Tecniche e strumenti per poter trattare con il creditore quando non si è in grado di pagare.
Chi ha un debito e non riesce a pagarlo può ricorrere a varie soluzioni. La contestazione davanti al giudice è solo una di queste anche se, a conti fatti, risulta essere la più costosa e incerta. Chi sa di non avere frecce al proprio arco per ottenere dal tribunale l’annullamento del debito non può che rimettersi alla trattativa con il creditore e ai pochi strumenti che la legge prevede per tutelare le persone con difficoltà economiche.
Alla luce di ciò, vediamo come risanare un debito e cosa può spingere il creditore ad accettare l’offerta del debitore.
Il saldo e stralcio
Il classico strumento che si può attivare quando si è indebitati e non si può pagare è il
saldo e stralcio. Si tratta di un termine di uso comune che, nel linguaggio giuridico, viene chiamato «transazione». Si tratta, né più, né meno, di un accordo che le parti stringono al fine di evitare una controversia o di porre fine a una lite già insorta.
L’accordo di solito implica una parziale rinuncia alle rispettive pretese da ambedue le parti. Quindi, ad esempio, il creditore potrà rinunciare a una parte dei soldi che gli sono dovuti a fronte del pagamento immediato; oppure potrebbe concedere al debitore una rateizzazione a fronte però dell’integrale pagamento. Le due misure potrebbero essere anche sovrapposte (un parziale pagamento in due o più rate), posto che la legge non pone alcun limite alle trattative tra le parti.
È chiaro che la possibilità per il debitore di spuntare un saldo e stralcio dipende dalle garanzie di cui dispone il creditore. Se questi ha già acquisito un’ipoteca di primo grado o se il debitore è titolare di beni utilmente pignorabili (uno stipendio elevato, un conto corrente, una casa, ecc.), sarà più complicato ottenere una riduzione del pagamento. Viceversa, il nullatenente avrà più
chances: in questo caso il creditore sa che, se non accetterà la trattativa, potrebbe dover rinunciare alle proprie aspettative di recupero.
Si tenga conto che, normalmente, il saldo e stralcio non è una sostituzione della precedente obbligazione (tecnicamente si dice “novazione”). Il che significa che, se non si adempie al nuovo accordo, torna in vita il precedente contratto con conseguente obbligo di pagare le somme originarie. Tale possibilità viene di solito esplicitamente enunciata nell’accordo transattivo.
Per rendere più credibile le manifestate difficoltà economiche bisognerà produrre al creditore una serie di documenti quali, ad esempio, il certificato di iscrizione ai centri per l’impiego (per dimostrare lo stato di disoccupazione), la busta paga (per provare l’insufficienza del reddito) o il cedolino della pensione, una visura immobiliare da cui si evinca l’insussistenza di proprietà.
Come sanare i debiti con le banche
Esistono alcuni strumenti per sanare i debiti con le banche. Il
saldo e stralcio che abbiamo visto è uno di questi. Si tenga conto che, il più delle volte, le banche vendono i propri crediti a società terze che ne diventano titolari e che pertanto possono agire contro il debitore per ottenere il pagamento. Ma il pagamento che la società cessionaria effettua alla banca è di gran lunga inferiore rispetto al valore nominale del credito stesso, proprio perché si tratta di una “sofferenza” e quindi di una riscossione incerta. Ad esempio, un credito di 100mila euro può essere acquistato a 15mila euro, ossia al 15%. In tal caso, la società cessionaria avrà interesse a concludere con il debitore un accordo per un importo superiore (anche di poco) al prezzo corrisposto alla banca cedente, ossia al proprio “costo”. In tali ipotesi, il debitore dovrà offrire una somma anche di poco maggiore. Nell’esempio appena visto potrebbe essere sufficiente presentare un’offerta di pagamento del 25% del debito originario. Il problema deriva dall’impossibilità di conoscere quale sia stato il prezzo di vendita del credito, sicché il debitore potrà procedere per gradi, con plurime offerte sino a trovare l’intesa con il creditore.
Un secondo modo per sanare il debito con la banca è la rinegoziazione. Spesso, l’istituto di credito offre la possibilità di chiudere un finanziamento accendendone un altro (che vada a coprire il primo) con un piano di rientro spalmato su più rate e quindi più sostenibile. È chiaro però che tale operazione non è completamente neutrale per il debitore, che si vedrà imputare, alla fine, un maggiore costo a titolo di interessi.
Un terzo modo per sanare il debito con la banca è la portabilità del mutuo. Il debitore può cioè chiedere a un’altra banca di assumersi il debito con la prima e di concedergli diverse condizioni per il finanziamento (ad esempio un tasso di interesse più basso). Si tratta di un vero e proprio diritto che la legge riconosce a tutti i clienti di istituti di credito.
Come cancellare i debiti
La legge consente, a chi non ha disponibilità sufficienti per pagare i propri debiti, di ottenerne la cancellazione per mano del giudice. Ciò avviene tramite una procedura che viene chiamata
sovraindebitamento, oggi disciplinata dal Codice della crisi d’impresa. Senza entrare nel tecnico, è sufficiente sapere che, per i debiti contratti per esigenze personali (e non connesse al lavoro), bisogna rivolgersi a un Organismo di Composizione delle Crisi che presenta un progetto da depositare al giudice. Il giudice valuta se effettivamente sussistono le difficoltà economiche e che queste non siano frutto di un comportamento colpevole o doloso del debitore. Se tutto è in regola, il giudice può disporre una cancellazione parziale o (nei casi di oggettiva e completa incapacità del debitore) totale. Il tutto indipendentemente dal consenso del creditore.
Viceversa, per i debiti relativi all’attività lavorativa, è necessario il consenso dei creditori rappresentanti il 60% del complessivo indebitamento.
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