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Possibilità, modi, tempi e costi delle procedure di conciliazione delle controversie valide anch’esse come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

La procedura di mediazione è obbligatoria per avviare una causa giudiziaria civile in molte materie: l’ambito e molto ampio, e si va dalle liti su proprietà, affitti, successioni e divisioni ereditarie alle questioni condominiali.  Tecnicamente, la mediazione costituisce una condizione di procedibilità, necessaria per poter avviare il processo: se non si tenta prima la conciliazione con la controparte, fissando un incontro davanti ad un apposito organismo imparziale, la causa è improponibile, perciò il giudice non può esaminarla e deciderla nel merito. In poche parole: se non fai prima la mediazione, nelle materie in cui è obbligatoria, non puoi intraprendere l’azione giudiziaria davanti al tribunale o al giudice di pace.

Non tutti sanno, però, che esistono diverse alternative alla mediazione obbligatoria. Sono procedure ugualmente valide e riconosciute dalla legge come equipollenti della mediazione ordinaria. Vale a dire che se si intraprende una di esse, la condizione di procedibilità è soddisfatta e quindi si può andare avanti istaurando la causa. In questo articolo ti diremo quali sono, quanto costano, che tempi di svolgimento hanno, per quali materie operano e come attivarle.

Quando la mediazione è obbligatoria

L’articolo 5 del Decreto Legislativo n. 78 del 2010 – recentemente riformato dalla riforma Cartabia della giustizia civile, adottata con D.Lgs. n. 149/2022 ed entrata in vigore nel 2023 – elenca tutti i casi in cui è necessario esperire la mediazione civile obbligatoria.

Lo scopo della norma è, evidentemente, quello di inserire un filtro al processo, per cercare di chiudere le controversie con una conciliazione tra le parti, senza dover arrivare in tribunale. A tal fine, poco conta che la conciliazione riesca o no: l’essenziale è che il tentativo sia stato fatto.

Per questo motivo il mancato esperimento della mediazione, nei casi in cui essa è obbligatoria costituisce condizione di improcedibilità della domanda giudiziale, come dicevamo all’inizio. Solo per i ricorsi tributari la mediazione (che era accompagnata da un reclamo) è stata recentemente abrogata, in controtendenza con l’orientamento generale che tende a potenziare l’istituto negli ambiti civili ed anche nei processi penali con istituti simili, come la giustizia riparativa.

Ma la stessa norma prevede, al comma 3, anche i casi in cui è possibile ricorrere a strumenti alternativi alla mediazione stessa. Si tratta di quattro specifici casi, che adesso andiamo a esaminare [1], più quello dell’ARERA, che è stato introdotto successivamente. A questi si aggiunge, seppur con dei limiti, la negoziazione assistita, che è entrata in vigore nel 2014 e in determinati casi si sovrappone alla mediazione. Ne parleremo alla fine.

Ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario

Il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario – in breve, ABF – può decidere tutte le controversie che riguardano i servizi bancari e finanziari (mutui, conti correnti, finanziamenti, prestiti, carte di credito o di debito, depositi, cessioni del quinto, ecc.) fino a un valore di 200.000 euro.

La decisione, che viene emessa da un Collegio indipendente e qualificato, arriva di norma entro 90 giorni e, in caso di accoglimento, l’intermediario è tenuto ad adempiere entro i successivi 30 giorni.

Il ricorso all’ABF costa 20 euro per contributo spese di procedura e può essere proposto direttamente dall’interessato, oppure con l’assistenza di un avvocato o per il tramite di un’associazione dei consumatori.

Ricorso all’Arbitro per le Controversie Finanziarie

L’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) risolve in via stragiudiziale le controversie sorte tra gli investitori privati e i loro intermediari (banche, società, broker, promotori e consulenti di servizi, comprese le compagnie di assicurazioni quando vendono prodotti a prevalente contenuto finanziario, come le polizze unit-linked).

Ci si può rivolgere all’ACF per tutte le questioni riguardanti negoziazioni di titoli, ordini di acquisto o vendita di strumenti finanziari, gestioni patrimoniali, ma non per le materie riservate alla competenza dell’ABF. Si può anche chiedere un risarcimento danni, entro il limite massimo di 500.000 euro.

Il ricorso all’ACF va presentato online collegandosi al sito istituzionale https://www.acf.consob.it/ seguendo la procedura di compilazione guidata del modulo. Il ricorso all’ACF è totalmente gratuito, salvi i casi di assistenza prestata da intermediari alla presentazione, che potrebbero chiedere un contributo spese e un onorario.

Ricorso all’Arbitro Assicurativo

L’Arbitro Assicurativo, seppur previsto dalla legge (all’articolo 187-1 del decreto legislativo n. 209/2005, meglio conosciuto come Codice delle Assicurazioni private) non è stato ancora istituito e quindi, non essendo operativo, non è possibile farvi ricorso.

Gli esposti, i reclami e le segnalazioni all’IVASS (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) per le irregolarità delle compagnie assicuratrici non sostituiscono la mediazione e neppure la negoziazione assistita, che quindi va esperita prima di avviare una causa contro l’impresa tenuta a indennizzare o a risarcire i danni oggetto di polizza, come quelli della RC Auto per i sinistri stradali.

Ricorso all’AGCOM

L’AGCOM – Autorità Garante per le Comunicazioni, da non confondere con l’AGCM, l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato – è competente a risolvere le controversie in materia di concorrenza tra gli operatori e di «regolazione dei servizi di pubblica utilità», cioè quelle relative alla fornitura di energia elettrica, gas, acqua e telecomunicazioni (telefonia e connettività internet).

Prima di avviare la causa giudiziaria contro il fornitore, quindi, ci si può rivolgere all’AGCOM, attivando la procedura online denominata “Conciliaweb” e compilando il modulo presente sul sito. Dal 2023 il servizio è stato ampliato e comprende anche le controversie sui media audiovisivi, come le PayTv e in generale tutti i contenuti fruibili on demand (ad esempio le partite di calcio e gli altri eventi sportivi trasmessi in streaming).

Gli incontri e i tentativi di accordo avvengono interamente in modalità telematica sulla piattaforma, con una stanza virtuale creata in videoconferenza. La procedura è gratuita, salvo il caso in cui si avvalga di un delegato che potrebbe richiedere un compenso per le sue prestazioni.

Ricorso all’ARERA

Per le controversie sulle forniture di luce, gas, acqua (comprese quelle erogate dal GSE, Gestore Servizi Energetici, come gli impianti fotovoltaici) ci si può anche rivolgere ad ARERA – l’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente – , che ha una propria procedura di conciliazione di cui possono usufruire tutti i consumatori finali dei servizi erogati dalle imprese distributrici e venditrici. Sono esclusi i profili fiscali (ad esempio, l’addebito dell’IVA in bolletta) e le questioni inerenti la qualità dell’acqua.

Dal 30 giugno 2023 è entrato in vigore il TICO (Testo Integrato Conciliazione) dell’ARERA, che regolamenta tutta le procedura, e prevede che essa è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, a norma dell’articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 481/95 e dell’articolo 141, comma 6, lettera c), del Codice del consumo.

Anche questa procedura – come quella dell’AGCOM è interamente telematica, e prevede incontri tra le parti con un conciliatore ARERA in una stanza virtuale cui si accede dalla pagina web conciliazione.arera.it dopo aver compilato il modulo online. Il servizio è completamente gratuito.

In alternativa, il tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie nei settori dell’energia può essere svolto anche presso uno degli organismi iscritti nell’elenco ADR dell’ARERA o presso le Camere di Commercio che hanno aderito alla convenzione con Unioncamere; rimane sempre salva la possibilità di rivolgersi ad un organismo di mediazione iscritto nell’elenco tenuto dal Ministero della giustizia.

Ricorsi che non sostituiscono la mediazione

Diversamente dai casi che abbiamo esaminato, non sostituiscono la mediazione, anche se in concreto possono risultare utili per stimolare la controparte inadempiente a raggiungere un accordo:

  • i reclami proposti contro banche e intermediari finanziari (che sono comunque necessari prima di proporre il ricorso all’ABF: precisamente, il ricorso va proposto dopo 60 giorni dalla risposta negativa, insufficiente o omessa al reclamo presentato);
  • i reclami contro i fornitori di energia e gli operatori telefonici (vanno però presentati per poter accedere al servizio Conciliaweb dell’Agcom, se non hanno avuto risposta soddisfacente entro 30 giorni; il termine, per la conciliazione ARERA, è di 40 giorni dall’invio del reclamo per luce o gas, e di 50 giorni per il settore idrico);
  • le segnalazioni all’Autorità Garante Concorrenza e MercatoAGCM per le pratiche commerciali scorrette e le pubblicità ingannevoli in violazione del Codice del consumo;
  • gli esposti alla Consob – Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, che servono a promuovere l’intervento dell’Autorità contro i comportamenti illeciti tenuti dai soggetti vigiliati;
  • gli esposti alla Banca d’Italia, che può sanzionare i responsabili di scorrettezze e abusi, ma non interviene nel merito dei rapporti tra i consumatori e i clienti con banche, imprese e intermediari;
  • gli esposti e le segnalazioni alla Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione: pertanto per le irregolarità, criticità o anomalie riscontrate nella gestione della previdenza integrativa e complementare bisogna procedere nei modi ordinari.

Negoziazione assistita

Anche la negoziazione assistita, svolta mediante trattative intavolate tra gli avvocati delle parti, è una valida alternativa alla mediazione, ma non può sostituirla nei casi in cui essa è prevista come obbligatoria. Viceversa, anche la negoziazione assistita può essere obbligatoria, come nei casi di risarcimento danni derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti (quindi tutti i sinistri stradali).

La trattiamo per ultima perché nella pratica si verifica spesso il “cumulo” delle due procedure, con le parti che prima esperiscono la mediazione e poi, per conciliare la controversia, provano anche a svolgere la mediazione assistita con l’assistenza dei rispettivi avvocati, che operano direttamente confrontandosi fra loro e senza la presenza di un soggetto terzo e imparziale quale è il mediatore.

In particolare, la negoziazione assistita può essere instaurata anche dopo lo svolgimento (ovviamente infruttuoso) della mediazione, e perciò può svolgersi quando il processo civile è già iniziato ed è in corso. Se riesce, e si raggiunge un accordo, riportato nel verbale sottoscritto dagli avvocati che rappresentano i litiganti, si eviterà di dover andare a sentenza e quindi si taglieranno tempi e costi della causa.

Va detto che nella mediazione l’intervento dell’avvocato non è ancora necessario, dovendo le parti comparire personalmente (o tramite soggetti da loro delegati), ma di solito chi è intenzionato ad andare in causa ha già interpellato il proprio legale che dunque può fornire la sua assistenza nella procedura. Nella negoziazione assistita, invece, gli avvocati – e non le parti – sono i diretti protagonisti delle trattative e degli eventuali accordi raggiunti per conto e nell’interesse dei clienti rappresentati.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente – espresso da molti tribunali e anche dalla Corte Costituzionale [2] – la mediazione prevale sulla negoziazione assistita e non può essere sostituita da essa, salvo che per le specifiche materie in cui essa stessa è obbligatoria. Questo criterio è stabilito soprattutto perché la presenza del mediatore fornisce una maggiore garanzia alle parti coinvolte (i cui rispettivi avvocati, invece, non sono certo neutrali rispetto alla controversia).

note

[1] Art. 5, co. 3, D.Lgs. n. 78/2010: «Per assolvere alla condizione di procedibilità le parti possono anche esperire, per le materie e nei limiti ivi regolamentati, le procedure previste:

  • dall’articolo 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;
  • dall’articolo 32-ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
  • dall’articolo 187.1 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;
  • dall’articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481».

[2] C. Cost., sent. n. 97 del 18 .04.2019; C. App. Napoli, sent. n. 3147/2018; Trib. Roma, Sez. specializzata in materia di imprese, sent. n. 11431/2022 e ord. 12.04.2021.

 

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