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Livorno e il viaggio a Villa Ciano tra storia e scoperte Il Tirreno #finsubito richiedi mutuo fino 100%


LIVORNO Le ancore alla vetrata e alla porta di ingresso che raccontano la passione per il mare e la carriera da ammiraglio di Arturo Ciano (e pure di suo padre Raimondo e dei suoi fratelli Alessandro e Costanzo, sì il consuocero di Mussolini) .

L’aneddoto della suora che vide il Duce a fare ginnastica sulla terrazza di quella che era la camera degli ospiti. E ancora le manifestazioni acliste con Giovanni Gronchi non ancora presidente della Repubblica (era il 15 maggio del’54) fra quelle mura e le serate da ballo in giardino. Poi sempre a quel civico 40 di via Cecconi i legami con la Dc e il cuore pulsante delle Acli livornesi (lì dal 1953 ad oggi) che batte ancora, con i suoi uffici e i servizi di patronato e non solo. Senza contare la storia moderna e i tanti livornesi appassionati di basket che, tralasciando il passato, conoscono il luogo o meglio la palestra adiacente come lo storico bunker biancazzurro della Pallacanestro Livorno (da anni non lo è più e il PalaCecconi è palestra polivalente) . Quanta storia è passata da Villa Ciano nei Virgilio. Con le radici piantate nella metà dell’800 (fu registrata nel 1856) con i suoi 500metri quadri di aneddoti e segreti. Con segni dei tempi del fascismo (ma non solo quelli) tatuati tra soffitti, decorazioni e pareti di quell’antica dimora con le colonne e i leoni.

Qui via Cecconi. A riavvolgere il nastro dei tempi è Riccardo Rossato proprietario di uno scrigno livornese in parte da ricostruire. All’Archivio notarile il vicario delle Acli e presidente del patronato riavvolge le origini.

Qui la famiglia Ciano

Davanti Rossato ha un librone e documentazione del 12 aprile del 1949: è l’atto di vendita con cui Anna Maria Ciano figlia di Arturo cede l’immobile all’allora Sias, società immobiliare della Dc (che poi cederà alla Sios di Acli tutt’ora vi vita) .

Si leggono nomi, parentele. «Finalmente è chiaro perché si chiama Villa Ciano nei Virgilio: questa è la dimora livornese della famiglia Ciano, il primo ad abitare fu Raimondo padre di Costanzo, Arturo e Alessandro Ciano. Credo che qui i tre figli abitarono fino alla fine degli studi in Accademia Navale per poi intraprendere ognuno la sua strada. Loro 3 sono legati alla famosa Beffa di Buccari durante la prima Guerra Mondiale insieme a Gabriele D’Annunzio».

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Arturo ammiraglio nella Regia Marina e imprenditore poi fu quello che ebbe più legami con la Villa.

«Comandava la nave Zeffiro quando bombardò il porto di Porto Buso il 24 maggio del 1915 e poi divenne socio di Luigi Orlando per la proprietà della Spica». Nel 1949 davanti al notaio Segnini c’è Anna Maria Ciano figlia di Arturo (lei coniugata con un Tommasi di Vignano, nobilissima famiglia italiana) con la procura a vendere la Villa di via Cecconi dai fratelli Guglielmo e Vittorio e dalla mamma Ersilia Virgilio (vedova) di Arturo.

Il Duce in incognito

“Leccio dopo leccio, mi avvicinai alla villa e vidi un uomo a torso nudo che faceva ginnastica in terrazza e riconobbi il Duce: tornai indietro”. Questo il racconto ascoltato anche da Rossato di una delle suore del tempo che fu del Sacro Cuore, che ai tempi del fascismo aveva il compito di fare le iniezioni alla famiglia Ciano che per anni ha abitato lì. Nessun documento storico ne parla, è un aneddoto che si tramanda di bocca in bocca su quella villa che nasce con pianta quadrata, poi più volte rimaneggiata e anche le colonne dell’ingresso sono successive alle origini.

Si parla di Mussolini, in incognito a Livorno nel periodo fascista, ospitato al primo piano nella stanza affrescata degli ospiti. Con Rossato in quella stanza: si vede quel che poteva essere un baldacchino. C’è la terrazza di cui parla la suora. Tutto torna. I segni del passato sono tanti in quel frammento d’epoca cittadina. Rossato indica i segni secondo lui inequivocabili di quegli anni scolpiti su soffitti, decorazioni, vetrate e chissà ancora in quali anfratti che dovranno raccontarsi. Il proprietario indica i motivi che somigliano a svastiche del soffitto dello studio. E altri motivi del ventennio sul soffitto dove opera Orienta, sempre a pian terreno. Perché la famiglia Ciano, si sa, è legata all’era fascista e alla figura del Duce: Galeazzo il figlio di Costanzo Ciano, fratello di Arturo (nato in città nel 1876 deputato del Regno, Presidente della Camera dei deputati e più volte Ministro) sposò la figlia di Mussolini, Edda. Da allora la sorte delle 2 famiglie fu legata per sempre.

Le ancore di Arturo

Di ville a Livorno Costanzo Ciano ne aveva altre, quella di Antignano in primis. Questa di via Cecconi era di famiglia. Soprattutto del fratello Arturo. Ma sicuramente qui ha passato l’adolescenza con i fratelli, il padre e la madre. Le 5 ancore del portone in ferro battuto una volta portavano, ognuna, una lettera del cognome della famiglia. Oggi restano i fori a raccontare quel che era. Ancora ancore, a destra e a sinistra di una grande bandiera italiana che fa da vetrata: doveva essere ammirata dall’esterno, poi le successive modifiche della struttura ne fanno, oggi, una vetrata interna.

Qui Gronchi ballava

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A Villa Ciano nei Virgilio dal 1953 ad oggi batte il cuore pulsante delle Acli livornesi. Un cuore che continuerà a battere senza pericoli di speculazioni immobiliari e nuove costruzione grazie a Riccardo Rossato: l’uomo del PalaLivorno, da sempre nel mondo Acli e innamorato di quella dimora “difesa” da due leoni, ne è diventato il proprietario. Di tutto l’immobile. Nel libro che narra la storia delle Acli livornesi ci sono foto di Giovanni Gronchi nella villa di via Cecconi. È il 15 maggio 1954 e l’onorevole Gronchi è lì per la celebrazione della Rerum Novarum. Illustra la celebre enciclica agli aclisti. «Questa villa fu acquistata poi dalla Dc per poi passare alle Acli di Dino Lugetti. Fu registrata come proprietà alla Sios di Roma (Acli nazionale) e infine venduta parzialmente, prima il piano terra e poi l’intero edificio. Nel periodo Dc – racconta ancora Rossato – Gronchi prima di essere presidente della Repubblica era spesso ospite nelle serate da ballo nei giardini che avevano fontane e rotonde con gazebo che oggi non ci sono più».

Riccardo Rossato chiude ricordando che un tempo lungo il viale vi erano delle statue, sparite nel periodo post bellico in cui la villa fu prima fu centro di coordinamento americano e poi una casa di appuntamenti. l

Presto la città potrà visitarla

Livorno «Il mio sogno materiale si è avverato, era quello di non disperdere questo patrimonio cittadino: adesso ne sono il proprietario in toto e il mio progetto è ricostruire la storia di questa villa e renderla visitabile alla città». Riccardo Rossato ha il suo ufficio a pian terreno. Lui che è cresciuto nel mondo Acli. «Da quando ero adolescente mi sono innamorati della villa, del mondo delle Acli, qui feci l’obiettore di coscienza: anni fa acquistai dall’ Acli nzionale di Roma il pian terreno con l’obiettivo, quando avrei potuto, di completare l’acquisto e così è successo, non senza fatica. Ho evitato che qui si facesse speculazione edilizia per mantenerne la storia e aprirla alla città». Rossato oggi è vicario delle Acli e presidente del patronato. Garantisce che gli uffici Acli da lì mai si sposteranno. Lui in via Cecconi 40 non andrà a vivere.
«Dispiace per quel che negli anni è andato perso: il mio scopo è far conoscere la storia di questo edificio registrato nel 1856 senza perdere lo sport e le attività dell’attiguo PalaCecconi». E riferendosi alla Villa: «Basta vedere questo soffitto per capire bene dove siamo: si vedono motivi somiglianti a svastiche – e indica parte del soffitto del suo studio – Non toglierò niente anche se ovviamente non c’è alcuna affinità con quel periodo storico, ma lascerò tutto perché rappresentano la storia di questa dimora». Rossato sta riavvolgendo il filo. E chiede aiuto ad esperti. Guarda alle ancore-decorazione volute con tutta probabilità dall’ammiraglio Arturo Ciano. «Voglio fare questo per arrivare a realizzare una brochure da consegnare a chi verrà a visitarla, penso in futuro di aprirla la domenica mattina o altri giorni in cui gli uffici sono chiusi». E chiude con l’aneddoto del sottomansarda ancora da passare al setaccio. «È venuto fuori un arazzo stupendo che ho incorniciato: poi faccio un sogno ricorrente di una stanza segreta e di un tavolo con copertura verde. Chissà cosa ancora deve venire fuori. Ora al lavoro per valorizzare il primo piano».    

 



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