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“È
necessario lavorare sullo sviluppo del Sud per riportare l’Italia intera su un
sentiero di crescita robusta e di convergenza verso l’Europa. Occorre agire su
tutti quei fattori che possono sostenere e rilanciare lo sviluppo del
Mezzogiorno e, quindi, del Paese. Le risorse oggi non mancano: sia il PNRR che
la politica di coesione dedicano un’ampia dotazione agli interventi per il Sud.
È decisivo, allora, spendere bene queste risorse e, per farlo, serve una
visione di medio-lungo periodo, che le coordini in una strategia di politica
economica”. Così oggi 
Vito Grassi, Vice Presidente di Confindustria e Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale di Confindustria, intervenuto in audizione presso la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, sul c.d. Dl Sud. 

Confindustria ha espresso una valutazione nel complesso positiva sul DL Sud, poiché esso muove
da questi presupposti e agisce su queste direttrici. Grassi ha però evidenziato alcuni
elementi di potenziale criticità, che potrebbero indebolire il disegno.

Con
riferimento al primo capitolo di intervento
, quello relativo al Fondo Sviluppo e Coesione (FSC),
apprezziamo che il DL preservi i principi di complementarietà e addizionalità
che connotano il Fondo, nonché la clausola di destinazione dell’80% delle
risorse al Sud, a nostro avviso fondamentale per l’obiettivo di riequilibrio
territoriale.

Dalla
lettura del DL emergono poi alcuni dati importanti.

Il
primo riguarda la governance del FSC. Si registra,
infatti, un rafforzamento della regia centrale sulla destinazione delle risorse
e sul rispetto dei tempi di utilizzo, prendendo a modello quanto fatto dalla
Commissione UE per il PNRR. In questo contesto, i Piani di Sviluppo e
Coesione, attraverso cui fino a oggi è stato implementato il FSC, vengono
sostituiti dagli “Accordi per la Coesione
”, redatti a valle di un negoziato
tra il Ministro per il Sud e la Coesione e l’Amministrazione interessata.
Queste previsioni creano le condizioni per un utilizzo più efficace delle
risorse del FSC.

Al
contempo, sottolineiamo alcuni punti aperti.

Se
da un lato i nuovi Accordi rappresentano una modalità di lavoro apprezzabile
per l’intenzione di velocizzare le procedure e indicare, sin da subito, gli
interventi da finanziare, dall’altro segnaliamo che non viene specificato
cosa accadrebbe ove si verificasse uno stallo nel negoziato tra Governo e
Amministrazione territoriale.
In quest’ottica, sarebbe opportuno
definire meccanismi di superamento delle situazioni di blocco.

Merita
poi attenzione la condizione per cui le risorse inutilizzate, o non utilizzate
nel rispetto del cronoprogramma, possano essere riassegnate al Fondo o
per un intervento di titolarità di altra Amministrazione. In tal senso, sarebbe
opportuno ribadire il rispetto del vincolo di destinazione territoriale.

Sul
piano degli obiettivi
,
invece, il DL punta ad allineare l’utilizzo delle risorse del FSC alle politiche
di investimento e di riforma del PNRR, con l’effetto di un progressivo
affrancamento dalla programmazione dei fondi strutturali europei. Questo sforzo
di coordinamento è comprensibile, ma, al tempo stesso, riteniamo importante mantenere
un forte
collegamento con la programmazione europea.

Sul
piano dei contenuti
,
invece, riteniamo essenziale che il FSC diventi realmente uno strumento
di sostegno agli investimenti
. In quest’ottica, fermo il rispetto del
vincolo di destinazione territoriale, una quota delle risorse del Fondo andrebbe
destinata a finanziare strumenti nazionali per l’attrazione degli investimenti
e lo sviluppo delle imprese,
in ottica di integrazione tra policy
nazionali e regionali.

Il
nostro auspicio è che i nuovi “Accordi” consentano di centrare soprattutto questi
obiettivi e, per farlo, servirà il contributo di tutti, anche delle rappresentanze
d’impresa, il cui ruolo andrebbe adeguatamente valorizzato nella nuova governance
del FSC
.

Passando
al secondo capitolo
,
cioè alle Zone economiche speciali, l’istituzione della “ZES unica”
punta a estendere all’intero territorio meridionale il modello delle attuali 8 ZES,
che sono caratterizzate da aree delimitate, che hanno come baricentro i porti
TEN-T.

In
termini generali, l’idea di una ZES unica che ricomprenda l’intero Mezzogiorno
è positiva; affinché possa funzionare in concreto, occorre però riflettere su
alcuni temi.

Anzitutto,
nel passaggio da un modello all’altro, è indispensabile che la riforma non
crei soluzioni di continuità, a partire dalla necessità di preservare l’originaria
strategia industriale delle ZES, che rispondeva a una logica di sviluppo ben
definita e all’idea di fare del Mezzogiorno la
“piattaforma logistica” del
Mediterraneo,

Questa
vocazione, a nostro giudizio, non va indebolita.

L’altro
fattore da considerare sono le esigenze territoriali
: se è possibile, infatti, pensare a una
ZES unica sul piano geografico, è essenziale, al contempo, valorizzare le
peculiarità e le esigenze dei territori.

Passando
dal livello strategico a quello operativo, è imprescindibile dotare il progetto
“ZES unica” di risorse finanziare adeguate da destinare, anzitutto, a significativi
investimenti in infrastrutture
, che consentano di collegare in maniera
adeguata i poli logistici, di trasporto e produttivi delle attuali ZES, per poi
allargare i collegamenti alle altre aree della istituenda “ZES unica”.

Quanto
agli investimenti privati, è imprescindibile assicurare continuità agli
strumenti di incentivazione e di semplificazione
esistenti, garantendo una
transizione ordinata da un modello all’altro.

In
questo senso, apprezziamo che il nuovo modello confermi il credito d’imposta
per l’acquisto di beni strumentali
, peraltro nella misura massima
consentita dalla nuova Carta degli Aiuti a finalità regionale 2022-2027.
Tuttavia, destano preoccupazione alcuni aspetti della misura, che
auspichiamo possano essere chiariti o risolti già in sede di conversione
, poiché
rischiano di indebolire il potenziale di questo progetto.

Appaiono
critici la previsione di una durata solo annuale dell’incentivo e di un
ammontare di risorse massimo

– che, peraltro, sarà determinato con un successivo decreto del Ministro per il
Sud – terminate le quali l’incentivo non verrebbe più corrisposto. Anche se è in
itinere
la riforma degli incentivi, è ben noto che stabilità e dotazione
finanziaria di un’agevolazione sono fattori dirimenti nella programmazione
degli investimenti privati, anche esteri, e non possiamo permettere che vengano
scoraggiati da un clima di incertezza.

Inoltre,
desta preoccupazione la previsione di una taglia minima degli investimenti
agevolabili
, pari a 200.000 euro, senza distinzioni legate alle dimensioni
d’impresa. Ne comprendiamo la ratio, ma riteniamo che, per una maggiore
efficacia della misura, sarebbe opportuno riproporzionare la soglia minima.

Inoltre,
poiché l’entrata in funzione della “ZES unica” è prevista per il 1° gennaio
2024, ma è subordinata a una complessa fase attuativa, un eventuale
slittamento di tale termine renderebbe necessario rifinanziare il vigente
credito d’imposta Mezzogiorno
, per il tempo necessario a passare da uno
schema all’altro, nei primi mesi del 2024.

Per
inciso, va ricordato che, a dicembre 2023, scade un altro importante strumento
per le imprese, ovvero la decontribuzione Sud. Anche alla luce
dell’attuale congiuntura, il sostegno garantito dalla decontribuzione rimane
indispensabile
. Confidiamo in una soluzione che ne garantisca l’operatività
fino al 2029, come preannunciato più volte dal Governo
.

Tornando
alla “ZES unica”, apprezziamo la conferma delle semplificazioni procedimentali
e del sistema di autorizzazione unica, la cui competenza viene
attribuita al nuovo Sportello unico digitale ZES. Tuttavia, a fronte
della notevole estensione delle aree interessate, sarà necessario che esso
sia in grado di processare l’enorme mole di istanze che riceverà
, pena
il rischio di creare veri e propri “colli di bottiglia” e vanificare la portata
di semplificazione dell’autorizzazione unica.

Connesso
alla strategia e al funzionamento ottimale del progetto nel suo complesso è il
tema del nuovo modello di governance del sistema-ZES.

Al
riguardo, il DL prevede un doppio livello: una Cabina di Regia che, al
netto di alcune novità, è già presente nell’attuale modello, e una Struttura
di Missione che, nella sostanza, sostituisce gli attuali Commissari
Straordinari.

Considerato
il contributo che le rappresentanze d’impresa hanno già offerto, e possono
ancora offrire nella definizione e attuazione delle strategie, è opportuno
un coinvolgimento più attivo e stabile gli attori economici e sociali sia nella
Cabina di Regia che nella Struttura di Missione.

È
stato proprio il lavoro congiunto tra Istituzioni, Sistema Confindustria e
Commissari Straordinari a favorire il consolidamento del quadro normativo e
operativo, che rende ormai le ZES una leva di attrazione per l’insediamento e
lo sviluppo delle imprese al Sud.

In
conclusione, il DL ha l’indubbio merito di riavviare il dibattito sullo
sviluppo del Mezzogiorno e definire – a distanza di qualche anno dall’ultimo
tentativo – un quadro composito di misure per il rilancio dell’economia
meridionale, partendo da uno dei pochi piani di sviluppo industriale condivisi
negli ultimi tempi, quello che fa perno la sulle aree ZES e ZLS, e rivedendo in
profondità le regole di funzionamento del FSC.

La
messa a punto del FSC è necessaria: le leve individuate sono corrette; dovranno
ora essere declinate in stretta sinergia con i territori.

La
“ZES unica” è un progetto ambizioso che, riecheggiando alcuni elementi della
stagione dell’intervento straordinario, intende andare oltre la
riperimetrazione delle aree e muovere verso una prospettiva strategica
rinnovata, allargata e – auspichiamo – condivisa con le rappresentanze
produttive: per passare dall’annuncio alla realtà, serviranno lucidità
politica, celerità attuativa, risorse adeguate e capacità amministrativa.

Come
già fatto in questi anni, Confindustria non farà mancare il proprio supporto e
il contributo in termini di idee e proposte.

 

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