Ciò che non è riuscito alle diplomazie politiche è riuscito al ceo di Stellantis, Carlos Tavares: realizzare il campo largo, anzi larghissimo. Dopo la sua audizione alla Camera, infatti, tutta la politica ce l’ha con lui, dai 5Stelle al Pd redivivo ad Azione e a Fratelli d’Italia. «Il suo è un ricatto inaccettabile». Ma sono i sindacati a indicare, tra le pieghe del suo lungo discorso un pericolo ancora più concreto: un taglio drastico dei costi che andrà a colpire l’indotto auto, una percentuale del 40%.
Davanti alla XI Commissione, Tavares ha detto che Stellantis non intende lasciare l’Italia, anche se «i costi sono doppi». La questione auto elettriche: «Io ho costi aumentati del 40%. Un milione di auto prodotte è impossibile senza un milione di clienti». E per averli, servono incentivi dello Stato «non per noi, ma per i cittadini perché possano comprare un’auto elettrica».
Così, se Carlo Calenda parla di «ricatto inaccettabile» e Giuseppe Conte gli rinfaccia i 6,3 miliardi di garanzia statale (concessi durante il suo governo), dalla Uilm arriva il vero allarme: «Al di là dell’anticipo di qualche mese della 500 ibrida, l’ad di Stellantis ha annunciato un taglio dei costi del 40 per cento e le prime a farne le spese saranno le aziende dell’indotto auto» ha dichiarato Luigi Paone, segretario generale Uilm Torino. Una considerazione che trae da un dettaglio tecnico enunciato dal manager portoghese: l’85% dei costi di produzione di un’auto elettrica viene dalla componentistica. L’indotto. Ed è qui che si concentreranno i tagli. D’altra parte, da Stellantis – dalla cfo Nathalie Kinight che non immaginava di esserne la prima vittima – è partito il «piano Doghouse», che sta per «misure drastiche» per tagliare le spese, a cominciare dai contratti di fornitura.
Dunque, da un lato a Torino ci si rallegra – a denti stretti – perché Tavares ha annunciato un anticipo della produzione della Fiat 500 Ibrida – in realtà, noi abbiamo sempre scritto che sarebbe arrivata a fine 2025: il problema è come passerà quest’anno Mirafiori, che prevede altri stop anche a novembre e forse il fermo totale a dicembre, secondo talune fonti – ma si trema pensando alle conseguenze della politica dei tagli sull’indotto già in crisi.
«Il settore auto sta morendo, si rischia un dramma sociale senza precedenti. Vogliamo un incontro a Palazzo Chigi con Meloni e Tavares ma senza risposte siamo pronti a una mobilitazione a oltranza» commenta Rocco Palombella, segretario generale Uilm. Dalla Fismic, uno dei sindacati che ha accettato l’incontro di ieri con il ceo, parlano di «un segnale importante per i lavoratori e per il futuro dell’automotive in Piemonte, ma riteniamo sia anche essenziale l’arrivo di un nuovo modello per aiutare il sito».
E qui torniamo ai problemi del mercato, secondo Tavares. «Abbiamo un piano preciso che ho condiviso con i nostri partner, abbiamo assegnato nuovi prodotti a tutti gli stabilimenti italiani fino al 2030, in alcuni casi al 2033. Ma non basta. Il problema sono i costi troppo alti in Italia, il 40% più alti di quelli che devono sostenere i nostri concorrenti» ha detto ai parlamentari. «Per esempio quello dell’energia è molto elevato, il doppio della Spagna. Non so perché. Produrre veicoli che non possono essere acquistati dalla classe media perché costano troppo è inutile».
«Parla di piano industriale, ho chiesto le slide ma non ha voluto mostrarle. Un atteggiamento arrogante» insiste Calenda. Luca De Carlo, Fdi, presidente della Commissione Industria del Senato ha posto l’accento su «11.500 lavoratori usciti in 10 anni» dagli stabilimenti, chiedendo «maggior chiarezza».
«Percepisco del livore – ha ammesso Tavares, che però parla di un confronto “franco e costruttivo” e si rende disponibile per altri -, come tra i lavoratori Stellantis. Ma non abbiamo fatto noi le regole». La sensazione è che i veri annunci debbano ancora venire, forse nel corso del Salone dell’Auto di Parigi che si apre la prossima settimana.
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