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Lorenzo Giussani, Direttore Strategy and Growth Del Gruppo A2A, nel suo intervento al convegno “La sfida aperta della transizione energetica. E i protagonisti che ce l’hanno fatta”, organizzato da Economy a Palazzo Castiglioni a Milano, ha posto la questione energetica sotto la lente della prospettiva. A partire da quella di A2A, «che è nata più di 100 anni fa in Lombardia e nel tempo è diventata un operatore nazionale», ha spiegato: «abbiamo clienti e impianti in tutte le Regioni d’Italia e siamo impegnati a dare un contributo concreto alla transizione ecologica del Paese». 

Per inquadrare un po’ questo percorso va detto che A2A da sempre ha come caratteristica principale quella di essere un operatore diversificato. 

Il Gruppo si occupa di energia, acqua, ambiente. In particolar modo, guardando alla generazione di energia A2A è il secondo operatore nazionale per capacità installata e utilizza tutte le tecnologie di produzione, da quelle più tradizionali, adattate al contesto presente, fino alle soluzioni più innovative. Un aspetto che ritengo fondamentale per la transizione energetica è che si tratta di un percorso che deve poter combinare la riduzione dell’impatto ambientale, e quindi delle emissioni, con una maggiore competitività e con l’efficienza in termini di costi: il sistema deve inoltre poter garantire tutta l’energia di cui si ha bisogno e un servizio qualitativamente valido, capace di rendere l’Italia meno dipendente dalle importazioni di energia dall’estero.  

A che punto siamo? 

In questo momento si stanno definendo gli obiettivi al 2030, al 2040 e al 2050, che sono molto ambiziosi. Con l’ultimo aggiornamento del Pniec è stato stabilito che l’Italia nel 2030 dovrà avere 131 GW (gigawatt) di potenza installata da fonti rinnovabili, che dovranno coprire più del 60% dei consumi elettrici nazionali. Questo target impone di conseguenza una crescita di oltre 50 GW per il fotovoltaico, di più di 15 GW per l’eolico, cui si aggiungono altri sviluppi legati ad esempio all’idrogeno e alle batterie. Se da una parte vengono definiti obiettivi molto puntuali, dall’altro le evoluzioni normative possono creare situazioni ambigue. Mi riferisco ad esempio al decreto ministeriale Aree Idonee che è stato recentemente emanato, strumento certamente molto utile che non identifica in modo univoco la totalità delle aree idonee, e di quelle non idonee, per la costruzione di impianti fotovoltaici, lasciando ampio spazio discrezionale alle Regioni per la sua declinazione puntuale: questo aspetto si tradurrà in tempi più lunghi per ottenere le autorizzazioni e nel rischio di frammentazione normativa. Il Decreto stabilisce anche una serie di elementi molto utili come il burden sharing, ossia una suddivisione dell’obiettivo di crescita fra tutte le Regioni, ognuna con un suo specifico target. Manca però purtroppo una chiara indicazione di come questi target possano essere concretamente raggiungibili. La sfida della transizione energetica è quindi sicuramente stimolante, ma il contesto non è sempre agevole. A2A sta facendo la sua parte: il nostro nuovo piano strategico traguarda il 2035 e prevede 22 miliardi di euro di investimenti di cui 16 sono dedicati alla transizione energetica, dallo sviluppo del parco di generazione, alla crescita delle reti di distribuzione elettriche, alla mobilità elettrica.  In particolare, circa 5 miliardi di euro sono destinati allo sviluppo delle fonti rinnovabili: fotovoltaico ed eolico, più o meno nella proporzione disegnata dal Pniec, ma anche importanti investimenti sull’idroelettrico. A2A oggi ha circa 2,6 GW di capacità rinnovabile installata – di cui circa 2 GW di idroelettrico – e il traguardo è arrivare al 2035 con 5,7 GW. A fronte dei 130 GW di potenza richiesti complessivamente, come A2A avremo una quota di mercato abbastanza piccola -nonostante siamo il secondo operatore nelle rinnovabili per capacità installata- perché il settore sarà caratterizzato da un’elevata frammentazione. Per questa ragione ritengo che l’altra grande sfida sia quella di riuscire a sviluppare la capacità di aggregare le fonti energetiche che ad oggi sono molto diverse l’una dall’altra, dal punto di vista dimensionale, dal punto di vista dell’assetto proprietario, e anche dalla modalità di gestione: i pannelli fotovoltaici sul tetto di casa o su quello dell’azienda, i terreni a disposizione per gli impianti, i parchi eolici eccetera, è necessario ottimizzare la gestione di un sistema che sarà complesso ed articolato. Poi va affrontato il tema dell’idroelettrico, che è un elemento da sempre fondamentale per il sostegno del sistema elettrico italiano e che, in questa fase, è ancora più rilevante poiché è in grado di coniugare due caratteristiche indispensabili: è una fonte di energia rinnovabile, e quindi decarbonizzata, e diversamente dall’eolico e fotovoltaico -che dipendono da quanto sole e vento possono esserci- è flessibile. L’idroelettrico infatti, grazie ai bacini che accumulano acqua, può consentire di modulare la produzione di energia quando c’è più necessità. Come A2A siamo consapevoli dell’importanza di questo comparto che è storicamente una delle nostre fonti di energia green e abbiamo previsto un percorso di refresh tecnologico dei nostri impianti: rinnovamenti, potenziamenti, aumento della flessibilità. 

Tutti gli operatori dell’idroelettrico sono un po’ sulla linea di partenza, ma in questa fase sono un po’ bloccati da un’incertezza rispetto al tema della continuit‡ operativa…

Una parte delle concessioni relative alla gestione degli impianti idroelettrici è già scaduta, un’altra parte scadrà nel 2029, e in Italia si è avviato un percorso di gare per la loro assegnazione che sta iniziando con fatica. Questo contesto, differente da quello europeo in cui nessun Paese ha indetto questo tipo di gare, ha portato ad una fase di sostanziale stallo degli investimenti. L’idroelettrico è un ambito in cui storicamente le risorse strategiche sono state giustamente mantenute e sviluppate con attenzione e cautela: oggi ci sarebbe l’opportunità di partire rapidamente con una serie di importanti investimenti che sono in stand by e che potrebbero vedere uno sblocco grazie ad alcune soluzioni, anche normative, che sono allo studio, ma che al momento stanno facendo fatica ad essere approvate. Questo rallentamento però rischia di compromettere il raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica. L’Italia inoltre ha ancora molti impianti di generazione termoelettrica su cui gli operatori hanno fatto nel tempo importanti investimenti, pertanto il percorso di phase-in e di phase-out rispetto alle diverse tecnologie deve essere gestito in maniera efficiente. Come A2A riteniamo di avere tutti gli elementi per dare un’accelerazione allo sviluppo delle rinnovabili affiancandole in maniera intelligente con quelle tecnologie che offrono flessibilità, il cui impatto carbonico può essere opportunamente ridotto attraverso l’efficientamento ambientale degli impianti. Ci sono infatti a disposizione nuove tecnologie che rendono gli impianti sempre più efficienti e che necessitano di minor gas per la produzione di energia, ed iniziano ad essere un fattore concreto anche i gas decarbonizzati. C’è poi l’idrogeno, un’altra strada percorribile che va attentamente valutata in termini economici e di efficienza energetica. In un tale contesto la posizione di A2A è ben chiara e definita nel nostro piano industriale: gli investimenti di sviluppo per il settore della generazione sono destinati per il 90% a idroelettrico, eolico e fotovoltaico. Abbiamo recentemente ufficializzato la chiusura della centrale a carbone di Monfalcone. Il nostro Gruppo, che ha al suo interno un portafoglio di impianti di generazione con diverse tecnologie, sta affrontando il percorso di transizione con grande impegno e in collaborazione con i territori in cui ci troviamo ad operare. Un aspetto quest’ultimo che riteniamo fondamentale per una transizione che sia anche giusta e condivisa. Il mio punto di vista è quindi ottimistico. L’Italia può compiere grandi accelerazioni, lo ha dimostrato anche in passato. Dobbiamo mettere a terra in meno di dieci anni una settantina di GW, quindi otto o nove all’anno: non siamo ancora in grado di arrivare a questi numeri ma abbiamo la capacità tecnica ed esistono aziende che hanno voglia di investire. Va ricordato inoltre che il 2030 non è il traguardo, dobbiamo continuare ad accelerare per arrivare al 2050, e per questo bisogna lavorare. Ci sono alcuni “colli di bottiglia” che vanno gestiti, dal tema delle autorizzazioni per la costruzione dei nuovi impianti alla necessità di risorse e personale qualificato. Ma questa transizione è una sfida che dobbiamo necessariamente affrontare e vincere.

 

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