Tre condanne per altrettanti boss coinvolti diventano definitive, ma per un quarto imputato il processo d’appello è invece da rifare: i giudici della terza sezione della Corte d’Appello, come ha dovuto rilevare la Cassazione, non hanno mai riportato il suo nome nelle motivazioni della sentenza.
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Il processo, passato al vaglio ieri sera della quinta sezione della Suprema Corte, è quello nato dal maxiblitz dei carabinieri “Cupola 2.0” di dicembre 2018, col quale era stato sventato quasi in diretta il tentativo di ricostituire la Commissione provinciale di Cosa nostra, pochi mesi dopo la morte di chi l’aveva governata per oltre un quarto di secolo, ovvero il “capo dei capi”, Totò Riina.
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Nello specifico la sentenza d’appello è stata annullata con rinvio per Simone La Barbera, che era stato condannato a 3 anni e 8 mesi, mentre sono diventate definitive le condanne per Stefano Polizzi di Bolognetta, che dovrà scontare 17 anni di carcere, per Francesco Fumuso di Villabate (12 anni e mezzo) e per Pietro Merendino, capomafia di Misilmeri (18 anni).
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Simone La Barbera, peraltro, è stato coinvolto anche in un altro processo, quello sulla presunta estorsione alle sorelle Napoli di Mezzojuso dalla quale è stato completamente assolto, a dispetto dal polverone mediatico generato dalla trasmissione di Massimo Giletti, che allora andava in onda su La7.
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