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Marine Le Pen è sotto processo. Sono iniziate ieri le udienze al palazzo di giustizia a Batignolles per l’accusa di “appropriazione indebita” di fondi del Parlamento europeo nel periodo 2004-2016, contro la leader del Rassemblement Naional, accanto ad altri 24 coimputati, tra cui 9 ex parlamentari europei e qualche famigliare: la sorella Yann Le Pen, l’ex compagno Louis Aliot, mentre il padre, Jean-Marie Le Pen, coinvolto nella truffa, è esonerato dal presentarsi in aula, assieme a un altro vecchio dirigente del partito di estrema destra, Jean-François Jalkh, a causa dello stato di salute.

Sul banco degli accusati anche il Front National come persona morale (il partito ha cambiato nome in Rassemblement National nel 2018), perché l’inchiesta ha messo in luce un “sistema” di truffa, centralizzato.

ALL’EPOCA il Front National aveva grossi problemi finanziari, doveva far fronte a un debito di più di 20 milioni di euro e il tesoriere del partito di estrema destra, Wallerand de Saint-Just – anche lui imputato – aveva chiaramente spiegato in mail a Marine Le Pen che «ce la faremo solo se facciamo economie importanti grazie al Parlamento europeo».

L’UFFICIO EUROPEO di lotta anti-frode ha scoperto nel 2014 che il Front National ha sottratto 6,8 milioni di euro in una decina di anni, facendo pagare dalla Ue degli “assistenti parlamentari” mai presenti a Bruxelles o a Strasburgo, ma attivi per il partito in Francia. Una pratica esplicitamente esclusa dagli statuti dell’Europarlamento, che proibisce che vengano finanziate attività di politica nazionale con fondi Ue.

La truffa viene denunciata da Martin Schulz nel 2015, allora presidente del Parlamento europeo. La pena prevista per questo tipo di reato va fino a 10 anni di carcere, un milione di euro di multa e l’ineleggibilità per 5-10 anni. La sentenza è attesa per l’inizio del 2025.

Marine Le Pen rischia grosso sull’ineleggibilità, che verrebbe a intralciare una nuova candidatura all’Eliseo per le presidenziali del 2027, sempre che l’eventuale condanna comprenda l’“esecuzione immediata” della sentenza, non sospesa con l’appello.
Per la difesa, Marine Le Pen ha scelto l’attacco. Prima di tutto negando i fatti.

Di fronte alle numerose prove dell’esistenza del “sistema” di frode, la leader del Rassemblement National attacca l’Europa, si erge contro «l’impero europeista». Ieri, si è presentata in aula e ha affermato di affrontare il processo con «serenità». Spera di uscirne indenne, come è successo di recente al leader del MoDem, François Bayrou, che ha avuto un processo analogo riguardo agli assistenti parlamentari europei utilizzati in Francia ed è stato assolto per il beneficio del dubbio: il centrista ha potuto provare di “non sapere” l’esistenza della truffa, ma ci sono state condanne e una multa per il partito. Per Marine Le Pen il beneficio del dubbio dovrebbe non valere, viste le mail che provano la conoscenza della truffa.

GLI ELETTORI del Rassemblement national saranno sensibili a una condanna? Nel partito c’è preoccupazione. La prova viene dalle rivelazioni di Libération, sulle false prove che il delfino Jordan Bardella – che non è imputato – avrebbe costruito per giustificare la propria attività come assistente dell’eurodeputato Jean-François Jalkh nel 2015.

MARINE LE PEN ha deciso di essere presente il più possibile alle udienze previste fino al 27 novembre, nel tentativo di trasformare il processo in una tribuna politica. Nel passato, le due condanne per diffamazione non l’hanno danneggiata. Inoltre, Marine Le Pen è sfuggita alla condanna per la truffa di finanziamento illegale in campagna elettorale, nell’affare Riwal.

Ma forse oggi Marine Le Pen non sarà al processo, per poter assistere al discorso di politica generale del primo ministro, Michel Barnier, all’Assemblée Nationale. La sinistra ha già annunciato una mozione di censura. L’estrema destra per ora non si muove: ha già incassato una “vittoria ideologica” con le posizioni del nuovo ministro degli Interni, Bruno Retailleau, che ieri si è detto «dispiaciuto» per il fatto che la Costituzione non permette un referendum sull’immigrazione, che «non è una chance» per la Francia.

Silenzio di Barnier. Invece, reazioni negative non solo a sinistra ma anche nell’area Macron. Per la presidente dell’Assemblée Nationale, Yaël Braun-Pivet, «lo stato di diritto in democrazia è sacro».

 

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