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Articoli come quelli su Zool, James Pond, Bubsy o Mr. Nutz ci hanno spiegato che a seguito del successo di Mario e Sonic praticamente tutte le software house durante gli anni ’90 hanno provato a lanciare sul mercato le proprie “mascotte”, generalmente protagoniste di platform game bidimensionali. Quello che magari non è sempre chiaro è invece che le stesse Nintendo e soprattutto SEGA hanno comunque continuato a proporre altri personaggi da affiancare su Mega Drive alle proprie stelle di maggior successo.

La società di Sonic lancia sul mercato negli anni ’90 una sfilza altre creature colorate, fra cui per esempio Ristar, Vectorman e Dynamite Headdy. In mezzo a questo marasma di creature saltellanti si fa timidamente spazio nel 1992 un ragazzino con giacchetta di pelle e occhiali da sole, ovvero Kid Chameleon.

Kid chi?

Mentre la sezione giapponese di SEGA è bella impegnata a capitalizzare sul successo del porcospino blu, quella statunitense è ansiosa di poter dire la sua proponendo a sua volta un personaggio che possa dire la sua nell’ambito dei platform game. In particolare, nei primi anni ’90, il team californiano denominato SEGA Technical Institute fu instituito da SEGA per fungere da punto di raccordo tra i suoi sviluppatori occidentali e orientali: fondatore di questo particolare team fu quel Mark Cerny autore di un certo Marble Madness e successivamente personaggio chiave nello sviluppo di PlayStation 4, tra le altre cose. Una figura a metà tra game designer e ingegnere che incarna assai bene lo spirito con cui è nato il SEGA Technical Institute, insomma, sebbene i risultati ottenuti dal primo titolo del team, ovvero il mediocre tie-in del film Dick Tracy, non fossero proprio incoraggianti.

Poco male: a Cerny e compagni viene comunque affidato il compito di creare un nuovo platform game per Mega Drive, un’attività da svolgere in circa un anno di lavoro. Un paio di chiare indicazioni della casa madre sono che il gioco sia sostanzialmente differente dal diretto rivale “in casa”, ovvero Sonic, nonché che riesca a sfruttare a fondo le potenzialità tecniche della console. Il risultato è un platform game forse più canonico di quanto fosse lecito aspettarsi, ma quantomeno interessante sotto diversi aspetti.

Protagonista di Kid Chameleon è tale Casey, impegnato a sconfiggere un’entità digitale malefica che vuole usare la realtà virtuale per soggiogare il genere umano (in effetti, a leggerla così, la trama sembra stranamente attuale…). Casey si “lancia” dunque in un videogame con il compito di trovare e sconfiggere il pericoloso nemico, una scelta che si trasforma in oltre cento livelli di azione da platform game, un numero decisamente sopra la media, tutti suddivisi in vari “biomi” abbastanza classici tipo “foresta”, “isola tropicale”, “vulcano” e via dicendo.

Basta affrontare i primi minuti di gioco per notare come la fonte di ispirazione per Kid Chameleon sia direttamente un certo Super Mario Bros., dal momento che il protagonista può camminare, correre, saltare e colpire “da sotto” dei blocchi che forniscono bonus di vario genere. Proprio come il suo ben noto collega idraulico, Casey può anche eliminare i nemici saltandogli in testa mentre un contatto di qualsiasi altro tipo causa la perdita di un prezioso punto-vita: a differenza di altri titoli simili infatti il nostro adolescente eroe può subire fino a un certo numero di colpi prima di passare a miglior vita. Obiettivo di ciascuno dei vasti livelli multi-direzionali è raggiungere la bandierina finale, eventualmente sconfiggendo il boss di turno in caso presente: niente di particolarmente elaborato, insomma. Allora cos’è a rendere speciale Kid Chameleon?

Una questione di maschere

Ricordate che poco fa ho citato i blocchi speciali da colpire a suon di testate? Ecco, oltre a bonus di punti e cristalli energetici, questi singolari contenitori (spesso invisibili, da scovare “al tocco”) contengono anche delle maschere che, una volta raccolte, possono trasformare Casey in uno dei suoi tanti alter-ego digitali. Nove diverse mutazioni, ciascuna che comporta un aumento dell’energia vitale del protagonista e soprattutto fornisce abilità speciali peculiari (tutte ben descritte sul manuale del gioco). C’è un po’ di tutto, dal cavaliere medievale capace di spaccare blocchi e arrampicarsi su specifiche superfici al clone di Jason di Venerdì 13 armato di ascia.

Ci sono anche un paio di “estremi” molto interessanti, come per esempio un carro armato con tanto di elmetto tedesco e un mini-uomo-mosca svolazzante, tutti “travestimenti” ben distribuiti (e in modo “sensato”) all’interno dei livelli al fine di spingere i giocatori a sfruttare in modo contestuale le diverse abilità.

Jason, sei davvero tu?

Ciascuna mutazione può anche consumare i cristalli energetici raccolti per scatenare super-attacchi speciali, il tutto tramite un sistema di controllo che mette a dura prova il limitato numero di pulsanti del joypad di Mega Drive (e infatti ecco che almeno un paio di azioni vanno svolte premendo due tasti contemporaneamente). Da notare che, quando Casey è privo di maschere, è comunque in grado di utilizzare un’abilità speciale (ovvero una “volteggio”) che torna molto utile in alcuni contesti. Anche i nemici che andiamo a incontrare denotano una certa varietà, spaziando da robot bipedi a animali più o meno mutanti, per arrivare ai massicci boss che denotano sicuramente una certa creatività.

Camaleontico e interessante

Quello che lascia un po’ perplessi è lo stile adottato, che oggi definiremmo “molto anni ’90” e che risulta un po’ grezzo, specialmente se abbinato ad animazioni sostanzialmente scattose. Sul fronte tecnologico invece il Mega Drive è sfruttato a fondo, con tonnellate di parallasse e qualche effetto grafico avanzato. Peccato che nel processo di sviluppo il team abbia dimenticato di inserire un qualsiasi sistema di salvataggio, rendendo così il gioco una vera e propria maratona, specialmente se si considera l’enorme quantità di segreti e aree opzionali. Il classico gioco, insomma, in cui si tiene la console accesa e in pausa per continuare dopo pranzo.

È particolare, Kid Chameleon, nel suo essere una specie di Super Mario che si sforza mostruosamente di essere “cool”, riuscendoci solo in parte e, al tempo stesso, offrendo un’esperienza quantomeno peculiare che si integra abbastanza bene col panorama di giochi contemporanei per Mega Drive.

Sì, sono un carro armato saltellante che spara teschi rimbalzanti. Qualche problema?

Dopo l’uscita sul mercato di Kid Chameleon, nel 1992 unicamente su Mega Drive, il team di SEGA Technical Institute si dedica quasi a tempo pieno ai nuovi capitoli di Sonic (ne sviluppa ben quattro, inclusi Sonic The Hedgehog 2 e Sonic Spinball), un’attività che gli lascia ben poco tempo per tornare a trattare il ragazzino mutaforma. Il destino del team è comunque piuttosto gramo, visto che nel 1996, appena sei anni dopo la sua formazione, viene sciolto in pieno fermento per l’arrivo di SEGA Saturn, proprio al giro di boa dello sviluppo di Sonic Xtreme, primo episodio tridimensionale di Sonic rimasto incompiuto.

Se oggi volete provare Kid Chameleon potete farlo recuperando una delle tante raccolte di classici SEGA uscite per diverse piattaforme, senza contare che il titolo è disponibile per Nintendo Switch tramite l’abbonamento Nintendo Switch Online. E sì, stavolta perlomeno è possibile salvare la partita.

 

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