimento di tale motivo di appello principale, l’oggetto della condanna pronunciata dal primo giudice nei confronti dell’Agenzia del Demanio doveva essere quantitativamente ridotto alla somma di Euro 13.772,20;

IV- infine, la reciproca soccombenza giustificava la compensazione per la meta’ delle spese dei due gradi di giudizio, con condanna dell’Agenzia del Demanio a rimborsare alla (OMISSIS) la residua meta’.

4. Avverso la sentenza della Corte molisana propone ricorso per cassazione (OMISSIS), sulla base di quattro motivi.

Non svolge difese l’Agenzia del Demanio.

La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis 1 c.p.c..

Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

La ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va, in via preliminare, rilevato il vizio della notifica del ricorso introduttivo, per essere stato lo stesso notificato all’Agenzia del Demanio presso la sede distrettuale dell’Avvocatura dello Stato di Campobasso anziche’ presso la sede dell’Avvocatura Generale dello Stato di Roma.

Peraltro, la circostanza che il ricorso stesso debba essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, come si sta per vedere, esclude la necessita’ di procedere al rinnovo dell’atto.

Il rispetto del diritto fondamentale alla ragionevole durata del processo impone, infatti, al giudice di evitare e impedire il compimento di attivita’ processuali non giustificate dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio e dalla necessita’ di assicurare, ai soggetti nella cui sfera giuridica il provvedimento finale e’ destinato a produrre i suoi effetti, le effettive garanzie di difesa e di partecipazione al processo in condizioni di reciproca parita’.

Ne consegue che, in ipotesi di ricorso per cassazione inammissibile o infondato, risulta superfluo, quand’anche ne sussistano i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettivita’ dei diritti processuali delle parti (tra le molte: Cass., Sez. U., 22/03/2010, n. 6826; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 15/05/2020, n. 8980; da ultimo, Cass. 27/07/2022, n. 28479).

1.1. Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli articoli 2919 c.c., 555 e ss. c.p.c., Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 ART. 87, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) la ricorrente censura la decisione impugnata per avere respinto il suo appello incidentale e confermato il rigetto della sua domanda di rivendica

formulata con richiesta di annullamento del provvedimento di devoluzione al patrimonio dello Stato dell’immobile soggetto ad esecuzione esattoriale.

La ricorrente sottolinea di essere estranea al debito erariale gravante sul coniuge (OMISSIS); di essere invece proprietaria del 50% per cento dell’immobile illegittimamente alienato con l’esecuzione esattoriale; di avere gia’ esperito senza esito l’opposizione di terzo all’esecuzione; sostiene, pertanto, di essere legittimata all’esercizio dell’azione di rivendica, in conformita’ ad un, ormai risalente, orientamento della giurisprudenza di legittimita’ (viene citata Cass. 17/05/2007, n. 11455).

1.2. Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli articoli 498, 555, 567, 599, 600, 601 e ss. c.p.c. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) la ricorrente censura la decisione impugnata per aver respinto l’appello incidentale da lei proposto e confermato il rigetto della sua domanda di annullamento o revoca del provvedimento di devoluzione al patrimonio dello Stato dell’immobile soggetto ad esecuzione esattoriale, non ostante la stessa fosse affetta da gravi vizi processuali, consistenti nell’omissione degli avvisi e degli adempimenti – disciplinati negli articoli 599-601 c.p.c. – che avrebbero consentito la separazione della quota del comproprietario non debitore del cespite indiviso e la divisione dello stesso con sospensione dell’esecuzione immobiliare, nonche’ nella violazione delle disposizioni tributarie che avrebbero imposto di procedere preliminarmente ad una procedura esecutiva mobiliare e delle norme che attribuiscono al coniuge condebitore il diritto alla notificazione del pignoramento.

1.3. Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione agli articoli 191 e 194 e ss. c.c., nonche’ agli articoli 568 e 569 e ss. c.p.c.) la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver parzialmente accolto l’appello principale dell’Agenzia del Demanio, riducendone la condanna all’indennizzo per l’alienazione della sua quota, determinata, non gia’ con riferimento al valore del bene, quale stimato dal perito nominato nella procedura esecutiva, ma con riferimento al ricavato lordo della vendita a seguito dei ribassi degli incanti succedutisi nella procedura medesima.

2. I primi tre motivi di ricorso – da esaminare congiuntamente in ragione della reciproca connessione – sono inammissibili, ai sensi dell’articolo 360-bis n. 1 c.p.c., poiche’ la Corte d’appello ha deciso conformemente alla consolidata giurisprudenza di questa Corte e l’esame delle prospettate doglianze non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa.

2.1. In primo luogo, diversamente da quanto sostenuto con il primo motivo di ricorso, deve escludersi che la domanda principale proposta da (OMISSIS) rientrasse nel paradigma dell’azione di rivendicazione.

Al riguardo – premesso che l’interpretazione della domanda giudiziale costituisce operazione riservata al giudice del merito, il cui apprezzamento, risolvendosi in un accertamento di fatto, non e’ censurabile in sede di legittimita’ quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata (cfr. Cass. 26/06/2007, n. 14751; Cass. 09/09/2008, n. 22893; Cass. 06/05/2015, n. 9011) – va evidenziato che la Corte d’appello ha

qualificato la domanda principale proposta dalla sig.ra (OMISSIS), gia’ dichiarata inammissibile dal giudice di primo grado, come domanda di declaratoria di nullita’ (o di annullamento) e revoca del decreto di trasferimento dell’immobile staggito, senza fare alcun riferimento al carattere recuperatorio, costituente criterio identificativo dell’azione petitoria, ai sensi dell’articolo 948 c.c. (Cass. 14/04/2005, n. 7777; Cass. 16/06/2006, n. 13973); carattere, peraltro, nella fattispecie, smentito dall’incontroversa circostanza che il bene oggetto dell’impugnato provvedimento di devoluzione non era nel possesso dell’ente convenuto, ma in quello dell’attrice, nei confronti della quale era stata infatti proposta domanda riconvenzionale di risarcimento del danno per occupazione sine titulo.

Del tutto fuori luogo, dunque, e’ il richiamo, contenuto nel primo motivo di ricorso, al precedente di questa Corte n. 11455 del 2007.

2.2. In secondo luogo, va evidenziato che la legittimazione a proporre, unitamente all’opposizione di terzo ex articolo 619 c.p.c., anche l’azione di rivendicazione nei confronti dell’aggiudicatario dopo la vendita e l’assegnazione, e’ stata riconosciuta da questa Corte al terzo che vanti un diritto reale sul bene immobile oggetto di esecuzione forzata (Cass. 13/11/2012, n. 19761), mentre, con riguardo alla peculiare fattispecie in cui il bene ricada nella comunione legale tra coniugi, e’ stato affermato lo specifico principio secondo il quale la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per debiti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di piu’ beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la meta’, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita od assegnazione e con diritto del coniuge non debitore alla meta’ della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso oppure del valore di questo, in caso di assegnazione (Cass. 14/03/2013, n. 6575).

Sulla base di tale principio, questa Corte non solo ha confermato che l’esecuzione sul bene ricadente nella comunione legale tra coniugi puo’ avere ad oggetto il bene esclusivamente nella sua interezza e non per una inesistente quota della meta’, ma ha ulteriormente specificato che, pur non essendo esclusa la legittimazione del coniuge non debitore ad esperire le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi, nonche’ l’opposizione di terzo, tuttavia tali rimedi non possono essere da lui esperiti al fine di escludere dall’espropriazione una quota del bene in natura (Cass. 29/05/2015, n. 11175) ed ha ribadito che l’unico diritto spettategli e’ quello di percepire, in sede di distribuzione, la meta’ del ricavato della vendita del bene, al lordo delle spese di procedura (Cass. 31/03/2016, n. 6230).

Se da un lato, infatti, va ritenuto insussistente l’interesse del coniuge debitore a dedurre l’appartenenza del bene alla comunione legale (poiche’, di regola, l’esecutato non ha interesse a dolersi dell’appartenenza del bene staggito ad altri od anche solo in parte ad altri), dall’altro lato va pure esclusa la legittimazione del coniuge non debitore a paralizzare o inficiare gli atti di disposizione del bene compiuti durante il processo di espropriazione, e quindi a rivendicare alcunche’ sulla base della deduzione di una pretesa di natura reale, potendo egli soltanto esercitare il diritto personale ad ottenere la meta’ (lorda, non potendo porsi a suo carico anche le spese di una liquidazione che gia’ ha luogo contro la sua volonta’) del controvalore del bene all’atto della distribuzione.

Questa Corte ha, inoltre, escluso l’applicabilita’, alla fattispecie, del meccanismo processuale di cui agli articoli 599-601 c.p.c., attesa la non configurabilita’, nel bene oggetto di comunione legale tra coniugi, di una “quota”, come parte ideale del bene staggito sulla quale si puntualizzi la proprieta’ esclusiva del singolo comunista (Cass. 31/03/2016, n. 6230, cit.).

I detti principi si sono consolidati nella giurisprudenza di legittimita’, la quale non solo ha reiteratamente riaffermato il principio – costituente la premessa generale delle implicazioni relative ai diritti spettanti al coniuge non debitore – secondo cui la comunione tra coniugi ha natura di comunione “senza quote” (cfr., ad es., Cass. 05/04/2017, n. 8803); ma ha anche puntualmente riaffermato che la rilevata natura comporta che l’espropriazione, per obbligazioni personali di uno solo dei coniugi, di uno o piu’ beni in comunione abbia ad oggetto la “res” nella sua interezza e non per la meta’ o per una quota, traendone la conseguenza che, in ipotesi di divisione, e’ esclusa l’applicabilita’ sia della disciplina sull’espropriazione dei beni indivisi (articoli 599 e ss. c.p.c.) sia di quella contro il terzo non debitore (Cass. 24/01/2019, n. 2047).

Va, dunque, data continuita’ all’orientamento secondo il quale, per il debito di uno dei coniugi, correttamente e’ sottoposto ad esecuzione per l’intero il bene ricadente nella comunione legale con l’altro coniuge, con conseguente esclusione di ogni irritualita’ o illegittimita’ degli atti della procedura, fino al trasferimento del bene a terzi, non potendosi riconoscere al coniuge non debitore il diritto di caducare tali atti, ne’ quello di ottenere la separazione di parti o quote del bene staggito o di conseguire dalla procedura esiti diversi dalla vendita per l’intero, salva la corresponsione, in sede di distribuzione, della meta’ del ricavato lordo della vendita, dovuta in dipendenza dello scioglimento, limitatamente a quel bene, della comunione senza quote.

3. I motivi in esame vanno, pertanto, dichiarati inammissibili ai sensi dell’articolo 360-bis, n. 1, c.p.c..

4. Con il quarto motivo (violazione e falsa applicazione degli articoli 91, 112, 116 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver parzialmente compensato (nella misura della meta’) le spese dei due gradi di giudizio, pur in presenza di una situazione di soccombenza da parte dell’Agenzia del Demanio.

4.1. Anche questo motivo e’ inammissibile ex articolo 360-bis n. 1 c.p.c., dovendo reputarsi assolutamente consolidata la giurisprudenza di legittimita’ sull’incensurabilita’ della statuizione di compensazione parziale delle spese, avuto riguardo all’evidente configurabilita’ di una fattispecie di soccombenza reciproca.

In definitiva, il ricorso proposto da (OMISSIS) va dichiarato inammissibile.

5. Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’, non avendovi svolto difese l’Agenzia del Demanio.

6. Per il tenore della pronuncia va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dall’articolo 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

 

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