L’area industriale di Tricase, Miggiano e Specchia è messa molto male. E non parliamo della solita erbaccia e delle strade gruviera, qui mancano ancora fogna e acqua potabile. L’impianto idrico, c’è ma non è stato mai attivato. Negli ultimi 20 anni 25 aziende nella zona industriale Tricase (un agglomerato di 173 ettari) hanno pagato all’Asi per dei servizi, di cui alcuni primari, mai attivati. Sembra uno scherzo ma è proprio così. Una struttura come l’ex Adelchi (90 mila metri quadri ) avrebbe pagato 540mila euro, di solo contributo (6 euro per mq + Iva), per la gestione e la manutenzione delle strutture e degli impianti e per i servizi d’interesse comune.
Bottiglie, pozzi, autobotti e filtri: gli espedienti degli imprenditori
Così alle aziende non resta che arrangiarsi alla meglio. Un esempio. Il centro distribuzione delle poste italiane (che interessa tutto il Capo di Leuca) si rivolge a un’azienda privata per la fornitura dell’acqua e per la pulizia della fogna. Anche le altre aziende si sono organizzate con bottiglie d’acqua, pozzi, autobotti, filtri, sistemi di purificazione e accessori vari a proprie spese.
«Da sempre, precisamente dal 2004 – racconta Francesco Ricchiuto, titolare dell’azienda “Forno pronto” – acquistiamo l’acqua da un pozzo dell’Acquedotto pugliese che si trova fuori dalla zona industriale e trasportiamo con l’autobotte la quantità di acqua necessaria per la produzione dei nostri prodotti. Successivamente – continua Ricchiuto – acquistiamo da un pozzo artesiano altra acqua per alcuni servizi aziendali. Tutto ciò ci costa ogni anno circa 10mila euro. Per quanto riguarda la fogna invece utilizziamo un pozzo nero, pulito periodicamente a nostre spese».
Il nodo della scarsa illuminazione
Un altro problema è la scarsa illuminazione. «Qualche anno fa – conclude l’imprenditore – abbiamo subìto anche due furti di camion per un valore di 100mila euro, poi ritrovati distrutti nel Foggiano. È arrivata veramente l’ora che qualcuno faccia seriamente qualcosa».
Oltre all’azienda “Forno pronto”, anche le altre attività che operano nei 173 ettari lamentano la mancanza di servizi primari come acqua e fogna.
L’interrogazione di Gabellone (FdI)
Il consigliere regionale Antonio Gabellone (FdI), in sede di Commissione regionale, aveva evidenziato come l’agglomerato industriale di Tricase, Specchia e Miggiano del Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Lecce presentasse un’importante carenza di infrastrutturazione primaria non essendosi proceduto con l’allaccio alla rete idrica dell’Acquedotto Pugliese per l’approvvigionamento dell’acqua potabile». Le note riportavano pure il fatto che le criticità dell’agglomerato (la possibilità che i reflui dell’area industriale possano andare nel depuratore e la necessità che dalla dorsale dell’acquedotto ci si possa collegare alla rete esistente sia per la rete di fognatura nera che per la rete di AQP esistenti e funzionanti) fossero state condivise dal presidente del Consorzio, Massimo Albanese. E ci sarebbe mancato pure che non lo fossero state. Il paradosso, precisava Gabellone nell’ottobre del 2021, era l’esistenza della rete e la mancanza di collegamenti. Un “ossimoro strutturale” inaccettabile. I buoni propositi, quindi, raccontavano della proposta di convocare “celermente”, in una nuova audizione, l’Assessore allo sviluppo economico, Alessandro Delli Noci, l’allora neo nominato Presidente di AQP, Domenico Laforgia e il presidente dell’Autorità idrica pugliese (AIP), il mesagnese Antonio Matarrelli, affinché quelle stesse criticità potessero trovare “immediatamente” soluzione nell’interesse delle attività imprenditoriali dell’agglomerato di Tricase – Specchia – Miggiano. “Celermente” ed “immediatamente”, tuttavia, sono avverbi che stridono nel silenzio assordante che è seguito al clamore di quella iniziativa. Progettualità rimaste tali – per quanto noto – senza apparente realizzazione. Lo stupore maggiore, in ragione degli interrogativi che ci si pone sulla bontà dell’attenzione prestata alla soluzione delle problematiche evidenziate, è il particolare (non indifferente e da tener ben da conto) per il quale in ragione dell’ultimo monitoraggio conosciuto, già allora decisamente datato (marzo-aprile 2012), tra le aziende insediate nell’agglomerato ve ne sono alcune che hanno come attività dichiarate la “panificazione” e la “produzione di prodotti da forno precotti e surgelati”. Che, notoriamente, si producono senza acqua.
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