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Operatori sanitari pagati per indossare la divisa, conto da 250mila euro: nuova tegola per l’Ast #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Macerata, 8 ottobre 2024 – Tempi duri per le casse dell’Ast, costretta a pagare migliaia di euro a seguito di condanne pronunciate a vario titolo dal tribunale di Macerata. Dopo gli 80mila euro, più spese legali, da corrispondere ad Alfredo Mazza, ex primario di cardiologia dell’ospedale di Camerino, è di ieri la determina con la quale la stessa Ast ha dato esecuzione al verbale che ha sottoscritto con 78 dipendenti nella sede della Cisl provinciale, in riferimento alle sentenze definitive del tribunale di Macerata inerenti ai tempi di vestizione.

L’accordo prevede che venga corrisposto ai lavoratori il 98% delle somme loro spettanti, per un importo complessivo di oltre 192mila euro, ai quali se ne devono aggiungere altri 62mila per oneri a carico dell’ente, in tutto 250mila euro. La scorsa primavera era stato sottoscritto un altro accordo per circa 300 lavoratori, per un importo complessivo di circa un milione di euro, sempre patrocinati dalla Cisl Funzione Pubblica delle Marche, tramite l’avvocato Diomede Pantaleoni che, complessivamente, ha seguito circa 500 situazioni. “Ma ci sono stati altri accordi e tanti altri dipendenti patrocinati da altri sindacati. Credo che, complessivamente, i casi siano più di mille. E la partita non è ancora conclusa”, sottolinea l’avvocato Pantaleoni.

È l’ennesima puntata di una vicenda riferita a due sentenze pronunciate nel 2019 dal tribunale di Macerata a seguito di due distinti ricorsi. Con un primo ricorso un gruppo di dipendenti, obbligati a indossare la divisa, avevano chiesto il riconoscimento del tempo di vestizione come tempo di lavoro, 20 minuti a turno, chiedendo la condanna dell’ente (allora Asur Area Vasta 3) al pagamento delle differenze retributive maturate.

Il giudice ha accolto il ricorso, evidenziando il loro diritto alla retribuzione del tempo per indossare e dismettere la divisa nella misura di 10 minuti prima e 10 minuti dopo ciascun turno di lavoro, con condanna dell’Azienda a retribuire il tempo riferito al quinquennio precedente al ricorso. Un altro gruppo di dipendenti ha presentato poi analogo ricorso, accolto nel 2019, ma con una differenza: il giudice, infatti, ha riconosciuto il diritto che i tempi di vestizione siano retribuiti, ma nella misura di 6 minuti prima e di 6 minuti dopo ciascun turno, con condanna dell’Azienda a pagare il dovuto, limitatamente al quinquennio precedente al ricorso.

“Ci sono ancora un centinaio di persone che hanno fatto ricorso e pretendono di avere il 100% di quanto loro dovuto. Visto che, dopo anni, l’Ast non pagava, hanno intentato causa per avere i soldi loro riconosciuti. E, a quanto mi risulta, altri ricorsi stanno partendo anche in quest’ultimo periodo”, aggiunge Pantaleoni.

E ci sono anche cause minori che hanno visto soccombere l’Ast condannata dal tribunale a corrispondere ad una sua dipendente 2.581,25 euro per risarcimento danni (più 191,12 a titolo di interessi legali e 2.152,03 per rimborso delle spese legali), che aveva chiesto di usufruire, con diniego da parte dell’Ast, dei buoni pasto invece che della mensa. Condannata per una situazione analoga, relativa a un altro dipendente, al pagamento di 920,99 euro a titolo di risarcimento danni (più 68,19, a titolo di interessi legali e 956,80 euro a titolo di rimborso delle spese legali).

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