Venerdì sera, in un teatro Marrucino gremito e ricco di celebri personalità del territorio e non solo, in occasione del centenario dalla morte del compositore lucchese Giacomo Puccini, è andata in scena una delle sue opere più famose, apprezzate e più rappresentate nel mondo: La Bohéme. Allestita per la prima volta al Teatro Regio di Torino nel 1896, in un clima di forte concorrenza artistica tra Giacomo Puccini e Ruggero Leoncavallo, i quali decisero di comporre due opere dallo stesso titolo ed ispirate dallo stesso soggetto ossia il romanzo di Henri Murger “Scene dalla vita di Bohéme”, non ha mai smesso di incantare gli spettatori. Tutto merito della delicatezza della musica e della potenza del contenuto. La storia, ambientata nella Parigi del 1830, con echi che provengono da celebri capolavori della letteratura come “I Miserabili” di Victor Hugo o “La Scapigliatura e il 6 febbraio” di Cletto Arrighi, ruota intorno ad un gruppo di Bohémiens, artisti che vivono miseramente ai margini della società, confinati in una fredda soffitta a contemplare la Ville Lumiere nelle ore notturne. Un poeta, un pittore, un filosofo ed un musicista che hanno deciso di abbracciare in tutto e per tutto l’essenza della “Bohéme”, “la vita zingaresca”, in totale disordine e libertà nell’intento di cogliere appieno l’autenticità dei valori insiti nell’arte. Ma se nel romanzo di Murger spadroneggia l’esaltazione di questo spirito di rivolta nell’opera di Puccini essa si trasforma in un atto di puro sentimentalismo. Al centro della narrazione troviamo la triste e commovente vicenda amorosa del poeta Rodolfo e della fioraia Mimì, interpretati dal tenore Riccardo Della Sciucca e dalla soprano Aurora Tirotta assolutamente perfetti nei loro ruoli, che cambierà gli animi dei quattro protagonisti nel bene e nel male.
La splendida regia di Massimo Pizzi Gasparon Contarini con la direzione d’orchestra del maestro Rico Saccani è riuscita nell’obiettivo di mostrare al pubblico una versione inedita dell’opera di Puccini, vicina all’originale, come venne pensata dal maestro toscano e mai rappresentata. Un adattamento che fonde insieme modernità e tradizione grazie a giochi di luce, proiezioni, costumi d’epoca, una spolverata di ottocento ed un taglio cinematografico. In questa messa in scena si respira davvero l’aria di Parigi.
Una menzione speciale va ai 22 studenti del liceo classico annesso al Convitto G.B.Vico di Chieti guidato dal rettore Paola Di Renzo, che hanno partecipato alla realizzazione dello spettacolo in qualità di figuranti. L’iniziativa, giunta al suo terzo anno, prende il nome di “Studenti all’Opera” con referente Roberta Silvestri ed ha il principale scopo di orientare i ragazzi portandoli a conoscere nuove realtà.
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